Mail Online [14-11-2008]
L’ultima cosa che i The Killers si potevano aspettare la scorsa settimana, una volta usciti dal palco della Royal Albert Hall, era di essere salutati da un ex-Beatle che faceva scherzi con indosso una maschera di Alice Cooper.
I rocker di Las Vegas avevano appena concluso un trionfale concerto di due ore, cantando vecchi successi come Somebody Told Me, assieme a nuove tracce dal loro nuovo bellissimo album Day & Age.
Il cantante Brandon Flowers e suoi compagni avevano previsto una pausa nei camerini per rilassarsi con un paio di birre prima di incontrare i fan. Ma gli è stato teso un agguato nel corridoio.
“Era Paul McCartney, e indossava una maschera di Alice Cooper” dice Brandon, ancora incredulo un paio di giorni dopo. “Indossava la maschera e stava ballando. Poi se l’è tolta e si è presentato“.
“Come band non siamo molto bravi a intrattenere rapporti sociali. E comunque non so mai cosa dire in certe situazioni, ma quella è stata particolarmente strana. All’inizio siamo tutti rimasti a fissarlo. Cosa si può dire a Paul McCartney? Alla fine abbiamo parlato un po’, e ci ha detto che era stato un concerto fantastico“.
“Incontrare un Beatle è stato scoraggiante. La gente in Gran Bretagna sa quanto i Beatles sono stati importanti come band. Ma quando arrivi dagli Stati Uniti, la sensazione è ingrandita. Erano intoccabili“.
Nel suo hotel a Mayfair, Flowers è una figura diversa dallo spavaldo uomo di spettacolo che si veste spesso in completo rosa, salta sulle casse e suona tastiere ricoperte di brillanti quando canta dal vivo.
Fuori dal palco è, almeno all’inizio, timido e agitato. Può anche essere che Las Vegas sia la sua casa adottiva, ma l’uomo che mi sta di fronte ha molto più in comune con il ragazzo sensibile delle campagne dello Utah che è diventato un’ossessionato del pop dopo aver ascoltato i singoli dei Cure di suo fratello maggiore quand’era ancora piccolo negli anni ’80.
“Mi succede qualcosa quando salgo sul palco ma non so cosa sia” dice Brandon, che sembra molto giovane (ha ancora solo 27 anni) dopo essersi rasato la sparuta barba che si era fatto crescere ai tempi di Sam’s Town del 2006.
“Indosso un velo quando salgo sul palco. E con quello mi esalto di più“.
È una cosa che rende perplessi il fatto che il cantante di una band famosa come i The Killers manchi di confidenza, ma Brandon ammette le insicurezze legate alla posizione del suo gruppo nel mondo della musica.
Può anche aver venduto 12 milioni di album, aver vinto due Brit Awards e aver fatto da headliner a Glastonbury e al Madison Square Garden, ma Brandon confessa di essere stato troppo ansioso per avvicinare le altre band quando i The Killers sono stati ospiti da Jools Holland al suo Later Show la settimana scorsa.
“Di solito penso che non piacciamo alle altre band“, dice. “Ho provato ad uscire, ma tendiamo ancora a starcene rinchiusi nel nostro angolino. È una cosa un po’ stupida“.
Se l’auto convinzione di Brandon ha bisogno di una spinta, potrebbe ottenerla con il nuovo album, l’amalgama più completa degli stili inglese e americano che hanno dato il carburante alle sue canzoni da quando la band è esplosa sulla scena con Hot Fuss nel 2004.
Prodotto dal collaboratore di Madonna, Stuart Price, Day & Age è un’inebriante mix di synthpop e rock panoramico a base di chitarre. Con canzoni orecchiabili come il singolo attuale, Human e un successo futuro, Joy Ride, non ci sono dubbi sul perché McCartney sia un ammiratore.
“Ci sono cose dei primi due album in questo“, dice Flowers. “Ma ci abbiamo spruzzato sopra altro. Ho capito che Stuart era la persona con cui avremmo dovuto lavorare quando siamo stati nel suo appartamento una sera dopo cena. La prima cosa che ho visto è stata una foto di una copertina di un album di David Bowie. Poi c’era un ritratto di Brian Eno e dei Roxy Music. Sapevo che avevamo trovato la persona giusta“.
La vita da rockstar di Brandon – la visita della settimana scorsa in UK ha previsto anche una fermata agli MTV Europe Music Awards e uno spettacolo alla Union Chapel di Londra – contrasta con la sua educazione nella piccola città di Nephi nello Utah.
“Mia sorella più vecchia ha 17 anni in più di me, quindi sono stato circondato da adulti“, dice. “Sono anche sempre stato trattato come un adulto. I miei genitori non mi permettevano di fumare, ma non c’era coprifuoco“.
“Nephi era molto campagnola. C’erano alcune macchine, ma le persone arrivavano in città anche in sella a cavalli. L’evento più importante dell’anno era il rodeo annuale, che durava per quattro giorni in Luglio. Si chiamava Ute Stampede. Era una cosa molto anni ’50. Mi sembrava una cosa normale a quei tempi, ma adesso è un mondo a parte“.
L’interesse del cantante per la musica è aumentato quando la famiglia si trasferì a Las Vegas quando lui aveva 16 anni. Dopo aver mollato il college, ha trovato un lavoro come fattorino in uno degli hotel più grandi della città e ha formato i The Killers con il chitarrista Dave Keuning, il bassista Mark Stoermer e il batterista Ronnie Vannucci.
“Avevo visto Morrissey e i Cure a Las Vegas, ma non avevo mai visto niente di simile al mio primo concerto degli Oasis“, dice Brandon. “Quando hanno suonato le loro canzoni più famose tutti i presenti sono diventati parte dello spettacolo”
Una sorta di ispirazione più recente per Flowers è il suo matrimonio con la sua eterna fidanzata Tana e l’arrivo del primo figlio della coppia, Ammon di sedici mesi. Brandon ha scritto una canzone, A Change Coming On, in onore dell’evento, ma l’ha lasciata fuori dall’album.
“Mio figlio e mia moglie di solito viaggiano con noi quando siamo in tour, anche se non sono venuti stavolta“, dice. “Mio figlio è in un’età critica. Prima che compisse un anno si viaggiava bene con lui. Adesso che ha scoperto di avere dei polmoni, non è più così facile“.
È ancora da vedere se Ammon e Tana accompagneranno o meno Brandon nel tour britannico del prossimo anno.
Ma anche se la famiglia rimarrà a Las Vegas, i The Killers non saranno soli: tutti i 150.000 biglietti del tour sono finiti entro due ore dall’inizio delle vendite, mentre il singolo Human dovrebbe entrare nelle prime cinque posizione della classifica di questa settimana.
“Alcune band hanno paura del successo e non capisco perché“, dice Brandon. “Per alcune persone il successo significa avere un contratto discografico e poter suonare de concerti. Noi vogliamo spingerci fin dove siamo in grado“.
“Ma alla fine vogliamo solo fare buoni album. La musica che sento alla radio in America è pessima, quindi dobbiamo fare qualcosa. E, in termini di confidenza, ci sto arrivando pian piano“.
I pezzi forte dell’album
Human: singolo allegro e pieno di sintetizzatori ispirato alle parole del giornalista americano Hunter S Thompson. “Non è una tipica canzone dei Killers“, dice Brandon. “Ma è la King Kong delle nuove canzoni“. 10/10
Joy Ride: la chitarra di Dave Keuning e il sax tengono il ritmo in una svolta inaspettatamente funky che deve qualcosa a David Bowie. “Nell’album ci sono un po’ di sorprese“, ammette Brandon. 9/10
I Can’t Stay: un’altra sorpresa con i Killers che combinano ritmi di bossa nova e tamburi di acciaio. “Ci spingiamo sempre oltre“, dice il bassista Mark Stoermer. “Ci sono molte cose diverse in questo album“. 8/10
A Dustland Fairytale: il fascino di Sam’s Town viene rivisitato mentre Flowers canta di come i suoi genitori si sono innamorati. “Il padre di mia madre era un venditore di auto. Eli guidava una Chevrolet del ’57 quando ha incontrato mio padre“. 8/10
Fonte—Mail Online