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Spin [02-2009]

Tutto quello che Brandon Flowers, il bel cantante vestito di penne dei Killers vuole è essere una rock star esagerata, incline a dichiarazioni imponenti e abiti non certo adatti all’ufficio. Ma forse è nato nel momento sbagliato. “Forse l’idea è obsoleta”, dice. “Spero di no”.

Brandon Flowers è sul divano. Non solo letteralmente – il cantante dei Killers vestito casual si sta agitando in una poltrona di pelle color rosso scuro nell’atrio dello storico Roosevelt Hotel di Hollywood – ma anche figurativamente – ci sta praticamente sprofondando. “So di dire cose che le altre persone non dicono“, confessa Flowers, 27 anni. “Esamino quello che sto pensando e lo dico in ogni caso. Non voglio indossare una museruola“. E perché dovrebbe? Le proclamazioni del Mormone proveniente dalla Città del Peccato sulla grandezza della sua band l’hanno reso una delle più riconoscibili, polarizzanti ed eminentemente citabili rock star della sua generazione.
E anche uno dei più talentuosi, a suo agio in ugual modo con canzoni riempi-pista (Somebody Told Me, da Hot Fuss, il patinato album di debutto dei Killers con una sfumatura british), canzoni epiche che spazzano via come una tempesta di sabbia (When You Were Young, dal più ambizioso e più divisivo Sam’s Town), e filosofia Pop Art (Human, il successone, sebbene confuso nel testo, e primo singolo dall’ultimo album, Day & Age). Eppure nonostante il successo, una moglie bellissima e un figlio di un anno e mezzo – Ammon, che prende il nome da un principe del Libro dei Mormoni – Flowers è insoddisfatto.
Non si può salvare il mondo con la musica“, dice, stringendo un cuscino al petto. “Ma posso provarci. Faccio lo stesso mestiere di Bruce Springsteen. Devo provarci fin dove posso arrivare“.

Quanto fastidioso è stato che Chinese Democracy sia uscito nella stessa settimana di Day & Age?
Axl ha aspettato 15 anni per pubblicare il suo album la stessa settimana del nostro! Non ho sentito Chinese Democracy, ma la gente mi dice che sembrano i Korn. Ma Axl è a posto. Siamo usciti con lui qualche volta. Abbiamo un ragazzo cinese che suona con noi in tour – Ray Suen. Mi sta dando dato lezioni sulla vera democrazia cinese.

Anche Kanye e Ludacris hanno debuttato quella settimana. C’è un bel po’ di competizione.
Non puoi competere con l’hip-hop. Questo non significa che io non voglia essere grande quanto una star del rap. Lo voglio – sono sempre competitivo. Ma c’è questa strana percezione di me come qualcuno che se ne sta seduto tramando come fosse il diavolo. Non è così. La mia musica accende un fuoco sotto di me. Quando sento altre persone, voglio essere migliore di loro. Non mi voglio scusare per questo. Non è niente di sbagliato.

Sei contento della reazione della critica a Day & Age?
È stata sicuramente più positiva di quanto non fosse stata per Sam’s Town. Sarà sempre difficile da digerire il fatto che qualcuno ascolterà l’album una o due volte e quindi dirà che è incredibile o che non è buono come Hot Fuss. Nessuno conoscerà l’album nel modo in cui lo conosco io. Le persone lo ameranno per motivi diversi.

Ma, seriamente,come possiamo noi umani essere “ballerini”?
(Ride) Non avrei mai pensato che quella frase avrebbe ricevuto tanta attenzione! Ha davvero un senso per me. È difficile da spiegare. C’è qualcosa di bionico al riguardo, qualcosa di extraterrestre. Lo sapevo che non era perfetta grammaticalmente. Nel mondo intero, Human è la nostra più grande canzone di sempre. Suppongo che qualcuno abbia capito il significato.

Cos’è peggio: le persone che insistono sulla vostra grammatica o che dicono che avete copiato Springsteen in Sam’s Town?
La reazione a Sam’s Town mi aveva fatto stare male. Ma da questo è derivata una buona cosa – tutta la rabbia che avevo verso quello che la gente stava dicendo dell’album mi ha fatto desiderare di dimostrare quanto buona fosse la musica. Suonavamo quelle canzoni dal vivo con così tanto ardore. In un certo senso, le critiche hanno aiutato a rendere i Killers una gran band dal vivo.

Presti troppa attenzione a quello che le persone scrivono?
Sì. Ci penso troppo. Sto migliorando. Ci sto pensando di meno. È per questo che Day & Age è un disco divertente. Ci siamo lasciati andare. Non ero preoccupato di quello che i critici avrebbero detto o di cercare di seguire le orme degli U2.

Avete venduto sei milioni di dischi con il vostro primo album. Gli U2 hanno avuto bisogno di alcuni anni per farlo. Avreste preferito un successo più graduale?
I percorsi della carriera di così tante persone che rispetto sono l’esatto opposto della nostra. I Depeche Mode sono un altro gruppo a cui penso. Sono diventati grandi solo dopo Music for the Masses o Violator. Altre band che con grandi album di debutto, come i Guns’N’Roses, non sono durati molto. Spero che noi lo faremo.

Quando uscì Hot Fuss, ti dava fastidio il fatto che la gente dicesse che i Killers erano –
Tutto stile e niente sostanza! Neil Tennant (dei Pet Shop Boys) disse che mi ero fatto crescere la barba per provare che ero più di un cantante pop. Ogni volta che mi faccio la barba, metto i peli in una busta. Sto aspettando il momento opportuno per dargliela.

Stai scherzando.
Sono serio. Ed è anche una busta parecchio grande. Ma non capisco perché tutti sostenevano che Hot Fuss fosse usa e getta. Mr Brightside non è usa e getta. All These Things That I’ve Done è usa e getta? Definirla così è una cosa che non concepisco. È una parte speciale di questa generazione.

Ma con Sam’s Town non avete cercato di raggiungere un qualcosa che non avevate invece cercato con Hot Fuss?
Hot Fuss era basato tutto sulla fantasia. Le influenze inglesi, il trucco – rappresentavano la mia idea di rock. Sono un sognatore, capisci? Quindi ho scavato in quel sogno ed è nato Hot Fuss. Ma sentire la gente chiamarci la miglior band inglese proveniente dall’America mi ha fatto pensare alla mia famiglia e a chi ero io. Ecco di cosa parla davvero Sam’s Town. Stavo cercando di scoprire chi ero.

E ci sei riuscito?
È questa la cosa frustrante. Sam’s Town non è una lettera d’amore all’America o un tentativo di andare oltre il mito. Parlava di me. Cantavo di mia nonna Dixie e di mio fratello nato il Quattro Luglio. Indovina un po’? Mia nonna si chiamava proprio Dixie, e mio fratello è nato davvero il fo**uto Quattro Luglio del 1969. L’album è molto vero. Sono stato onesto in Sam’s Town, e mi sono dato la zappa sui piedi.

È stato un errore essere onesto nel dire che odiavi il genere emo o che ti sei sentito offeso dai Green Day?
Me ne pento. Mi sono già scusato con la maggior parte delle persone delle quali avevo parlato in modo negativo. Essere intervistato è molto innaturale. Credo di fidarmi troppo delle persone. Parlo con qualcuno per cinque minuti e mi sento a mio agio. (Si ferma, poi sorride) Forse merito un riconoscimento perché dico ciò che gli altri pensano solamente.

Ti dà fastidio il fatto che la maggior parte dei tuoi contemporanei non cerchi la notorietà? Anche a Chris Martin sembra imbarazzare la sua condizione.
Non capisco la mancanza di ambizione che c’è in giro. Non c’è fantasia. Gli U2 potrebbero essere considerati un fo**uto Liberace confrontati con le band che nascono in questo periodo. Non mi sono mai vergognato di voler essere ascoltato. Non mi sto nascondendo dietro una maschera. A meno che tu non sia così puro da voler suonare solo per strada, c’è qualcos’altro che ti spinge. Sì, tutti sanno che è un periodo difficile per vendere dischi. Non molta gente la prende come una sfida.

Ma un album rock di successo oggi vende un milione di copie. Non è assurdo voler essere una rock star esagerata con la premessa di queste condizioni?
Prima di tutto: noi scriviamo canzoni che ci piacciono. Ma come dici tu, forse l’idea dell’enorme notorietà è obsoleta. Spero che non lo sia. La gente pensa che noi vogliamo raggiungere una celebrità fine a sé stessa. Non è così. Il succo del discorso è che amiamo la musica e siamo grati di essere qui. Al momento sono in cima al mondo.

Sembra che qualsiasi articolo sulla band crei un collegamento tra le qualità epiche e glamour della musica e il fatto che voi ragazzi proveniate da Las Vegas. Credete sia intenzionale?
Las Vegas non è più glamour. Quando guido lungo alcune strade della città, immagino l’era di Elvis e Sinatra. Quel periodo esiste ancora nella mia mente. Ora è tutto orientato verso il sesso. Ma l’altro giorno ho avuto un’illuminazione: non saremmo potuti esistere se fossimo stati di New York o Los Angeles. Saremmo stati così pieni di noi stessi. La gente di New York si crogiola nella loro arte. Las Vegas non ha tutto quell’indie. Abbiamo potuto fare quel che volevamo senza preoccuparci di essere fighi.

La tua prima band si chiamava Blush Response – è un nome terribile. Lo hai tirato fuori tu quel nome?
(Ride) Veramente a me quasi piace ancora! È un riferimento al film Blade Runner. È futurista, era il nostro tentativo di venir fuori con qualcosa sulla falsariga di Duran Duran.

I Blush Response erano l’inizio dei Killers?
No. Scorrevo gli inserti sulle band del Las Vegas Weekly e City Life. Rispondevo agli annunci e andavo a casa di questa gente e suonavo con loro. Dopo quattro o cinque false partenze ho incontrato Dave (Keuning, il chitarrista) ed abbiamo iniziato a suonare insieme. Mark (Stoermer, il bassista) era in una band chiamata Negative Ponies. Lui veniva a vedere suonare me e Dave e questa cosa mi stupiva molto. Non eravamo abituati a gente che ci dimostrava così tanto rispetto a Las Vegas. Ma Mark e Dave sono diventati amici e poi Mark ha iniziato a suonare con noi. La stessa cosa è accaduta con Ronnie (Vannucci, il batterista).

Il fatto che vi siete conosciuti per suonare insieme prima di diventare amici ha fatto si che il vostro approccio con la musica sia stato più indirizzato verso una carriera e meno come un hobby?
Sì. A volte mi rattrista il fatto di non aver vissuto l’esperienza di suonare con i miei amici. Molta gente dà per scontato che siccome siamo insieme in una band siamo grandi amici, in realtà ci stiamo ancora conoscendo. Sono più giovane degli altri tre. Sono fiducioso che l’imparare a conoscerci meglio aiuti a mantenere il tutto molto eccitante.

Hai dovuto imparare come si suona dal vivo? A volte sembri nervoso quando sei sul palco.
Certe serate mi sento come King Kong, altre volte mi sento come non appartenessi al palco. Sto lavorando per superare l’ostacolo che ho, il credere veramente che la gente sia venuta a vedere il nostro spettacolo perché gli piacciamo veramente. Quando abbiamo iniziato tutti ci odiavano a Las Vegas, quella sensazione non mi abbandonerà mai. Più sold out facciamo, più ho serate da King Kong, ma sento costantemente come se dovessi mettermi alla prova.

Avete ottenuto un contratto discografico piuttosto velocemente però, giusto?
Ci è voluto circa un anno, siamo stati rifiutati da un sacco di etichette. Sembra ridicolo ora ma suonavamo Mr Brightside, Somebody Told Me e Smile Like You Mean It per i capi delle etichette discografiche e loro ci rifiutavano. Ti dimostra quanto siano ignoranti alcune di queste persone. Dovrebbe essere una cosa semplicissima ingaggiare una band che suona canzoni del genere. Comunque ero ottimista. La mia frase preferita della canzone Forever Young degli Alphaville è “Hoping for the best but expecting the worst” (sperando per il meglio ma aspettandosi il peggio – ndt). Ero speranzoso ma pronto ad incassare qualche colpo.

Il tema della persecuzione viene fuori in molte delle tue canzoni. Come pure l’idea della rivelazione, visioni divine, trasformazioni spirituali. Queste stesse idee sono ovunque nel Libro dei Mormoni..
Non so perché stia venendo a patti con queste cose proprio ora, ma negli ultimi mesi…me lo chiedono in molti. Se fossi Cattolico, nessuno batterebbe ciglio.

A Bono viene chiesto della religione ogni volta.
Ok, però la gente mi guarda come se fossi un alieno quando mi chiedono del Mormonismo. È lì nella mia musica, è sempre stato lì. È ovviamente, è..uhm..è inevitabile.

C’è una similarità tra i tuoi sentimenti religiosi ed i tuoi sentimenti riguardo la musica?
È possibile. Penso al talento come a un dono di Dio. So che contraddice ciò che molta gente crede, ma è come la vedo io. Credo che i Beatles fossero destinati ad essere quello che sono stati, capisci? Quindi quando ascolto Paul McCartney penso “questa è la persona a cui Dio ha dato il dono che gli ha consentito di scrivere Let It Be.

Sei stato messo qui per essere una rockstar?
Non so. Ho le mie giornate.

Perché Dio ti ha dato i tuoi doni?
È qualcosa a cui penso: se Dio mi ha messo qui per essere o no una rockstar. Cerco di non chiedermi perché abbia scelto me e non qualcun altro. È per questo che è così frustrante per me quando la gente ci critica perché cerchiamo di essere importanti – per me la musica è incredibilmente importante. È per questo che voglio fare delle affermazioni grandi e audaci. Se ci riesca o meno sta a voi dirlo. Tutti diranno che non ci sono riuscito, ma vieni ad un concerto. La musica viene fuori a qualcuno.

Le tue influenze sono ovvie: Springsteen, New Order, U2. Ti preoccupi di portare qualcosa che sia abbastanza nuovo?
Non credo ci sarà qualche nuovo tipo di musica. Vuoi dire che il grunge sia stato l’ultima cosa grande, ma quelle erano solo canzoni pesanti. Forse i vestiti erano diversi ed i sentimenti erano specifici per la Generazione X, ma quel tipo di sound era stato fatto prima. Vuol dire che dobbiamo riesumarlo? No. Dobbiamo riprendere tutto dagli ultimi 50 anni e portarlo nel futuro. Day & Age suona come niente altro che è la fuori. Stiamo muovendo le cose in avanti.

Quali sono le maggiori influenze non musicali?
Mio fratello maggiore è stata una influenza. La sua camera era come un tempio, era completamente ricoperta da poster degli Smiths, Morrissey, The Cure. Non riuscivi a vedere un centimetro di tinteggiatura. Non mi era consentito entrarci, mi intrufolavo appena usciva. Era un mondo completamente diverso nella sua stanza. È lì che mi sono innamorato della musica.

Cosa pensa la tua famiglia del tuo successo?
Sono tutti eccitati, ho anche 4 sorelle. È strano – non vuoi che a tua madre e tuo padre piaccia la stessa musica che piace a te, ma quando sono entrato nel mondo della musica avevano già ascoltato tutto da mio fratello. Per me era molto bizzarro quando mia madre lavava i piatti fischiettando gli Smiths. Credo che alla fine sia andato tutto per il verso giusto.

Non eri preso dallo sport prima della musica?
Non ho paura di dire che ho praticato degli sport e che mi piacevano. Sono andato in palestra questa mattina.

Perché dovresti aver paura?
Questa è un’altra cosa, non è che viene fuori con molto musicisti. È strano. Per la maggior parte, se sei di orientamento maschile e sei cresciuto in America, c’è probabilmente una foto di te in una squadra di calcio o di pallacanestro. Ho fatto tutto ciò e mi è piaciuto.

Eri bravo?
Riesco meglio nella musica.

Quando hai iniziato a scrivere canzoni?
Avevamo un pianoforte in casa. Mia madre mi ha fatto prendere lezioni quando avevo 6 anni. Ma non ho mai studiato canzoni pop. Scrivere canzoni non mi è mai passato per la testa.

Quando invece ti è passato per la testa?
È stato un uomo rosso di capelli, selvaggio, eccentrico da Washington ad aprirmi la mente.

Chi era?
Si chiama Trevor. Lavorava in un posto a Las Vegas chiamato Stallion Mountain. Non avevo mai incontrato qualcuno come lui prima. Faceva musica e cortometraggi. Avevo 18 anni e non ero mai stato ad un concerto locale. Gli piaceva tutta la musica che piaceva a me: Frank Sinatra, il Britpop ed adorava Bowie. Ero molto restio a fare musica all’inizio e lui mi ha incoraggiato ad essere creativo. Non mi era mai passato per la mente che potessi fare dell’arte prima di incontrare lui.

Siete ancora in contatto?
Sparisce, lui è così. Penso che sia nel Nord Ovest, nella costa del Pacifico. So che un giorno comparirà alla mia porta e sarà come se non fosse mai andato via.

Hai 27 anni adesso. È l’età in cui –
Ho quell’età vero? È nel mio cervello che sono in quell’età in cui, se sono bravo come Springsteen, Bowie o Morrissey, dovrei tirare fuori le cose migliori. Questo è il problema con la storia. I fatti sono lì per sfidarti.

Beh, 27 è anche l’età in cui le rockstars muoiono.
Allora meno male che l’album è già uscito. Mi fa venir voglio di andare avanti. Sento come se la lampadina stesse per scoppiare.

E poi cosa accadrà?
La gente è così spaventata da quella che io chiamo “grandezza sofisticata”. Pensano che sia impossibile che tu possa vendere un sacco di dischi ed avere un briciolo di cervello, ma noi lo stiamo facendo. Qualcosa di importante nella musica è già accaduto prima, ed ora qualcosa di importante sta accadendo di nuovo. Alla fine, tutti dovranno accettare questo fatto. Ma c’è qualcos’altro che voglio elaborare.

Certo, vai avanti.
Si parla molto del fatto che sia un Mormone. È un territorio inesplorato per molta gente. Non lo capiscono. Quando ho detto che Paul McCartney ha un talento ricevuto da Dio..prima di tutto, è solo un termine. Ma penso che tutti abbiano un dono. Mi hai chiesto se io sia stato messo qui per..non penso sia stato messo qui per essere una specie di Messia della musica. Sono grato per il dono che ho e cerco di utilizzarlo al meglio delle mie abilità. Non voglio che venga fuori come se io pensassi di essere questa cosa magica.

Cosa vorresti che la gente sapesse di più di te?
Vorrei che la gente lasciasse da parte i preconcetti sulle giacche che ho indossato o l’eyeliner che ho messo e che ascolti solo le mie parole. Ci sono alcuni testi di cui sono orgoglioso che non hanno ricevuto per niente attenzione. Credo ci voglia tempo.

Canti delle canzoni dei Killers a tuo figlio prima di metterlo a letto?
Diciamo solo che non è che canti Celine Dion.