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Fräulein Magazine [05-2016]

Un libro su una delle band indie rock più popolari dei nostri tempi.

Hanno riempito gli stadi di tutto il mondo, fatto sold-out, venduto finora circa 18 milioni di dischi, e ricevuto svariati premi. Dei Killers si ricorda soprattutto una canzone, Mr Brightside, che rimane il singolo più famoso del quartetto. Una bellissima canzone che anche a molti anni di distanza suscita nostalgia nel cuore dell’occasionale fan della musica indie. Il fotografo berlinese Erik Weiss è un amico fidato della band, e ha accompagnato Brandon Flowers, Dave Keuning, Ronnie Vannucci e Mark Stoermer durante il loro tour negli Stati Uniti e in Europa nel 2013. Weiss ha catturato i momenti speciali prima e dopo i concerti, è andato nello studio di registrazione e ha documentato anche momenti vissuti a casa. Il risultato è una galleria fotografica personale, un omaggio ai Killers, che mostra la vita quotidiana durante i tour di una delle band più importanti del momento, tra il privato e il tour bus, le stanze d’albergo e le sale concerti, assieme a momenti intimi lontani dal palco. Questo mese verrà pubblicato il libro fotografico di 300 pagine del fotografo, intitolato “The Killers – Somewhere Outside That Finish Line”.

Fräulein: Le foto sono tutte in bianco e nero. Cosa trasmette il bianco e nero che i colori non riescono ad esprimere?
Erik Weiss: Il bianco e nero è una limitazione per il fotografo, ma per chi guarda è un’opportunità per focalizzarsi sul contenuto dell’immagine. Non ci sono colori forti a distrarre né effetti. Inoltre, penso che la fotografia in bianco e nero sia senza tempo, visto che non è soggetta ai trend dei colori.

Fräulein: Come sei arrivato a fotografare musicisti e band? Cosa ti affascina e che sfide ti trovi ad affrontare?
Erik Weiss: I primi servizi fotografici con band e muscisti erano per riviste di musica. La maggior parte delle volte il tempo era piuttosto limitato (a volte dai 5 ai 10 minuti) e spesso erano fatti negli hotel in cui alloggiavano. In queste situazioni, il poco tempo e il posto in cui venivano fatti, quindi non scelto da me, sono state le sfide che ho dovuto affrontare per ottenere delle foto significative. Alla fine mi sono anche abituato a queste limitazioni spaziali e temporali e facevo il tutto più velocemente…Poi, a seguito di questi servizi sono nate delle collaborazioni e amicizie con alcuni artisti.

Fräulein: Secondo te una foto può toccare la persona che la vede? Qual è stato il fotografo che ti ha particolarmente ispirato o che ha avuto un’influenza maggiore?
Erik Weiss: Se una persona oggi guarda una foto per più di 15 secondi vuol dire che c’è qualcosa di affascinante in essa. Quando ho iniziato a fotografare è stato il lavoro di Henry Cartier-Bresson che mi ha ispirato, sarei potuto stare ad osservare le sue foto per ore.

Fräulein: Sei stato per molto tempo assieme ai Killers. Quali sono stati i momenti più speciali o intimi che hai potuto catturare con la tua macchina fotografica?
Erik Weiss: Sono stato a trovare Brandon Flowers nella sua casa a Las Vegas, ha giocato con i suoi figli e poi abbiamo anche fatto un barbecue assieme. Poi si è seduto al piano col figlio più piccolo e ha iniziato a suonare canzoni ad ispirazione. Forse sono stati questi momenti che mai mi sarei aspettato quelli che più mi sono rimasti a mente. Forse anche perchè non avevano niente a che fare con il tour della band.

Fräulein: Come è nata l’idea di seguire la band in tour?
Erik Weiss: Mi pare fosse la fine del 2012 a Manchester, ho proposto loro di realizzare un documentario del tour. Ho dato loro un paio di photobook e non molto tempo dopo mi hanno chiamato per realizzarlo durante il tour in Nord America. Poi abbiamo aggiunto anche il concerto allo stadio di Wembley, perchè era molto speciale per la band.

Fräulein: Com’è cambiato il rapporto tra te e la band dopo tutto questo tempo passato assieme?
Erik Weiss: La fiducia tra di noi è gradualmente cresciuta nel tempo. Proponevo suggerimenti per il libro e li discutevo direttamente con la band. Così abbiamo trovato il titolo da dargli, “Somewhere outside that finish line”, che è un verso preso dalla canzone Flesh and Bone. È stato uno scambio continuo di idee, che è stato di grande aiuto per lo sviluppo del libro.

FonteFräulein Magazine

FOTO—ERIK WEISS