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Drummer [06-2009]

Con posti da headliner ai Festival in avvicinamento, il batterista dei Killers, Ronnie Vannucci, parla con Drummer dei benefici di essere sbattuto in fondo e di come si debbano scegliere bene le opzioni nella musica.

Si è detto molto ultimamente sul declino dell’industria musicale. Le vendite sono scese vorticosamente, i siti illegali di file-sharing sono incrementati ed altri passatempi quali i video giochi e dvd sono tutti in forte competizione per ottenere l’attenzione ed i soldi degli acquirenti. Moltiplicate tutto questo con gli effetti della crisi economica e la preoccupazione sembra essere più che giustificata. Guardatevi attorno e vedrete questi effetti devastanti ovunque. I luoghi d’intrattenimento ospitano spettacoli mezzi pieni, le certezze commerciali vengono lasciate in sospeso e le novità promettenti vengono abbandonate dalle etichette discografiche ancor prima gli sia stata data mezza possibilità.
Un gruppo però sembra essere indifferente a questo tendenza preoccupante. Questo gruppo è The Killers che con il loro terzo album Day & Age hanno continuato a spazzare via tutto quello che si trovano davanti, nella loro apparentemente inarrestabile ricerca di diventare il gruppo di maggior successo al mondo.
Il loro album di debutto, Hot Fuss, ha segnato un esordio di grande effetto, con grandi successi che combinavano l’immediatezza del pop Britannico con la grandiosità Americana. Il secondo album Sam’s Town e l’ammirevole album successivo Day & Age che li lascia orgogliosamente in piedi ad osservare le macerie fumanti di quel che resta di una malandata industria discografica.
La loro agenda estiva è una serie di impegni riservati ad una band tra le più grandi di una generazione. C’è una apparizione come headliners ad Hyde Park, sono in testa al cartellone del V Festival oltre ad una serie di prestigiose date europee che li vedrà suonare davanti a centinaia di migliaia di persone nel corso di pochi mesi.
The Killers sono di sicuro un’inarrestabile valanga del pop ed il loro viaggio, sino ad ora, è stato avvincente.
Dal punto di vista di un batterista, la traiettoria della band è stata meritevole di una entusiasmante osservazione. A badare alla batteria è stato Ronnie Vannucci, un musicista di talento raro e squisiti gusti musicali. Ghirigori jazz adornano le loro canzoni migliori, deliziosi intrecci con il bassista Mark Stoermer hanno spinto meravigliosamente le canzoni e le doti di intrattenitore del batterista tradiscono il retaggio di Las Vegas, la sua città natale.

Genitori orgogliosi

Non è una grossa sorpresa che quando riusciamo finalmente ad avere Ronnie Vannucci al telefono, siamo pronti a scatenarci con una lista quasi infinita di domande. Le cose comunque non sembrano essere così facili. La moderna tecnologia cospira contro di noi: un orrendo ritardo telefonico ostacola ogni battuta di spirito e la distorsione digitale fa a gara con la parlata biascicata e laconica del batterista.
Quello che riusciamo preziosamente ad ottenere dalla nostra registrazione è niente poco di meno che perle del suonare la batteria. Volete sapere quale è la migliore lezione che abbia imparato? È proprio qui. E cosa ne pensa delle responsabilità di intrattenere migliaia di persone ai festival? Anche questo è qui. Ad ogni conto Ronnie inizia con i suoi primi approcci incerti con la batteria.
Molti amici dei miei genitori erano musicisti“, inizia a raccontare il batterista, “vista la mia precoce abilità come musicista rock e credo per il fatto che i miei genitori fossero i tipici genitori, mi hanno spronato a suonare con musicisti molto più grandi di me. È stato solo quando sono andato alle superiori che ho iniziato a suonare con persone della mia stessa età, e anche allora suonavo con gente che sarebbe andata al college perché era veramente difficile trovare gente con cui suonare“.
Oltre a queste esperienze pratiche, Ronnie ha preso delle regolari lezioni per migliorare la sua abilità. “Agli inizi ho preso lezioni da due diversi insegnanti di Las Vegas. Questo ha in parte consolidato la mia ambizione di diventare un musicista migliore e ho finito con lo specializzarmi in musica all’Università del Nevada. La laurea comprendeva una serie di aspetti del suonare ed eseguire che erano forti, perché volevo davvero essere in grado di uscire dal college con un lavoro se ne avessi avuto bisogno. Il corso mi ha insegnato un sacco di roba – percussioni classiche, batteria – e ne ho ricavato molto di più di quanto pensassi fosse possibile. All’improvviso ero in grado di applicare al suonare la batteria un’ampia gamma di discipline e teorie che avevo studiato durante il percorso. Questo ha totalmente rivoluzionato la mia musicalità e sensibilità musicale e mi ha completamente trasformato in un batterista del tutto differente“.
La più grande lezione che abbia imparato è stato come essere musicale e come giustificare le decisioni musicali che stavo facendo. Quando ero al college, tutti venivano chiamati ad esibirsi davanti alla classe, indipendentemente dal fatto che fossero delle matricole o ragazzi che studiavano per il dottorato. Era un’opportunità per tutti di dimostrare cosa avevano imparato durante la settimana e si andava da degli assoli di rullante, timpani, marimba, tutto! Suonavamo questi pezzetti, c’era un breve giro di applausi a cui seguivano una critica. All’improvviso mi veniva chiesto perché stessi facendo determinate cose, come ad esempio perché stavo trascinando la mano sinistra o perché avevo ignorato la mappatura del tempo in una certa sezione. Tutto insieme dovevo abituarmi a sostenere le mie decisioni e difendere le opzioni che avevo scelto. Mi ha costretto a dare un senso alle mie decisioni musicali ed ha notevolmente migliorato la mia musicalità. È stata veramente una lezione di importante valore da imparare“.

Tirarsi su

Ed è anche in questo periodo che Ronnie ha consolidato il suo stile individuale di suonare ed ha inoltre iniziato a sistemare il kit della batteria come lo vediamo oggi sul palco; prendendo spunto da una tecnica fluida jazz, uno sgabello alto ed un sostegno rialzato per il rullante. “Probabilmente mi sono sempre seduto più in alto alla batteria. Ho studiato con un paio di batteristi che suonavano jazz o in grandi orchestre a Las Vegas, ed uno di loro aveva lo sgabello ed il rullante molto alti. Sono anche stato influenzato da persone tipo Mitch Mitchell che sistemavano il loro kit molto in maniera simile, ma non l’ho notato consciamente sino a molto dopo. Un’altra grande influenza nel mio modo di suonare è stato un insegnante che ho visto a Las Vegas, insegnava in una scuola privata per bambini dotati. Dava lezioni fuori dalla sua casa ed aveva sempre un mazzo di bacchette di riserva legate molto strette con degli elastici. Quando sedevo scomposto mi dava un colpo sulla schiena per farmi sedere correttamente. Era un bel modo per farmi mantenere la postura e l’equilibrio! Un altro fattore è la mia altezza, sono alto un metro e ottanta, ho delle gambe lunghe ed ho bisogno di metterle da qualche parte. Se siedo troppo in basso non ho abbastanza leva ed è tutto ergonomicamente errato. Perciò è una combinazione di tutti questi fattori e delle mie preferenze personali che hanno modellato il mio modo di suonare“.
Alcuni caratteristici marchi di fabbrica aiutano a caratterizzare lo stile di Ronnie. Suonare il charleston con un abile battito alla 16a nota ed uno stile fluido punteggiano tutti e 3 i dischi dei Killers. “Si, il charleston probabilmente viene fuori da (la leggenda jazz) Papa Jo Jones che era tutto preso dai suoi charleston. Non so se sia stata una decisione consapevole fare quanto faccio io con il charleston, ma suoniamo un tipo di musica che ti obbliga ad essere creativo con quel che hai. Molto proviene però dalle mie influenze musicali, ero ossessionato dall’esplorare i ‘rocker eccentrici’ quando ero più giovane. Quando parlo di rocker eccentrici, mi riferisco a gente come Keith Moon degli Who, Mitch Mitchell e John Bonham dei Led Zeppelin. Per questa gente non si trattava solo di un battito di sottofondo, erano anche espressivi nel loro suonare. Non facevano solo circolare la musica, erano anche musicali, ed ero molto attratto da tutto questo già allora. Anche i miei genitori ascoltavano molto jazz e quei batteristi sono tutta un’espressione musicale, quindi ne ero molto attratto già dagli inizi“.

Lavori in corso

Mentre il suonare la batteria di Ronnie prendeva forma nella sua città natale, era naturale che il passo successivo fosse agganciarsi ad altri 3 musicisti ambiziosi e sulla stessa lunghezza d’onda. Entrano in scena Brandon Flowers, il chitarrista Dave Keuning ed il bassista Mark Stoermer. I Killers erano nati. Una gratificante collaborazione musicale è sbocciata, ma la partnership con il bassista Mark Stoermer è stata particolarmente fruttuosa.
Hai assolutamente ragione, ho una stupenda relazione musicale con Mark. Molta gente dice che lui avrebbe dovuto suonare la batteria e scommetto che sarebbe diventato un grande batterista se non fosse rimasto imbrigliato ad una chitarra. Sa quasi intuitivamente cosa sto per suonare e le sue parti sono così ritmiche, è una gioia danzare musicalmente attorno a lui. Mi piace davvero tanto creare delle partiture con lui. È molto divertente e si vede che funziona bene per noi“.
Nonostante il quartetto abbia chiaramente azzeccato una formula vincente, Ronnie è poco propenso a riposare sugli allori. Un vero studente di percussioni, sostiene che sta continuando a impegnarsi per crescere come musicista. “Sono un continuo ‘lavori in corso’, sto ancora imparando e perdo il conto di quante cose ci siano ancora da fare. Sicuramente aspiro a migliorare come musicista ed è stato incoraggiante notare i piccoli miglioramenti nel tempo. La prima cosa che si nota è che sviluppi una consapevolezza più marcata di quello che stai facendo come musicista e un senso migliore per il ritmo. Realizzi anche che c’è una corda tesa su cui camminare,devi essere espressivo alla batteria, ma allo stesso tempo, non devi essere troppo zelante. Come avevo già detto, mi piace suonare musicalmente, ma suonare musicalmente significa suonare per la canzone. Per quanto sia divertente andare fuori di testa e impazzire, deve anche esserci un po’ di disciplina“.
Ad un livello più pratico, Ronnie dice di prestare particolare attenzione ai suoi esercizi di riscaldamento e di cercare in modo coscienzioso di imparare dai suoi errori.
Si, sono ancora proattivo e continuo a studiare. Devo ammetterlo, non sono su YouTube ogni giorno e non leggo ‘The Black Page’ di Frank Zappa, ma faccio attenzione alle mie mani e a riscaldarmi in modo appropriato ogni giorno. Prima di un concerto, colpisco una batteria muta (pad) per circa un’ora e mi esercito con gesti base veramente rudimentali, delle cose proprio semplici come tenere il ritmo. Trovo che queste cose allenino il cervello quasi quanto le mani, così nel momento di salire sul palco sono praticamente pronto – è certamente un esercizio psicologico. L’altro modo che uso per migliorare è ascoltare musica. Registriamo mente siamo in giro, così sono costantemente soggetto al mio suonare male, una cosa da cui puoi imparare molto. Al momento però, e penso di parlare per ciascuno dei membri della band quando dico ciò, siamo tutti in una forma musicale migliore di quanto non siamo mai stati“.

Ancora spaventoso

Comunque suonare nei luoghi più grandi del mondo non è un atto privo di trepidazione o paura. Possono anche essere in una grandiosa forma musicale, ma la band è anche suscettibile ai nervosismi più strani.
Si, il nervosismo ci irrita un pochino. Penso che le nostre canzoni siano scritte per essere suonate in luoghi destinati a grandi pubblici e nonostante sia una grande cosa, ci sono anche particolari elementi di cui preoccuparsi quando sei in un grande spazio. Per esempio, possono passare alcuni secondi tra il momento in cui colpisci il rullante e il momento in cui il suono ti torna indietro. Inoltre, nonostante sia bello riempire una stanza di persone, hai anche la grande responsabilità di intrattenerli per un’ora e mezza, e questo è davvero importante. Non fraintendetemi, non scambierei questa cosa per niente al mondo, ma è naturale e spaventoso allo stesso tempo perché non vorresti mai deludere i tuoi fan“.
Con la linea telefonica transatlantica che ronza nelle nostre orecchie, Ronnie ha un ultimo saggio consiglio prima di spostarsi verso la prossima enorme arena. È un semplice messaggio che viene troppo spesso dimenticato.
La cosa più impegnativa per un musicista è lavorare per servire la canzone in modo creativo senza perderti nel tuo ego. Anche se siamo tutti sul palco come singoli individui, siamo lì per innalzare una canzone nel miglior modo possibile e per accertarci che sia fresca. Quando fai tutto questo nel modo corretto, è l’esperienza più gratificante del mondo“.