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Esattamente quattro anni fa, alla fine del concerto agli I-Days, Ronnie aveva promesso che avremmo dovuto aspettare solo due anni per vederli di nuovo, e così sarebbe stato se non fosse arrivato il Covid, che ne ha aggiunti altri due. Ma questo ritardo ci ha regalato il secondo concerto di seguito nel giorno del solstizio d’estate, quello con più ore di luce dell’anno, nonché, ovviamente, il compleanno di Brandon.

Togliamoci subito i sassolini dalla scarpa. Ci avrebbe fatto piacere un concerto più lungo? Sì, ovvio, chi mai non vorrebbe. Ci avrebbe fatto piacere sentire più canzoni dagli ultimi due album? Sì, anche se Brandon dice che Pressure Machine non è adatto ai grandi concerti, alcune delle canzoni non avrebbero sfigurato. Tutto questo ha sminuito l’esperienza di gioia e anche liberazione nel vederli di nuovo dal vivo nello stivale? Per noi assolutamente no, perché riescono sempre e comunque a tirare fuori il proverbiale asso nella manica, tanto per rimanere in tema Las Vegas, che fa dimenticare qualsiasi altra ‘mancanza.’

L’ippodromo di San Siro non è evidentemente la stessa ambientazione nobile dello stadio che porta lo stesso nome, e in cui la stessa sera suonavano i senatori del rock classico. Ma data la storia della band in Italia, sembra essere la loro location preferita (a quello di Capannelle a Roma hanno suonato tre volte!).
L’organizzazione delle file è stata come al solito in tipico stile italiano, cioè inesistente fino a metà pomeriggio, quando, da quanto ci è stato detto, la sicurezza ha cominciato a posizionare le transenne per separare le due code per il gold circle e il posto unico. L’ora di entrata però è stata più o meno rispettata e senza particolari patemi i fan hanno cominciato a popolare le due zone in cui è stato diviso il prato dell’ippodromo.

Dopo circa mezz’ora sono saliti sul palco i The Lathums, gruppo di Wigan i cui chitarrista, cantante e bassista pareva avessero appena finito le superiori. Nonostante fossero conosciuti solo dai loro connazionali presenti, sono riusciti a movimentare l’atmosfera con il loro sound tipicamente inglese. Evidentemente siamo stati un buon pubblico perché, oltre a ripetere ‘thank you very much’ con spiccato accento mancuniano alla fine di ogni canzone, ci hanno ringraziati per l’inaspettata accoglienza ricevuta sulla loro pagina facebook.

Mentre alcuni erano ancora alla ricerca dell’entrata giusta (vedete a non leggere le nostre indicazioni, eh?), è iniziata l’attesa per le nove, ora prevista di arrivo sul palco dei Killers. Forse li abbiamo contagiati con la nostra tipica mancanza di puntualità, sta di fatto che si sono fatti aspettare, ma una volta arrivati, le note iniziali di My Own Soul’s Warning e l’esplosione di coriandoli hanno dato il via al concerto.

La combo Enterlude e When You Were Young è sempre un colpo al cuore, soprattutto per chi, come noi, ha avuto la fortuna di vederli durante il Sam’s Town Tour, e anche senza Sam’s Town in apertura per completare la triade perfetta.

Milano, look around you!
Ain’t nobody in isolation tonight!
This is a super spreader event
We’re spreading peace
We’re spreading love
And we’re spreading rock’n’roll

— Brandon introducendo Jenny Was a Friend of Mine

C’è poi un susseguirsi delle loro canzoni più conosciute sia vecchie, come Jenny Was a Friend of Mine, Somebody Told Me, Smile Like You Mean It e Spaceman, sia più recenti, ma neanche tanto, come Shot at the Night.

E poi il genio. Mentre partono i cori di auguri a Brandon, un ragazzo propone di dargli 20€ per suonare This River is Wild. Dopo aver verificato che non gli venisse rifilato un falso, Brandon ha esaudito la richiesta, con estrema gioia da parte di molti. Il lato negativo di tutto ciò? In setlist a quel punto era prevista In the Car Outside, l’unica canzone di Pressure Machine..o per lo meno lo era in alcune delle setlist cartacee (grazie mille a Steven per la nostra), ma non in altre, quindi probabilmente non sapremo mai se l’avremmo sentita in mancanza di questa richiesta.

Scarica il pdf della setlistScarica il pdf della setlist

A questo punto il momento accendino moderno del concerto: Brandon ci chiede di accendere la luce del cellulare e dedica A Dustland Fairytale a sua moglie e ai suo figli, le persone che per lui rappresentano la luce.

We all get our light from somewhere, and for you it may be different than where it comes for me.
I want everybody to think about where they get their light from.
Tonight I’m gonna think about my wife and my children

— Brandon introducendo A Dustland Fairytale

Poi nel finale si avvicina a Ted, portandosi un foglio che appoggia per terra. La domanda che sorge spontanea a chi sa che quello è il momento cover è: aiuto, cosa mai potrà cantare qui da noi? L’ultima volta che l’aveva fatto era stata scelta la versione inglese di Nel Blu Dipinto di Blu, stavolta no, si tratta proprio di una canzone italiana, Ti Amo di Umberto Tozzi.

La reazione del pubblico alle prime parole è di sorpresa e ilarità, soprattutto perché Brandon stesso rideva mentre tentava di azzeccare la pronuncia per niente facile in una lingua a lui sconosciuta. Ci siamo sentiti un po’ come i genitori alla prima recita scolastica del proprio pargolo, che si vede essere emozionato ma ce la mette tutta per sbagliare il meno possibile.

Bravo Brandon, e sembra che anche Umberto Tozzi abbia apprezzato l’omaggio, visto che ha condiviso le storie in cui era taggato nel suo profilo instagram.

Trascrizione fonetica di Ti Amo
Foto—Gessica Piacquadio

Da li in poi è una serie di canzoni da cantare a squarciagola: Runaways, Read My Mind e Dying Breed, con le luci di Las Vegas proiettate sul maxischermo. Poi una versione rivisitata di Rut che segue in Caution, con annessa pioggia di fuoco dall’alto e dal basso mentre Ted si dedica all’assolo di chitarra.

La prima parte della scaletta si conclude con l’immancabile, il coro per eccellenza, quello di All These Things That I’ve Done. Ad un certo punto Brandon scorge nel pubblico qualcuno con la maglietta dei Rolling Stones, e lo ‘sfida’ dicendogli di ascoltare il nostro coro. Ovviamente non ci siamo fatti pregare.

Pochi minuti di pausa e compare sul maxischermo il Davide di Michelangelo, sfondo all’arrivo di The Man e un’esplosione di coriandoli rosa, che verranno accompagnati poi da banconote da un milione di dollari con il volto di Brandon e Ronnie. Magari non riusciremo ad usarle per mettere il ‘gas in the tank’, ma sono un bel souvenir da incorniciare.

Le ultime due canzoni sono forse le più conosciute in Italia. La prima è l’unica ad essere riuscita ad arrivare al numero uno delle canzoni più trasmesse dalle radio italiane a inizio 2009, l’altra è LA canzone dei Killers. Una è Human, l’altra è Mr Brightside, che per fortuna non si è limitata ad essere la versione tunz tunz del Jacques Lu Cont Remix, ma è poi esplosa nella versione originale che toglie qualsiasi inibizione che fosse ancora rimasta fino a quel punto.

Come sempre Brandon è il primo che esce dal palco, grondante di sudore e ancora con la giacca addosso nonostante il caldo, mentre Ronnie continua a pestare forte sulla batteria, poi lancia le bacchette, si avvicina al microfono a fronte palco, manda baci alle prime file e ci saluta con un ‘Ti amo.’

Dalle prime file possiamo dire che Brandon ci è sembrato super carico, divertito e sorridente, non si è risparmiato, come neanche noi vista la mancanza di voce a fine concerto.

Alla prossima, ragazzi dalla città del peccato!

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P.S. Un ringraziamento al cameraman che si è soffermato sul nostro cartello a fine concerto.

Il nostro cartello a fine concerto
Foto—Anita Chioccarelli