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Tribu Rock [02-2009]

È a qualche giorno dall’uscita di Day & Age, il loro ultimo album, che abbiamo avuto la possibilità di incontrare Ronnie Vannucci e Mark Stoermer, batterista e bassista dei Killers. I due rocker ci hanno parlato del loro ultimo lavoro, del modo in cui la loro musica si è evoluta, e di come il risultato sia sorprendente. E non saranno certamente quelli che si sono precipitati,a partire dal 25 novembre, dal loro negoziante di dischi, a dire il contrario…

Ciao ragazzi! È già il vostro quarto album, Day & Age, che esce il 25 Novembre…Vi sentite meno stressati durante questo periodo di attesa?
Ho già provato a pensarci, soprattutto durante le interviste quando ci viene spesso posta la domanda, e cerco di capire cosa ne pensano i giornalisti del nostro ultimo album. Non so: in effetti, credo che sia come quando qualcuno prepara una torta per la prima volta e chiede alle persone se è buona. Credo che sia un po’ la stessa cosa per noi. Questo momento mi diverte sempre molto.

Fatta eccezione per Sawdust, il vostro ultimo album, che era più che altro una raccolta di b-side, il gruppo fa uscire un album ogni due anni…è il vostro ritmo di crociera?
Si, il nostro primo album è uscito nel 2004, Sam’s Town nel 2006 e adesso questo nel 2008. È senza dubbio un buon ritmo, si. Ma a dirti il vero, avremmo potuto benissimo prenderci dell’altro tempo per fare Day & Age, ma le canzoni che abbiamo inserito nell’album ci sono venute molto in fretta. Ma penso che due anni vadano bene, perché quando fai uscire un album, in seguito devi partire in tour, fare dei concerti e poi hai sei mesi, un anno, per lavorare al tuo prossimo album. In questo caso ci abbiamo messo 6 mesi.

Detto questo, i Killers non perdono troppo tempo nemmeno per fare promozione…
No, è vero che non andiamo molto in televisione o altrove. E se facciamo promozione non è per vendere più album, o questo genere di cose. Avrei veramente l’impressione di essere uno scopino da WC se facessi così. Ne facciamo un po’ semplicemente per dire ai fans qual è la nostra visione di questo album. Ma dopo, sta a loro di appropriarsene come vogliono, come si sentono di farlo. E poi, con il tempo, è quello che abbiamo imparato.

Con il tempo? È per questo che l’album si chiama Day & Age?
È perché quel titolo aveva l’aria figa (ride). Più seriamente, direi che sono due parole che descrivono bene la nostra epoca. Si fa tutto di giorno in giorno, e tutto diventa vecchio in fretta. Almeno, così è come la vedo io.

Vuoi dire che un giorno anche tu potresti essere troppo vecchio per fare del rock? A dire il vero, Mick Jagger ne è il contro-esempio…
(Riflette) Tutto dipende da come ti senti e se arrivi a guadagnare un’attitudine positiva. Guarda Keith Richards (il chitarrista degli Stones)! Dovrebbe essere malato o morto, oggi, e continua! Non credo che potrei resistere così a lungo come lui. Penso che se dureremo nel tempo, a 60 anni non faremo più dei pezzi come Somebody Told Me. Ci saremo senza dubbio un po’ calmati. Ma nei testi, non parleremo delle stesse cose.

E dal loro debutto, i Killers si sono già evoluti per quanto riguarda la musica…In cosa, secondo te?
Penso che abbiamo guadagnato maggiore libertà. Non ci siamo lasciati condizionare dagli strumenti o dai soggetti che non abbiamo osato avvicinare. No! Abbiamo davvero condotto quest’album là dove volevamo condurlo, ed è qualcosa che non puoi fare se cominci a concatenare tra di loro gli album. Il nostro obiettivo è sempre stato scrivere buone canzoni, senza preoccuparci di quello che gli altri avrebbero potuto pensare.

Divertimento & Libertà

Sono le due parole che preferisce Mark Stoermer per parlare di Day & Age: “Prima di fare quest’album, siamo stati molti mesi di tour e ci siamo davvero divertiti dall’inizio alla fine. Quando siamo rientrati in studio per cominciare il nostro nuovo album, ci siamo guardati e abbiamo capito immediatamente la direzione in cui volevamo andare e le cose si sono succedute in modo molto veloce. Se dovessi dire qual è lo spirito di questo disco, sceglierei le parole ‘divertimento’ e ‘libertà’, sono veramente le due parole che preferisco“.