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Condividiamo il racconto che Luigi ci ha inviato sul concerto che la band ha tenuto lo scorso 5 Marzo allo Zenith di Monaco di Baviera, Germania.

“Già dal giorno che precede il concerto subentra un po’ di ansia. È la prima volta che ascolto i Killers dal vivo a un loro show e non ad un festival ed ero sicuro che la loro performance sarebbe stata diversa, ci contavo, ma temevo nel mio cuore di essere disilluso. I cancelli aprono alle 6 e 30 ed io e i miei amici raggiungiamo lo Zenith alle 5 e 30, ci sono già un centinaio di persone che ci precedono, non molte fortunatamente. Contavamo sulla puntualità dei tedeschi e ci è andata bene, quando l’ora dell’apertura dei cancelli si avvicina il numero di persone aumenta esponenzialmente.
Nell’attesa in molti bevono, ma io ho paura di farlo temendo di dover lasciare la mia postazione conquistata a fatica per andare in bagno, alla fine cedo alla tentazione di un’ottima Augustiner Hell da mezzo litro, esibisco il biglietto e si entra. Inizio a correre per guadagnare la mia postazione il più velocemente possibile, ma un buttafuori mi induce a moderare l’andatura da centometrista. Raggiungo il palco e devo scegliere tra 3 fila laterale o 4 centrale, inconsciamente opto per la seconda e, insieme ai miei amici, mi seggo sul pavimento quasi a marcare il territorio.
Dopo una lunga interminabile attesa con i giubbotti e i vestiti pesanti, seduti in mezzo a tanta gente in piedi nell’atmosfera surreale da hangar abbandonato dello Zenith finalmente alle 19.30 attaccano i Louis XIV e, per quanto la loro musica sia gradevole, constatiamo che la qualità dell’audio della sala è davvero pessima. Nel frattempo la sala si riempie di gente e ciascuno si carica a modo suo. Quando finiscono di suonare, iniziano a montare il palco per i Killers, e adesso l’attesa diventa veramente interminabile, tra i due concerti, infatti, trascorre circa un’ora!
Quando quasi tutto sembra pronto decido di sfidare la sorte e andare in bagno facendomi largo tra la gente, per godermi il concerto a pieno. Riesco a ritornare alla mia postazione con un po’ di fortuna e pochi minuti dopo all’improvviso, senza avviso, come se qualcosa fosse andato storto durante il montaggio del palco compaiono loro. La gente è stordita, nessuna luce che si spegne, la musica di sottofondo ancora in play, quando si accorge che sono loro si teme al peggio. Ci sarà qualche problema, non potranno suonare, e invece, improvvisamente, la musica in sottofondo scompare, prendono gli strumenti in mano e con una velocità incredibile dopo che si è placato un breve applauso del pubblico parte l’intro di Mr Brightside ed è già delirio. È un brano insolito, tutte le luci della sala sono accese, nessuna luce scenica, quasi come se stessero provando. Ma il calore della folla dice a gran voce il contrario. Quando Ronnie da gli ultimi colpi alla batteria finalmente cala il buio, totale, preciso e necessario, riempito dal fragore degli applausi, delle urla e dalla magnifica confusione della folla estasiata. Il cuore comincia a battere forte, la comparsa improvvisa della band è stata una sorpresa, ma neanche il tempo di abituarsi alla cosa ed ecco che parte Smile Like You Mean It e non c’è spazio per altri pensieri, è pura adrenalina. Le luci sceniche sono incredibili, sembra di essere in uno splendido e magnifico sogno, fasci laser che si diramano in triangoli verdi smeraldo che nello spostarsi e distorcersi rilasciano una scia di luce densa come fumo di sigaretta, penetranti luci gialle e atmosfere soffuse di blu e di rossi.
Ed ora l’eterno dubbio di ogni concerto, fare qualche video e qualche foto per rivederli in seguito a casa e registrare in modo indelebile quelle emozioni, o semplicemente viverle “the best I could”? La tentazione di viverle e basta è forte, ma sono in 4 fila, una occasione del genere raramente ricapita e quindi, avendo preventivamente settato la macchina fotografica, quando durante alcuni brani un po’ più lenti risulto paralizzato dalla stanchezza causata dall’urlare e il saltare, scatto fotografie a raffica concentrandomi sulla messa a fuoco manuale. Nei brani che mi piacciono di più cerco, invece di fare qualche video con il telefono, senza curarmi di niente, al di fuori che godermi il pezzo al 100%. Eseguono una scaletta piuttosto insolita rispetto ai precedenti concerti. Le canzoni risultano in un ordine quasi casuale. Dopo aver goduto delle splendide Bling e For Reasons Unknown con l’ormai consueta strofa cantata dal pubblico, pronti via prossimo pezzo…una fantastica cover di Forever Young cantata all’unisono da tutta la sala abbracciata in una magica empatica sinfonia che apre la strada alla fantastica Read My Mind (forse il mio pezzo preferito). E poi una epifania: loro, i Killers, si stavano divertendo! Stavano ricevendo un affetto e una gioia da parte del pubblico che probabilmente non si aspettavano, si vede da come Brandon guarda Dave e Mark e si rivolge al pubblico, da come sorridono e aprono le canzoni con lunghissime intro strumentali spesso improvvisate (del tutto atipico per loro) e dai lunghi monologhi di Brandon che descrive i pezzi che stanno per essere suonati senza però rivelarli (ma dando indizi a sufficienza da suscitare uno scroscio di applausi e urla) e infine da come Brandon un po’ commosso, sulle note di un lunghissimo assolo di pianoforte, dice: “The next song is about my Mom and Dad…. and how much they represent for me and I’m gonna play for you right now”…Un brivido percorre la schiena, il sudore si fa freddo e attacca A Dustland Fairytale.
Mentre suonano All These Things That I’ve Done all’improvviso il soffitto si tinge di argento e cadono dal cielo migliaia di coriandoli rossi e argentati a forma di K e con l’effige della saetta. Me ne intasco una manciata e mentre sono distratto una cosa mi sibila accanto a meno di un metro, è la bacchetta di Ronnie. Non mi avvedo in tempo del fatto che l’aveva lanciata nella mia direzione e con grande rammarico non riesco a prenderla.
Le luci si spengono i Killers abbandonano il palco, nonostante subentrino gli addetti alle pulizie a sgombrare il palco dai coriandoli argentati, il pubblico è perfettamente conscio del fatto che non possono abbandonare lo stage senza aver fatto il bis e così dopo quasi 5 minuti rientrano con la consueta frase ‘Did you miss us?’ e il pubblico a squarciagola ‘YES!!!’. Suonano Jenny Was A Friend Of Mine, la velocissima e bellissima dal vivo From Here On Out e poi la mitica When You Were Young. Esplosione di scintille e, nonostante non avessero ancora suonato l’ultimo singolo Here With Me ero praticamente certo, per esperienza ai precedenti concerti, che fosse tutto terminato e, con un po’ di rammarico mi mettevo l’anima in pace e iniziavo a pensare a come lasciare la sala conscio di aver assistito comunque al miglior concerto della mia band preferita e probabilmente al miglior concerto della mia vita. Potevo raccontare di essere quasi stato colpito dalla bacchetta di Ronnie. E invece colpo di scena, non è finita qui…c’è Battle Born, una delle mie preferite dell’omonimo album.
Durante la canzone il pubblico è esausto, ma non Brandon che ha la forza ancora per cantare a squarciagola, dopo quasi due ore, e poi il colpo di scena: sul ponte tra l’ultima strofa e il ritornello parte un assolo strumentale in cui Brandon ringrazia tutti i membri della band, poi si accosta al lato sinistro del palco si toglie a fatica gli anelli e li infila in tasca, scende dal palco e inizia a stringere la mano a tutte le prime file del pubblico. La gente si compatta estasiata, si stringe davanti e si vede solo un gran numero di mani alzate e Brandon che le stringe tutte, accuratamente, non trascurandone nessuna. Per due volte gli stringo la mano, in preda al delirio e all’estasi più totale. Una sensazione fortissima che non dimenticherò mai, gli urlo ad alta voce: ‘Thank You’, ma lui non sente, troppo baccano, e continua ad andare avanti, inesorabilmente verso la fine, ma questo sentimento lo voglio condividere con voi. Grazie Brandon e grazie Killers per le forti sensazioni che a distanza di anni continuate a trasmetterci.
Ci vediamo a Wembley, spero,
Luigi”