Real Groove [11-2008]
Mentre una delle più grandi band del mondo pone i tocchi finali all’album numero tre, Real Groove analizza il costo del fatto di rimanere al top con Brandon Flowers.
Se Brandon Flowers non è sospettoso, è almeno un po’ stanco. Sistemandosi su un divano di un non ben conosciuto designer in un’ampia suite d’hotel, sembra intimidito, pronto per il volo, pronto a tutto tranne che a rispondere ad un’altra serie di domande sull’imminente album Day & Age. È la sua ultima intervista dopo tre intensi giorni di interrogatori da parte della stampa internazionale, quindi possiamo perdonare al frontman dei Killers una certa reticenza. Quando cominciamo a parlare, avverto che non è che Flowers sia stanco dei giornalisti, ma piuttosto cauto rispetto a quanto esporre di se stesso, a come affrontare la cosa, consapevole che le maggiori pubblicazioni del mondo intero adotteranno una linea su di lui e sulla sua band senza badare alla musica che stanno per pubblicare.
È un album importante per i Killers. Sam’s Town ha diviso allo stesso modo fans e critici, con qualcuno che ha criticato aspramente il gruppo per aver apparentemente dimenticato le loro radici di sintetizzatori. All’improvviso i Killers si sono ritrovati nell’enigma del loro pubblico che voleva di più della stessa cosa ma fatta in modo diverso. Flowers stesso ha dichiarato che nonostante il secondo album tipicamente venga considerato come il più difficile per una band, loro sono in una posizione in cui devono essere bravi sempre. Lui è comunque categorico sul fatto che nonostante ci sia Stuart Price al timone dell’album non è per accontentare i fan di Hot Fuss.
“Il mio strumento è una specie di tastiera, posso imitarlo ma lui (Price) può produrre suoni migliori rispetto a quello che potrò mai fare. Anche se abbiamo già usato tastiere in precedenza la qualità non è mai stata come quella dei Depeche Mode o qualcosa di questo tipo, mentre invece Stuart conosce queste cose. Ma no, non stiamo cercando di riportare indietro nessun fan da Hot Fuss. Credo invece che abbiamo proprio un sacco di fan del rock con Sam’s Town e forse li perderemo. Non so, stiamo solo cercando di fare quello che vogliamo fare“.
Il processo di completamento del nuovo album con Price è ancora in corso nel momento della nostra intervista. La band aveva scambiato file musicali avanti e indietro con Price per molti mesi prima di ritrovarsi in studio insieme e definire meglio i suoni che avevano creato in modo disparato. Ascoltando una buona manciata di tracce dall’album prima dell’intervista ho capito che la sola cosa che ha rallentato il completamento è che Brandon non aveva ancora scritto i testi per tutte le canzoni.
“Si, sono lento con i testi così finisce sempre che finiamo appena in tempo”, offre come spiegazione. “È sempre stato così, ma la prossima volta cercherò di essere più conciso e quando avrò un’idea la seguirò semplicemente. Qualche volta comincio a fare una canzone e ottengo questa frase di cui sono davvero contento e questa frase, questa idea, questa sensazione mi trascina davvero in alto ma non le do un seguito. Così mesi dopo c’è questo atroce processo di sapere che avevo avuto quell’idea molto tempo prima ma adesso devo ricavarne qualcosa“.
I testi che scrive di solito prevedono un protagonista, sono costituiti da uno stile narrativo usato di rado nella musica pop di questi giorni. Forse ciò può essere attribuito al fatto che Flowers sia un auto-dichiarato osservatore, che guarda le persone al ristorante, che origlia per seguire il filo della discussione, cercando di immaginare cosa rende le persone quelle che sono. Spesso si può leggere l’influenza della sua fede mormone nelle frasi che canta. Redenzione, fede e speranza sembrano essere temi ricorrenti per la band, ma non sono così scontati come lo sarebbero se venissero fuori in un modo da predicatore. Più di recente, per una nuova traccia, Tranquilize, inclusa nello stuzzicante album Sawdust, pieno di b-side e cover, Flowers ha ricevuto una piccola lezione su come si scrive una canzone dalla piagnucolosa vecchia regina del rock undergronud di New York, Lou Reed.
“All’inizio eravamo un po’ spaventati da lui a causa della sua reputazione“, riporta Brandon. “È arrivato e sapeva chi eravamo, ma abbiamo avuto paura. Nell’arco di cinque minuti mi aveva detto quali parole avrei dovuto cambiare e perché ma ho imparato molto da lui. Almeno ho imparato come funziona il suo cervello“.
“Una delle cose che ha detto è che non si deve mai ripetere dei versi perché si può dire qualcosa di interamente nuovo e perché è noioso. Così adesso ogni volta che vorrei ripetere qualcosa penso a questo. E anche che una rock band non deve mai dire ‘la la la’. La canzone diceva ‘I still hear the children play, lalala lalala la la la’ quindi non c’è stato assolutamente verso di fargliela cantare in questo modo. Così ho dovuto cambiare con ‘kick the can, kick the can, skip and blackjack’ e tutte quelle altre cose che pensavo i bambini facessero. Era molto più interessante con questi elementi quindi ci ha aiutati. Ero stato veramente messo alle strette perché a lui serviva qualcosa da cantare e mi ha detto di fronte a tutti ‘sei in una rock band, non può esserci nessun la la la’. Così mi sono comportato da cretino e gli ho ribattuto ‘beh cosa cantavi quando eri un bambino?’ e lui ha detto ‘rock’. È stato così, mi ha rimesso proprio al mio posto. Non c’era risposta migliore di quella“.
Dal lavorare con le leggende al vivere attraverso il loro folklore, potrebbe sembrare che nessuno sia più consapevole di quanto il mondo sta per guardare l’uscita di Day & Age rispetto a Flowers. Sono passati esattamente quattro anni da quando i Killers hanno pubblicato Hot Fuss e da allora sono stati condotti in alto in un’onda di crescente popolarità. Parte di questo successo è deriva dal dare ai fan più di quanto vogliano senza costringerli ad aspettare troppo a lungo. Così è stato con Sawdust, l’album tappabuchi che ha voluto mantenere i fan legati fino al loro terzo album in studio. Ha funzionato colmando lo spazio vuoto per un breve periodo di tempo, ma adesso è tempo per Flowers & co di incontrare il loro futuro. Flowers può anche essere padrone di sé quando fa un’intervista con la stampa, ma quando il discorso arriva alla pressione di essere una band grande quanto i loro fan vogliono che sia, lui osserva che non è sicuro di quello che può essere.
“Sono impressionato dalla qualità di ciò che abbiamo fatto“, precisa il cantante. “Voglio dire, tutto potrebbe sempre essere migliore ma c’è una pressione in ciò. Voglio dire, come fai a sapere se stai migliorando? Tu speri solo che sia una naturale progressione. Ma sai che c’è questo elemento che è quasi come una religione qualche volta, quando vai ad un concerto e vuoi tutta quella trascendenza e che tutto accada. Vuoi che la band rappresenti la salvezza per te“.
I Killers sentono di stare offrendo questa esperienza ai loro fan?
“Abbiamo i nostri momenti no quando suoniamo ma abbiamo anche i nostri momenti di divertimento. È sempre affascinante che le persone abbiano le loro voci di una generazione ma non so se noi ne abbiamo o meno una“. Immaginando quello che sto per chiedergli, Flowers velocemente aggiunge con uno scopo di auto-denigrazione “non ho le palle per entrare in questo ruolo e non so nemmeno se ho la testa per farlo“.
Faccio presente che Bono ha deciso di farlo in qualche momento durante il percorso, e questo discorso fa si che Flowers per un momento abbassi la guardia e affermi con un sorriso che “si, amo gli U2, ma sai allo stesso tempo amo Hall & Oates in uguale misura. Sento che noi bilanciamo questo in un buon modo dove c’è un elemento di sollievo nelle nostre canzoni ma allo stesso tempo non possiamo prendere le cose sempre troppo seriamente“.
Parte di questo lasciarsi andare e godere della loro posizione vede i Killers non impauriti di provare cose nuove in Day & Age. Ascoltate qualsiasi canzone dei Killers e potrete quasi sentirla riverberare in un’arena affollata. Questa qualità da arena c’è ancora, ma è presente anche il suono di quattro ragazzi che stanno cercando di scoprire altri orizzonti. Flowers mi dice che nel nuovo album ci sono il sassofono, tamburi d’acciaio, percussioni cubane. Hanno in effetti liberato se stessi dal cercare di essere alla moda (parole sue).
“Abbiamo un vero numero da disco qui, intitolato ‘Joy Ride’ che ha soul sotto ogni punto di vista“, si entusiasma Flowers. “È come ‘Young Americans’ di Bowie ma fatta da Price. C’è la nostra canzone epica che dura sette minuti e che rappresenta la nostra ‘Disintegration’. Gli (ai Cure) stiamo veramente dando del filo da torcere con questa canzone. Insomma è fatto molto bene”
Saranno presenti anche la Human, già scelta come primo singolo, e le già canzoni testate in tour, Spaceman e Neon Tiger. La band comprensibilmente chiamerà il produttore Stuart Price per qualche remix e Brandon menziona allo stesso tempo che a loro piacerebbe avere anche il duo di produttori australiano Pnau per il remix di una delle tracce.
Inevitabilmente la conversazione si sposta sulla nazionalità di Flowers e sull’imminente destino di una nazione che dipende dalla decisione in un solo giorno. Mi chiedo ad alta voce se una delle due parti ha contattato il gruppo per una campagna pubblicitaria, per offrire il voto a loro favore.
“Sai per me personalmente la vita non cambierà chiunque dei due tra McCain o Obama vinca“, dice Flowers semplicemente. “Ma per alcune persone avrà un grande effetto se significa richiamare le persone dalla guerra, specialmente se sei un soldato. Voglio dire tutti sperano che Obama lo faccia ma fa paura perché non sai cosa succederà. Nessuno avrebbe mai pensato che Bush potesse avere un secondo mandato. Ma Obama era a Las Vegas non molto tempo fa e si diceva che sarebbe venuto nel nostro studio. Ma quando ho realizzato che non sarebbe successo ho pensato ‘cazzo siamo i Killers’. Non può venire qui e finire sui giornali per questa visita. Così no, non ci sono state chiamate per delle pubblicità da parte dei Killers“, ride.
Sospeso all’inizio di quello che sarà un anno e mezzo di intenso tour chiedo a Brandon qual è la cosa più difficile dell’essere lontano per così tanto tempo. Mi dice che poiché adesso ha una famiglia è non poter essere qui a vedere sua moglie e suo figlio, che le sue priorità sono completamente cambiate dal “pensare solo a cose stupide come le macchine al preoccuparmi per il mio ragazzo“. Farà in modo che la sua famiglia possa raggiungerlo il più spesso possibile durante il tour, cosa che per molte altre band non sarebbe assolutamente possibile. Ma in fin dei conti, essendo Flowers un mormone, è difficile che l’eccesso del rock’n’roll faccia di lui una vittima. Accennando questo a Flowers tuttavia, sembra ancora più esitante a condividere quello che realmente sente.
“No, no probabilmente no. La prospettiva è eccitante qualche volta, lo sai. È sempre andata così…“. È quasi come se pensasse alla tentazione nella sua mente prima di rispondere “ma penso che probabilmente sono migliore senza questo“.
Questa specie di risposta da un uomo devoto ad una fede che coinvolge totalmente mi intriga, così gli chiedo se, stando su un piedistallo, la gente si aspetta che se dice qualcosa sarà valida per sempre e non ci sia spazio per cambiare idea.
“Si“, conferma, chiaramente non volendo addentrarsi più in profondità nei pensieri segreti e nei percorsi di Brandon Flowers.
Forse allora le persone sottraggono un certo elemento umano dalle proprie rock star, per renderle più simili alle divinità che vorrebbero che fossero?
“Penso di si, ma penso che sia più eccitante questo modo. Voglio dire, ho fatto la stessa cosa con gente come Morrissey e Bernard Sumner. Erano intoccabili. Poi ho incontrato Bernard“.
Così si è frantumata la sua illusione?
“No, intendo dire, devi capire che in realtà è solo un uomo. Lui è fantastico“.
Salutando Brandon, realizzo che forse parte della sua diffidente natura ha lo scopo di preservare il mito della rock star, per mantenere parte dell’attrattiva sconosciuta e misteriosa. Alla fine ci congediamo e mi rimane nei suoi confronti l’impressione che lui ha avuto di Bernard Sumner: è solo un uomo. Ma è fantastico.