Skip to main content

Noisey [03-10-2016]

Abbiamo raggiunto la band a Las Vegas per celebrare, riflettere e festeggiare. In più vediamo com’è la situazione del loro prossimo album.

Mentre combatte contro i venti che soffiano lungo la Flamingo Highway,la mia tassista senza denti mi dice che la prima volta per lei a Las Vegas è stata nel 1968. “Sono vecchia,” dice ridacchiando. Il tempo non ti è amico a Las Vegas. Forse è per questo che è così difficile sapere che ore sono, si sa che i casinò sono – intenzionalmente – privi di orologi o finestre. Il passare del tempo non è ciò che Las Vegas sceglie di incoraggiare. Nessuno dovrebbe invecchiare, nessuno dovrebbe ricordare. Non ci sono ricordi perché quello che succede a Las Vegas…sapete come finisce. Il sole è alto o basso, e se vi trovate dentro al Caesars Palace a fissare il soffitto, il cielo è sempre nuvoloso con leggera possibilità di pioggia.

Sam’s Town, il secondo album dei Killers, che ha preso il nome dal Sam’s Town Casino & Gambling Hall, si incentrava su temi che toccavano lo stile sbiadito, i pericoli dell’invecchiamento e l’imparare e confrontarsi con le conseguenze della vita. “Perché vuoi andare fino al Sam’s Town?” chiede la tassista mentre tossisce come un tipico fumatore, mentre guida quasi 12 miglia lontano dalla Strip verso le aree paludose. Quando Sam’s Town è stato pubblicato dieci anni fa, il 3 Ottobre 2006 (data di pubblicazione negli Stati Uniti, ndt.), ha preso il nome dal posto che si trovava dall’altra parte della strada rispetto a dove aveva vissuto il frontman Brandon Flowers. L’album non era stato registrato lì, ma nello studio ai piani bassi del sensuale hotel Palm’s, più vicino alla Strip (si, c’è uno studio nei meandri dell’hotel). Sam’s Town non è sensuale. Ha uno stile country e western, con vivaci bar in stile saloon, una vecchia sala da bowling e il grande busto di un uomo chiamato Sam Boyd proprio all’entrata. Nell’atrio c’è una foresta di foglie e uno spettacolo ad ogni ora, una cascata, un orso animatronic, e un’aquila calva. Al piano superiore le slot machine sono occupate in anticipo da signore attempate con tinta capelli tendente al blu. Fanno un’eccellente zuppa di vongole in stile New England, secondo la tassista. “Oh i Killers! i Killers!” dice. “Si, sono una band di Las Vegas, lo sa?”

L’idea di essere una band acclamata internazionalmente è in contrasto con Las Vegas. Questo è soprattutto dovuto al fatto che qualsiasi cosa di remotamente inerente al mondo dell’intrattenimento è legata alla Strip. Las Vegas non fa da ammortizzatore per chi vuole uscire dai suoi confini. Per un unico fine settimana, l’insegna che si vede arrivando al Sam’s Town Casino è dedicata ai Killers, che Brandon ricorderà poi essere stati definiti a quei tempi “La miglior band britannica mai venuta dall’America.” Su un’insegna vecchio stile con lampadine ad intermittenza si leggono le parole “BUON ANNIVERSARIO! BENVENUTI ALLA KILLERS DECENNIAL EXTRAVAGANZA!” L’idea di una band è così antitetica rispetto a Las Vegas perché nelle band bisogna investire, non si basa tutto solo sulla fortuna. Possono averla per una manciata di singoli, poi la cosa diventa più difficile. I Killers non si sono di certo dati una mano quando hanno pubblicato il loro album di debutto, Hot Fuss, nel 2004, annunciandosi come anglofili amanti della new wave per mezzo di un album che sembra quasi un Greatest Hits.

Allora Brandon aveva 24 anni, il più giovane e slanciato dei quattro moschettieri salvatori della musica indie disco, assieme a Ronnie Vannucci Jr. (batteria), Mark Stoermer (basso), e Dave Keuning (chitarra). Le persone si chiedevano se avrebbero potuto competere con gli Strokes. Adesso si chiedono se possono raggiungere gli U2. Sam’s Town è forse la ragione di ciò. Ha rivelato una sorprendente ambiziosità priva di ogni catena, il recupero di una identità alla Yankee Doodle Dandy (riprende il titolo originale del film ‘Ribalta di Gloria’, ndt.). Hot Fuss Mk II avrebbe venduto molto più facilmente, particolarmente se si pensa ai critici (è risaputo che Rolling Stone gli abbia dato due stelle). Eppure, il quartetto ha prodotto Sam’s Town, un album rock in stile vecchia America. Hanno cambiato i vestiti, sono stati fotografati da Anton Corbijn, poi hanno portato questo classico del rock moderno Americano in tour per il mondo durante la presidenza di Bush. “Ogni settimana viaggiavamo in Paesi diversi, adoravamo questa cosa. Ma mi ha anche fatto venir voglia di guardare dentro me stesso,” dice Brandon più tardi questa sera. “Ho scoperto che le mie radici erano più profonde di quanto mi aspettassi.”

Questo fine settimana l’insegna del Sam’s Town potrebbe benissimo essere sostituita da una con su scritto The Killers Hotel. Venerdì 30 Settembre e Sabato 1 Ottobre verranno celebrati 4 ragazzi nati e cresciuti qui. Il cinema avrà film scelti da loro (inclusi Bella in Rosa e Le Ali della Libertà). I casinò mandano a tutto volume i loro successi. C’è un negozio di merchandise, con un’ariete seduto sotto un neon con scritto The Killers. L’ariete è in prestito dal Museo Statale del Nevada. Ci sono cocktail a tema Killers, chiamati Bling, Read My Mind, e Uncle Jonny. Nonostante in quest’ultima canzone si parli di pazzia alimentata da cocaina, la bevanda è strettamente bourbon e succo di arancia.

Nei corridoi ci sono orde di fan dei Killers, qui per godersi i pacchetti VIP tra una puntata e l’altra alle slot machine. Il pacchetto include un tour in bus della Las Vegas dei Killers, una copia autografata della ripubblicazione di Sam’s Town in vinile, un set acustico a bordo piscina a ora di cena, e poi i biglietti al concerto vero e proprio: Sam’s Town suonato dall’inizio alla fine per la prima volta in assoluto. Tutti i ricavati vanno a due organizzazioni di beneficenza locali che si occupano dei senza tetto e del recupero dei tossicodipendenti. Dietro le quinte, nei camerini, Ronnie lo descrive come “un cinque alla nostra città natale.”

“Tutto è iniziato con, ‘Dovremmo suonare nel parcheggio del Sam’s Town!'” dice Ronnie ridendo. “Poi il sogno è esploso in qualcosa ancor più insensato.” Camminando a larghe falcate lungo il corridoio con Brandon al fianco, Ronnie, il cuore scherzoso battente della band, sta facendo degli esercizi vocali. “Chyyyyna! Chiiiiina! Meus-lim, MOOOSLIM. Chi-na!” Ha scavato nel suo vecchio armadio per questa occasione. Noto la piuma molto da cowboy sul bavero. “Questa è la giacca dal video di Bones,” dice sorridendo, allontanandosi dal resto del gruppo. “Eravamo li poco fa a dire, ‘Cazzzzooo. Sono già 10 anni?’ E Mark è entrato e ha detto, ‘Si, siamo diventando fottutamente vecchi.’” Il Sam’s Town è vecchio quasi quanto Ronnie. “Ho 40 anni,” dice. “Questo posto è qui da sempre. Puzza ancora di merda di cavallo. O forse sono io.”

Sam’s Town è arrivato in un momento in cui l’America sembrava ridicola tanto quanto i baffi da poco cresciuti della band. È strano rivisitare quell’album adesso, quando l’America, dal di fuori, sembra di nuovo piuttosto cartoonesca. La band ha già parlato in passato di quanto si sentissero estranei in Europa in quel periodo. “Ci sentivamo molto lontani da casa, e molto Americani. Hot Fuss non è stato un successo arrivato da un giorno all’altro,” spiega Ronnie. “Il primo anno che lo abbiamo portato in tour abbiamo imparato il mestiere. Non credo che guadagnassimo più di 110$ a concerto. E poi ne abbiamo ottenuto uno per 15.000$ e abbiamo pensato, ‘Si! Adesso possiamo pagarci il pullmino!'” È d’accordo sul fatto che è di nuovo un periodo preoccupante per essere Americani. “Non so se sono solo io che sto invecchiando ma sembra che ogni cosa nel mondo si muova velocissima. Ancora non siamo riusciti a riprenderci. Questa settimana mi pareva di vedere un dibattito da prima superiore.” Sta ovviamente facendo riferimento al primo dibattito serale tra Trump e la Clinton lo scorso lunedì. “Abbiamo perso la nostra classe, mio dio. So che ci sono cose importanti da tenere sotto controllo ma troviamo di nuovo qualcuno di classe!”

In retrospettiva, Sam’s Town è il mio album preferito dei Killers perché è rabbioso, insensato nel suo ordine e contiene la loro canzone migliore, “Read My Mind.” “Credo che sia anche il nostro,” dice. “È stato l’album più coraggioso che abbiamo fatto. Stavamo allungando i nostri muscoli musicali, suonando ogni giorno, scrivendo canzoni durante i soundcheck.” Metà di Sam’s Town erano canzoni scritte nei soundcheck, incluse “This River Is Wild,” “Why Do I Keep Counting?” e “When You Were Young.” “Non abbiamo progettato di avere barba e sembrare dei cowboy. Ci è cresciuta la barba perché eravamo in studio 14 ore al giorno a scrivere canzoni e a non uscire neanche per respirare.” Dopo essere diventati superstar di stile internazionali, i Killers hanno finito il tour e si sono tolti la maschera a Las Vegas. Assieme ai produttori britannici Flood e Alan Moulder hanno creato la magia al Palms. “È stato forse l’album che più ci siamo divertiti fare,” dice con un sorrisetto.

Ho sentito delle voci su quelle sessioni ma per mantenere un certo stile lasciamo il tutto alla vostra immaginazione. Registrare un album in un casinò a Las Vegas per tre mesi—tre mesi—porterebbe comunque a una memoria un po’ offuscata. “Eravamo come bambini in un negozio di caramelle,” dice Ronnie. “Non avevamo mai usato uno studio di registrazione vero. Flood e Alan—vivevano nell’hotel, ha! Due piani sotto di noi c’erano una macchina per gelati, un fottutissimo buffet, slot machine, e tette e culi ovunque. Tutti erano pronti al nostro servizio. Che album completamente fuori di testa.”

Nonostante il servizio non stop di gelato, non è un ascolto particolarmente leggero: tutto disperazione, morte, e tasse. “C’erano brutte situazioni nelle nostre vite, sai. Siamo cresciuti molto in quei due anni. Nessuno ne parla. Se non sei strafatto ci sono tantissime cose da imparare quando si viaggia oltre oceano per la prima volta, si ha a che fare con le persone del mestiere, si impara che la medaglia ha sempre due facce. Se ci sei con la testa, impari molto. Io ho imparato tantissimo. Tutti lo abbiamo fatto. E questo ovviamente è venuto fuori nelle parole.”

All’improvviso una figura entra di colpo. “Fuori dal mio camerino! Devo vestirmi,” dice Brandon, agile sui suoi piedi come i campioni dei pesi leggeri. “Come va? Tutto bene? Io sono agitato.” Ronnie lo abbraccia. “Cazzo si, è agitato,” dice Ronnie. “Hey bella, hai bisogno di calzini o biancheria intima? Abbiamo una valanga di calzini qui dietro…”

Mentre la torrida luce del Nevada si trasforma in un pericoloso tramonto, c’è una festa privata in atto nella piscina. Uno stupido DJ spara a tutto volume una versione house di “Hotel California” degli Eagles combinata ad altra musica da far venire mal di testa. Il pubblico è sollevato nel vedere i loro eroi che si avvicinano al palco per suonare un set acustico di due canzoni (“Smile Like You Mean It” e “Change Your Mind” da Hot Fuss). Nel pubblico c’è la cantante-compositrice Felice LaZae, la donna fotografata come miss in bikini sulla copertina di Sam’s Town. È qui perché più tardi salirà sul palco e si sente un po’ emotiva. Quando i Killers stavano registrando al Palms era un’ingegnere dello studio da poco laureata, ed è finita a passare molto tempo con la band dopo la fine delle giornate di lavoro. “Andavamo a concerti a Las Vegas assieme dopo le sessioni: Depeche Mode e Nine Inch Nails. Siamo diventati amici.”

Quando stavano preparando l’album, il product manager della band ha chiamato Felice e le ha chiesto se le sarebbe piaciuto guidare nel deserto con Anton Corbijn ed essere fotografata per la copertina. “Mi hanno chiesto se mi andava bene essere fotografata in bikini, e mi sono fidata di loro. E un mese più tardi mi hanno detto che era la copertina!” Molto è successo nei suoi dieci anni—l’esperienza l’ha portata a iniziare un suo progetto musicale. Incontrandosi qui con Brandon dice che le ha confessato che gli sembra siano passati solo due anni dalla pubblicazione di Sam’s Town.

Di sicuro si esibisce come se fossero passati solo due anni. Il concerto è 105 minuti di giubilo, coriandoli e l’elegante ricercatezza tipica dei Killers. “Siamo qui per festeggiare,” dice Brandon, riscaldando l’atmosfera con due encore che includono “Human,” “Jenny Was a Friend of Mine,” “Mr Brightside,” e la raramente suonata “Under the Gun.” Sam’s Town si muove dall’inizio alla fine “come un film”, come Ronnie mi aveva detto prima. Dalla mossa iniziale con “We hope you enjoy your stay, it’s good to have you with us even if it’s just for the day,” alla frase visuale “I see London! I see Sam’s Town!” c’è tutta la pazzia e la confusione di una band che aveva fatto il passo più lungo della gamba. In un’intervista del 2006 con Blender, Brandon aveva preceduto la pubblicazione così: “La gente pensa che sia una cosa pretenziosa da dire, ma ho guardato a [Born To Run] e a Hunky Dory, e Springsteen e Bowie avevano 24 anni quando li hanno fatti. E ho pensato, ‘Devo alzare l’asticella.’”

Da allora hanno raggiunto un autocontrollo altisonante. Ma dietro le quinte più tardi mi chiedo cosa ne pensa Brandon oggi di quella e altre simili affermazioni. “Ho anche detto che era ‘uno degli album migliori degli ultimi 20 anni’ prima che fosse nemmeno pubblicato.” È vero, lo ha detto. “Ti confesso un piccolo segreto,” dice. “Tutte le band sanno nel profondo del loro cuore che il loro album è il suono migliore che possa graziare la terra dal momento in cui Dio ha pronunciato la frase ‘E luce sia.’ Nel 2006 ero abbastanza scemo da condividere quell’informazione con i giornalisti musicali.”

Brandon è ancora legato ai testi. È strano pensare che abbia scritto “For Reasons Unknown” (“And my lips, they don’t kiss / They don’t kiss the way they used to”) ad un’età così spensierata. “Adesso le relaziono con ancora più esperienze di vita!” dice. “Alcune canzoni hanno assunto un nuovo significato.” La sua canzone preferita di questa sera è “Read My Mind.” “Forse è la mia canzone preferita dei Killers in assoluto. Ha una serietà che non si sente adesso in radio. Ero ad un momento decisivo della mia vita: 24 anni, mantenere il passo con il ventunesimo secolo. Puoi prendere e scegliere le lezioni che hai imparato crescendo da portare con te nell’età adulta. Riuscire a portare quella lotta interiore nell’album è stata una vittoria per me.”

Ripensando a “Why Do I Keep Counting?”, con il suo urlo a mezz’aria “Help me get down / I can make it help me get down,” mi chiedo se Brandon abbia ancora la paura di volare di cui era solito parlare. “Non più così tanto,” dice facendo un sorriso. “Con un po’ di terapia tutto è possibile.”

È sempre un incontro di famiglia e amici nei backstage dei Killers. Il papà di Ronnie Vannucci—Ronnie Vannucci—va in giro sorridendo. Alan Moulder sta parlando con la crew e la band. Tutto è andato perfettamente, un sollievo se si considera che erano anni che non suonavano metà dell’album. Ovviamente hanno fatto pratica nelle ultime settimane, prendendosi una pausa dal lavoro regolare. Riascoltare quell’album ha dato loro alcuni trucchetti da rivalutare mentre lavorano al loro quinto album, che stanno scrivendo da un anno e hanno composto quasi completamente. Ronnie rassicura che le canzoni hanno ancora spazio per “evolvere.” Dice che hanno portato in studio un sacco di cose nuove: timpani, un marimba, un glockenspiel, un ehru cinese.

“Non abbiamo usato molte click track (tracce usate per sincronizzare, ndt.), o modifiche o altro ancora quando stavamo registrando Sam’s Town,” dice Ronnie. “Eravamo solo noi in una stanza.” Oggi loro quattro potrebbero fare un album dai quattro angoli della terra senza mai vedersi, se volessero. “Ci sono molte idee e teorie dal periodo di Sam’s Town che credo torneranno fuori,” aggiunge. “Ci immergeremo inconsciamente in quel vecchio modo di fare. La vecchia atmosfera.” Di recente hanno lavorato una settimana in studio con il produttore Jacknife Lee [U2, R.E.M., Bat For Lashes]. “Credo che ti stia dando l’esclusiva. È forte. È come se fosse un appuntamento tra noi e lui per ora. Tutti noi. Chi bacia meglio, Jacknife? Per ora va tutto bene. Lo amo.”

Anche se ci fossero altri racconti scabrosi da Las Vegas da divulgare non potrei farlo. Il tempo ha già dimenticato, che è un modo un po’ pretenzioso per dire che ho bevuto troppo, ho mangiato troppa poca zuppa di cozze e ho vomitato nel camerino della band. Per motivi sconosciuti, il mio fegato non beve come sapeva fare.

Anche quando ci metti il tuo meglio per sconfiggerla, superare Las Vegas è come correre all’indietro su un tapis roulant: alla fine soccombi a questo mostro malvagio. I Killers, però, non lo hanno mai fatto. In precedenza Ronnie aveva detto che è disgustato dalla Vegas vera e propria. “Vegas è questa strana dicotomia di periferia ed eccesso, ma nei sobborghi è bellissimo. Puoi montare in macchina con me— una Truck Norris—e guido per 45 minuti dove sto costruendo la mia piccola casetta nei boschi. Ti sembrerà di stare nel Nordovest Pacifico o nello Yosemite o altri posti simili. Ti giuro che non so nemmeno come si gioca d’azzardo.” Divertente questa cosa. La maggior parte delle persone lascia questa “two horse town” al verde. I Killers sono rimasti, con la cassa piena.

FonteNoisey

FOTO—ROB LOUD