Huck [29-11-2017]
A seguito della pubblicazione del suo terzo album solista – Filthy Apes and Lions – Huck si dirige verso la casa del bassista dei Killers, Mark Stoermer, in Nevada per parlare del lavoro solista, della vita a Las Vegas, e della continua ricerca di realizzazione creativa.
Mancano due ore all’appuntamento con Mark Stoermer nella sua casa di Las Vegas, e sono seduto da solo in un piccolo pezzo di erba nel centro di un complesso edilizio, a pochi passi dalla famigerata Strip.
Uno strato di polvere si è già formato sul mio portatile su cui sto lavorando. Tre bambini corrono su e giù per la tranquilla strada, lanciando bottiglie di plastica contro le finestre e contro loro stessi. Ci sono alberi, l’aria è fresca e splende il sole. È una bellissima sensazione.
Sono arrivato nella Città del Peccato solo 18 ore prima, ma, se devo mettermi a pensare senza distrazioni, sento già la necessità di scappare dall’eccesso a un tiro di schioppo. La notte prima mi sono diretto verso i casinò, i bar e gli hotel che attirano persone dall’altra parte del mondo in questa presunta oasi. Era la sera del giorno del ringraziamento, e coloro che avevano fatto il loro pellegrinaggio alla terra santa dell’edonismo erano apertamente alla ricerca di consumismo. I croupier, lo staff e i camerieri dei bar – le persone che tengono in vita questa città 24 ore su 24 – non sembravamo altrettanto entusiasti dell’esperienza. La maggior parte di quelli con cui ho parlato è stata chiara: quelli che non avevano mutui da pagare e famiglie stavano progettando la prossima mossa. Arriverà il giorno in cui potranno permetterselo.
Mark Stoermer e i suoi compagni di band sono senza dubbio alcuni dei figli più di successo di Las Vegas. I Killers hanno venduto più di 22 milioni di album, suonato negli stadi in tutto il mondo. E così, nei 20 minuti di macchina che mi separano dal centro città alla casa di Stoermer, non posso che chiedermi perché – diversamente dagli altri – Stoermer non se ne sia ancora andato da Las Vegas.
È stato nel 2002 che Stoermer ha incontrato Brandon Flowers, Dave Keuning e Ronnie Vannucci Jr, e ha accettato di unirsi alla loro band a tempo pieno. Ma nell’Aprile dell’anno scorso, dopo aver lavorato a Wonderful Wonderful, ha fatto sapere ai suoi compagni di band che era giunto il tempo di ritrarsi dai live. Tuttavia, al posto di iniziare una nuova vita o viaggiare in giro per il mondo usando i suoi non pochi guadagni, Stoermer ha passato la maggior parte del suo tempo a Las Vegas, lavorando alla pubblicazione del suo terzo album solista, Filthy Apes and Lions.
Mentre parcheggio fuori da una casetta gialla di un piano alla fine di una tranquilla strada chiusa, poco lontano da una trafficata superstrada, è ovvio che il posto in cui Stoermer vive non è quello che ci si aspetta da una rockstar. Busso alla porta e aspetto di essere accolto, mentre a lato del tappeto d’entrata c’è una pila di zucche. Circa un minuto più tardi Stoermer appare, indossando una maglietta, pantaloncini neri e stivali, e con i capelli pettinati all’indietro. Mi stringe la mano e mi invita dentro. È alto e magro; il suo viso è spigoloso. Parla piano mentre mi mostra una serie di dipinti che adornano le sue mura, collezionati dai quattro angoli del globo. Non è difficile capire perché i suoi compagni di band l’abbiano soprannominato il “gigante gentile.”
Parlo a lungo con Stoermer del jet lag. Lui parla dei viaggi, cicli di sonno e dei giorni e notti infiniti in tour. È seduto con la schiena dritta e un cuscino dietro, sotto una tettoia nel suo giardino, mentre il gatto di strada che ha adottato, dopo averlo trovato in mezzo ai cespugli, va su e giù dalla piscina ai suoi piedi.
Non è che Stoermer non sia accogliente – anzi, è l’opposto. Mi offre da bere mentre ci sediamo a parlare in casa. Ma allo stesso tempo, non sembra totalmente a suo agio, non solo riguardo alla mia presenza in casa sua ma anche – se possibile – con sé stesso.
Nato in Texas, Stoermer si è trasferito a Las Vegas a quattro anni, con sua madre (infermiera) e suo padre (dottore) che hanno accettato lavori in città che richiedevano di stare fuori fino a tardi. Si descrive come un “bambino lasciato spesso a casa da solo”, chiuso al mondo esterno, che alla fine si è rivolto alla musica per trovare conforto e distrazione. Stoermer è cresciuto dietro l’angolo da dove vive oggi – ma lontano dalle luci splendenti della Strip, dove ci sono poche opportunità, specialmente per bambini e ragazzini.
Non avendo una macchina, Stoermer vagava per le strade. Aveva 14 anni quando ha sentito il suono di una batteria che veniva dalla casa di una ragazzino con cui era diventato amico. Da lì in poi ha suonato con band quanto più ha potuto.
“Credo di aver scoperto la musica perché non c’era molto altro da fare,” riflette. “È ciò che mi spingeva a guardarmi dentro quando ero più giovane, mi esercitavo alla chitarra e al basso e ascoltavo album.”
Dopo essersi diplomato alle superiori, Stoermer si è iscritto ad una corso alla University of Nevada, Las Vegas, ma si è ritirato non molto tempo dopo. “È stato per colpa dell’ansia e il non essere in grado di stare in classe,” spiega con cura. “Mi venivano attacchi di panico e non sapevo perché. Sapevo solo che qualcosa non andava, e mi ci è voluto del tempo per capirlo.”
Ha passato un periodo isolato e solo, rivolgendosi alla musica come forma di terapia e un posto in cui scappare. Qualche mese dopo, Stoermer ha accettato un lavoro part-time come fattorino medico, un lavoro che gli permetteva di tornare lentamente al mondo esterno e allo stesso tempo di ascoltare musica nella sicurezza e comodità della sua macchina. “Mi ha facilitato il reinserimento nel mondo esterno,” dice Stoermer. “E nello stesso periodo ho ricominciato a suonare nelle band.”
Sulla Strip alcuni dei musicisti più famosi del mondo hanno manifesti giganti decorati con le loro facce: Celine Dion, Elton John e Britney Spears sono solo alcune delle stelle con concerti fissi qui, che riempiono le sale sera dopo sera. Lontano dai casinò da multi milioni di dollari, però, è difficile per un musicista in cerca di una pausa. “Las Vegas è un posto in cui i musicisti vengono a morire o in pensione,” dice Stoermer. “Non è mai stato un posto in cui si veniva per fare musica.”
“Non che sia semplice da altre parti,” Stoermer si affretta ad aggiungere. “Ma non c’è mai stata una scena coesa qui, e in un periodo in cui non si sdegnava un contratto discografico a nessuno -– le etichette facevano contratti da dieci anni alla volta, adesso sei fortunato se dura un anno – Las Vegas non era il posto giusto in cui stare.” La maggior parte delle persone che vuole sfondare va a Los Angeles o New York, Las Vegas non era un posto conosciuto per diventare famosi. Eppure – grazie alla combinazione di talento, fortuna e perseveranza – i Killers ci sono riusciti.
Stoermer aveva 25 anni quando si è ufficialmente unito alla band. Aveva fatto parte di un altro gruppo che suonava nel circuito locale, quando gli è stata data la prima incarnazione del demo della band da un suo amico. Su quella cassetta c’era la prima versione di “Mr Brightside.”
“La gente ascoltava la loro musica prima che noi li vedessimo suonare dal vivo, cosa inusuale per una band locale a quei tempi,” mi dice. “Hanno fatto un po’ di promozione, un’idea intelligente.” Entusiasta del loro sound, Stoermer è andato a qualche loro concerto. Qualche mese più tardi era stato preso a tempo pieno.
La band faceva le prove cinque o sei giorni alla settimana per ore nell’inferno di un garage, per quasi un anno intero. “Da un certo punto di vista, per la scena di Las Vegas noi eravamo un mini supergruppo,” dice Stoermer. “Ronnie era uno dei migliori batteristi in città, a livello locale io andavo piuttosto bene come bassista.” A parte le loro capacità, i ragazzi erano impegnati e affamati. Hanno dato tutto alla band pur non guadagnandoci quasi niente.
La prima spinta è arrivata quando Braden Merrick, il responsabile artisti per la Warner Bros, ha trovato la loro musica online in un sito dedicato a band senza contratto dell’area di Las Vegas. Li ha aiutati a registrare un demo, che è poi arrivato nelle mani dell’etichetta britannica indipendente Lizard King Records. A Luglio 2003, la band aveva firmato un contratto per un album e due tour – anche se all’epoca Stoermer aveva deciso di non abbandonare il suo lavoro part-time a Las Vegas.
“Probabilmente non credevo che sarebbe stato possibile per noi arrivare dove siamo arrivati,” suggerisce Stoermer con onestà, quando gli chiedo se avesse mai pensato che sarebbe – lui o la band – diventato famoso. “Non sono mai stato uno di quelli che, una volta deciso cosa fare, fanno tutto per ottenerlo.”
“A volte serve incontrare delle persone con una visione per fare davvero qualcosa, e credo che Brandon [Flowers] e Dave [Keuning] avessero quella visione già quando li ho incontrati,” continua. “Mi sono unito a loro perché facevano ottima musica, ma anche allora non avrei pensato che sarebbe andata a finire così. Non dico che non fossi motivato o che non dedicassi tutto il mio tempo alla musica, semplicemente non ce l’avevo come obiettivo.”
È stato solo nel Dicembre del 2003, quando i Killers hanno firmato un contratto con una grande casa discografica per un tour di due anni e cinque album, che Stoermer ha dato le dimissioni dal suo lavoro part-time.
Per la maggior parte dei musicisti, sicuramente quelli così giovani che hanno appena firmato un contratto, questo periodo di successo sarebbe stata l’esperienza più entusiasmante e un sogno diventato realtà. Nessuno di loro era mai stato fuori dal Nord America prima di volare verso l’Inghilterra per i loro primi concerti, ma in quel momento gli è stato offerto il mondo. Stoermer era entusiasta e grato, ma anche allora aveva dei dubbi sulla vita in tour. La paragona al viaggiare in giro per il mondo in un sottomarino: viaggi sì attorno al mondo, ma non sembra una cosa vera. “Ti ritrovi un ambiente chiuso e controllato, vedi sempre le stesse persone e tutte si spostano con te.”
“Non fraintendermi, ci sono sicuramente cose molto più dure da fare. Sono molto grato, ho imparato molto e grazie ai tour adesso posso fare quello che voglio. Ma è stata una sfida per me sin dall’inizio.”
Con la pubblicazione di nuovi album, Hot Fuss, Sam’s Town, Sawdust e Day & Age, Battle Born, il pubblico che la band attraeva è aumentato sempre di più. Nel corso di sette o otto anni, la band ha avuto una settimana di pausa qui e lì, con molto poco tempo da passare da soli o per affari personali.
Con un’agenda così inarrestabile, le persone di cui ti circondi diventano estremamente importanti, e Stoermer è diretto nel dire che i Killers non sono migliori amici. “Sin dall’inizio eravamo molto diversi fra noi,” dice cautamente. “Eravamo quattro persone che si sono unite grazie alla musica con un obiettivo comune, ma con personalità molto diverse. Se non ci fosse stata la musica di mezzo, probabilmente non saremmo mai usciti insieme. Non eravamo un gruppo di amiconi che hanno deciso di creare una band – eravamo quattro individui che si sono uniti nel servizio della musica.”
Gli chiedo se qualcuno della band abbia parlato con lui del materiale solista che ha pubblicato – che fosse congratulatorio o anche solo perché preoccupato che si stesse allontanando dal gruppo. “Non ne abbiamo mai parlato direttamente,” risponde. “Non ci sono state opposizioni, ma neanche supporto. Anche all’interno della band non credo che qualcuno lo abbia menzionato. Non abbiamo mai parlato molto dei nostri lavori solisti, sicuramente non quando siamo tutti assieme. Non so se tra loro ne hanno parlato e quale sia il rapporto individuale fra gli altri, ma è stato così per me.”
Nell’Aprile del 2016, Stoermer ha detto alla band che non sarebbe più andato in tour con i Killers. Ne stava pensando sin dal tour per Battle Born nel 2013. Durante il concerto a Wembley di quell’anno c’era stato un incidente con i fuochi d’artificio usati dalla band. Un’esplosione è stata “10 volte più forte del solito”, ma nessuno aveva avvisato Stoermer che lo sarebbe stata. “Tutti a parte Brandon e io avevano i tappi per le orecchie quella sera, ma lui era talmente lontano dai fuochi che non lo ha interessato. Io ero vicinissimo all’esplosione e sento come un ronzio nelle orecchie da allora. Probabilmente lo sentirò per sempre a meno di trovarne una cura. Si può solo tentare di adattarsi.”
Questo fatto e continui problemi alla schiena hanno visto Stoermer ritirarsi dalla parte asiatica del tour nel 2013. La notizia, data l’anno scorso, che si sarebbe preso una pausa più permanente non è probabilmente arrivata inaspettata.
“La reazione della band è stata sorprendentemente buona, mi sono sembrati comprensivi,” spiega Stoermer. “Ho detto loro che volevo fare altro, come finire gli studi e fare musica. Se arriva l’occasione giusta la seguirò [qualcosa della stessa scala dei Killers], e per occasione giusta intendo progetti a breve termine o in studio.”
Gli chiedo se registrerà o andrà ancora in tour con Killers in futuro.
“È troppo presto per dirlo, non voglio provare a predire quello che potrebbe succedere tra due anni. Saranno in tour per i prossimi due anni sicuramente. A quel punto potremo riparlarne.”
Ciò che colpisce di più dell’approccio che Stoermer ha nel fare musica come artista solista è la sua limpida mancanza di ambizione, non dal punto di vista della qualità, ma di successo commerciale. Il suo primo album solista – Another Life – è stato scritto per la maggior parte quando era in tour con i Killers. A Dark Arts, e al nuovo Filthy Apes and Lions, ha lavorato di più a casa sua in Nevada. Sono stati tutti pubblicati sotto la sua piccola etichetta, la St August Records. Su Spotify, una canzone di Dark Arts ha 95.000 ascolti, la canzone principale del nuovo album quasi 30.000. Il resto arriva a malapena a 1.000.
“Non ho mai scritto testi e non ho mai cantato con i Killers,” dice Stoermer quando gli chiedo perché ha scritto il primo album solista. “È stato un esperimento per vedere se potevo crescere come musicista e scrittore… Volevo dimostrare a me stesso che potevo completare questo progetto, senza interessarmi al suo successo o meno.”
Auto-pubblicando il suo lavoro, Stoermer ha il controllo completo sulle sue creazione musicali. Dice che gli dà il potere di ritirare il lavoro se decide che è quello che vuole fare. “Con Another Life, ho cercato di contattare qualche etichetta un paio di volte ma nessuno era abbastanza interessato e non ho nemmeno insistito molto,” dice Stoermer. “Volevo farlo secondo le mie regole. Probabilmente è stata mancanza di interesse e di volontà di provare.”
Ogni canzone del nuovo album racconta una storia, molte ispirate agli studi di storia dell’arte di Stoermer. Usa cambi di tempo – una tecnica raramente usata nella musica popolare – per accentuare la drammaticità dei suoni. La canzone che intitola l’album, “Filthy Apes and Lions”, è inquietante e seduttiva allo stesso tempo – colonna sonora di un romantico circo in un luna park in decadenza.
“Sono contento di questo corpo di lavoro creativo che ho realizzato e ne sono orgoglioso,” dice. “Magari le persone lo scopriranno in retrospettiva, o magari no.” Si prende una lunga pausa. “È possibile che, se avessi il progetto giusto e il tempo fosse giusto, lo spingerei di più, ma adesso il mio obiettivo non è l’ambizione nel senso tradizionale del termine, cioè di avere una nuova importante carriera.”
Stoermer aveva progettato di andarsene da Las Vegas l’anno scorso. Non per una vacanza o un tour, e nemmeno per passare del tempo nella sua casa nella Bay Area nella California del Nord, ma per finire i suoi studi al college a Londra o alla NYU. Ha compiuto 40 anni l’anno scorso, e per un po’ ha avuto la sensazione che fosse giunto il momento di indagare come sarebbe potuta essere la vita lontano dalla città in cui è cresciuto. Dice che i problemi alla schiena non gli hanno permesso di accettare le varie offerte delle università. Dice che con il suo impegno a lavorare sotto la sua etichetta, andarsene non sarebbe conveniente. Dice che è stato distratto da altro. Dice che un giorno potrebbe comunque andarsene da Las Vegas.
“Non ho preso nessun impegno di rimanere a Las Vegas, non è mai stato nei miei piani,” dice, in maniera non del tutto convincente. “So che potrei vivere da qualsiasi altra parte del mondo, ma sono sempre spinto a tornare qui.” Stoermer stesso non sembra essere sicuro del perché sia ancora qui. “Ho anche perso contatto con la maggior parte degli amici con cui sono cresciuto,” aggiunge un momento dopo, perso nei pensieri.
Da quando si è ritirato dagli impegni del tour ha passato molto tempo a casa. Stoermer ha suonato con i Killers nel set segreto a Glastonbury quest’estate, ha studiato attraverso corsi online dell’università, e ha lavorato ad un album con l’amico David Hopkins, cantante dei Bombay Heavy. Prima che me ne renda conto, abbiamo parlato di Trump (“un altro livello di assurdità”), suonare alla Casa Bianca, e i pro e i contro di fare un Master in Regno Unito. Parliamo da ben più di 90 minuti quando noto che ore sono, e il mio volo per tornare a Los Angeles che si avvicina.
La vita di Mark Stoermer è sempre stata passata alla ricerca di realizzazione artistica. Il successo commerciale, la fama e la fortuna non l’hanno garantita, ma rimango dubbioso se studiare e scrivere musica da solo lo abbia aiutato nel suo cammino. “Non saprei,” dice. “Sento di avere una certa libertà perché sono stato fortunato con la band. Ma realizzato? No, e credo sia una buona cosa. Non credo tu voglia mai sentirti di essere arrivato.”
Las Vegas è una città isolata nel mezzo di un deserto arido e desolato. È un posto che spicca rispetto a ciò che la circonda, un posto conosciuto per la sua ricchezza e fama. Ma lontano dalla Strip, tutto è tranquillo, senza pretese, quasi volutamente ordinario. È una descrizione che potrebbe andare bene anche all’uomo seduto di fronte a me.
È un posto che è stato gentile nei confronti di Mark Stoermer. È la città in cui è cresciuto, la città che gli ha dato successo e sicurezza. Prima che ci incontrassimo non potevo che sentirmi confuso sul perché Stoermer non si fosse avventurato fuori dalla sua città, ma mentre ci salutiamo diventa tutto chiaro. Questa tranquilla strada di quartiere residenziale potrebbe trovarsi in qualunque parte del mondo, ma offre conforto a Stoermer. Anni passati in continuo spostamento, non sempre felice, hanno reso questa parte della città una costante in quella che è stata una vita di isolamento, viaggi continui e impareggiabile successo.
Con la valigia pronta e la macchina che mi aspetta fuori, chiedo a Mark cosa farà prossimamente – cosa farà con questa ritrovata libertà.
“Non lo so, faccio un passo alla volta. Credo che potrei essere un musicista migliore. Voglio imparare una nuova lingua. Voglio stare meglio sia mentalmente che fisicamente. Voglio studiare.” Non sembra sicuro. È quasi rassicurante che anche il membro di una delle band con più successo al mondo sia in difficoltà a capire cosa sia davvero il successo e la realizzazione personale, credo. In qualche modo toglie un po’ di pressione a tutti noi.
Fonte—Huck