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The Big Issue [18-09-2017]

Sono passati cinque anni senza i Killers. Ma il rock’n’roll aveva bisogno di sesso e salvatori, e quindi rieccoli qui. Terry White parla con il frontman Brandon Flowers

Brandon Flowers è in mutande. Non pantaloni. Proprio in mutande. Anche se, ad essere sinceri, sono mutande comode. Slip, in realtà. Comunque sia siamo un po’ scioccati che si sia tolto i pantaloni in modo così tranquillo e disinvolto, per cambiarsi nel camerino improvvisato alla nostra sinistra. Perché anche se Brandon Flowers – frontman dei Killers – è una vera e propria rock star, rappresenta anche il più grande enigma del rock’n’roll. Mormone, padre, marito, tradizionalista e roteatore pelvico. Un uomo che chiaramente – senza cadute o sbuffi come il suo frivolo compagno – svuota con regolarità e attenzione il contenuto della sua mente. Si ha la sensazione che giochi con il personale, il musicale, il politico, lo spirituale; che li passi da una mano all’altra, cercandone il significato.
Quando ci parliamo assieme in uno studio a Nord di Londra, è passata solo qualche settimana da quando i Killers hanno suonato un concerto a sorpresa a Glastonbury e un tutto esaurito ad Hyde Park nel giro di qualche giorno per promuovere il nuovo album, Wonderful Wonderful. Flowers, 36, è ancora sorpreso dal sollievo che deriva dal sapere che: hey, potete anche essere stati lontani per cinque anni (la band – lui ha pubblicato un album solista nel periodo di pausa), ma ci piacete ancora. In realtà, se si butta un occhio alla scena rock del 2017, potremmo anche azzardare a dire: diamine, abbiamo bisogno di voi.

Come credi sia cambiata la musica dall’ultimo album dei Killers?
È cambiata molto. Non mi pare ci sia davvero spazio per una band cresciuta con la stessa musica con cui sono cresciuto io. E fa schifo, credo. Noi siamo davvero fortunati. Siamo riusciti a bloccare la porta ed entrarci all’ultimo secondo. Non so come una band come noi ne avrebbe l’opportunità adesso.

Cose ne pensi del rock’n’roll nel 2017?
Beh [ride]. Questa è difficile. È difficile rispondere senza sembrare cinico. Le prospettive sono cupe…[si ferma, ride]. Non sembra in buono stato. Ma non saprei dirti di chi sia la colpa, nemmeno se sia delle band. Certo, le band devono scrivere canzoni migliori. È innegabile, se lo fai nel modo giusto.

È ancora in vita? O tenuto in vita artificialmente?
Sta cuocendo a fuoco lento, forse. O è un po’ dormiente adesso, di sicuro. Ma qualcuno deve dare ossigeno a quelle braci. Ci saranno sempre.

Il rock’n’roll è ancora sensuale?
Il lato sensuale del rock’n’roll è stato dato in mano al rap e all’hip-hop. E sembrano essere più proficui, freschi e progressisti di quanto il rock non sia da un po’.

Quindi che ruolo giocano i Killers in tutto ciò nel 2017?
Stiamo iniziando a capire quale sia il nostro ruolo e le tradizioni venute prima di noi. Quindi noi, in qualche modo, ne sventoliamo la bandiera e ne siamo i tedofori.

Ma in ogni caso avete bisogno di persone che vi seguano, no?
Sì, c’è bisogno di altri oltre a noi!

Le persone parlano della sessualità ma poi ci sono persone come Ed Sheeran, che è un uomo d’affari. Rispettate questa cosa?
Certo. Un tempo c’era spazio per tutti. Il problema è che ho la sensazione che adesso non ci sia più spazio per tutti. O sei stra famoso o fatichi. È una situazione frustrante. Non ho risposte a riguardo.

Qual è il ruolo di un frontman se non ci sono altre band che sfondano? È ancora un ruolo importante?
Certo…È un dovere… [ride]

Beh, sarebbe un male se dicessi di no…
Spero di non suonare arcaico. Ma ci sono delle tradizioni che funzionano. Sono cresciuto amando i frontman. Ero attirato da quello che i frontman facevano e da quello che cantavano e che aspetto avevano. Quindi credo sia molto importante. Sarebbe noioso se non ci fossero persone come me [ride].

Essere un frontman è un’arte? E se sì, tu come hai imparato?
Io avevo una decina circa di persone nel mio radar come frontman, ho assorbito da loro è ho passato il tutto attraverso la strip di Las Vegas. E questo è il risultato!

Chi sono?
È iniziato tutto con Morrissey. Mio fratello portava Morrissey Live in Dallas da guardare a casa. Era il pinnacolo di ciò che un è frontman. E poi si impara, se ne seguono altri – David Bowie, Dave Gahan poi Bruce Springsteen. E Elvis Presley più avanti. Dico alle persone che in realtà sono solo un celebrato imitatore di Elvis.

Quindi, si tratta di vestire i panni di un personaggio?
Sì. Mi piace questo rituale e l’entusiasmo di prepararmi per un concerto. È parte del mio lavoro adesso ma mi fa partire con il piede giusto.

Parliamo di The Man, in cui interpreti diversi ‘tipi’ di uomini
Beh, volevamo fare un album più maturo. E per mettere assieme tutti i pezzi del puzzle sono dovuto tornare indietro e rimettere i panni del me 22enne.

Com’è stato?
È stato facile, in realtà! È ancora in agguato. Non è lontano [ride]. Il video [in cui Flowers interpreta uno scommettitore, un cantante, un cowboy]…avevamo un po’ paura che le persone non lo avrebbero capito, e avrebbero pensato che non fossi sincero. Ho incontrato persone che hanno visto il video e ancora non capiscono, ancora pensano che io sia pieno di me…

Com’eri a 22 anni?
Ero critico nei confronti delle altre persone e pensavo di essere speciale. Non ero gentile quanto avrei dovuto essere. E con il tempo, avendo avuto dei figli, esperienze di vita, la mia visione della mascolinità, e di quello che significa essere uomini, è cambiata.

Che influenza ha avuto l’essere marito e padre?
Mi ha fatto avere più empatia – per chiunque. Di solito ero molto critico. È una cosa a cui sto ancora lavorando. E poi avere mia moglie; ha avuto una serie di problemi nella sua vita – forse i primi tempi non ero compassionevole e saggio quanto avrei avuto bisogno di essere per lei. E ci è voluto del tempo perché lo diventassi.

Credi che sia drammaticamente cambiato il significato di essere un uomo?
Sì. Sta cambiando. Credo ci siano ancora dei ruoli specifici. Non credo dovrebbe essere condannata la possibilità di vederci in ruoli differenti in casa o in situazioni familiari. Ma sta cambiando in meglio e gli uomini sembrano essere più coinvolti con i loro figli, una cosa che non può mai essere negativa.

Essere credente ha cambiato il modo in cui ti vedevi come uomo?
Probabilmente sì. Credo che sia forse esagerato dire che c’era una biforcazione sulla mia strada, ma sicuramente ad un certo punto ho dovuto decidere che direzione prendere. E una volta che ho deciso – ma specifico che non ho mai smesso di credere in Dio – che sarei stato più devoto, andare verso quella direzione è diventato molto più chiaro e facile, e sono grato di averlo fatto.

Nella canzone Tyson vs Douglas [sulla scioccante sconfitta di Mike Tyson ad opera di Buster Douglas nel 1990], ragioni sulla fallibilità. Gli uomini adesso sono più bravi a parlare della vulnerabilità?
È una cosa che sta succedendo davvero ed è bello. Forse il modo in cui sta cambiando mi ha aiutato a darmi il permesso per farlo. Vedevo Mike Tyson come perfetto. Credo che la mia visione del mondo sia cambiata quando è stato messo al tappeto. Quando dici Tyson contro Douglas, io riesco a vedere il salotto in cui ho visto l’incontro e ci penso sempre. Così ho deciso di esplorarlo. Mi piace come il cerchio si chiuda nel terzo verso, in cui ipotizzo di avere un figlio della stessa età che avevo io quando si è tenuto l’incontro. Ho capito cosa volevo esprimere, e cioè che non voglio cadere di fronte ai miei figli. Cosa che credo molti padri e mariti fanno di fronte alle loro famiglie. Quindi forse mi sta aiutando a restare dove devo restare.

Devi essere cosciente dell’uomo che diventerà. Forse è più facile parlare di vulnerabilità ma adesso avete un Presidente che ha una visione, ehm, diversa della mascolinità. Come troveranno un sentiero giusto da seguire?
Ne sono assolutamente cosciente… sono passato dall’essere entusiasta del primo Presidente che i miei figli ricorderanno come nero, a questo. È un cambiamento strano. Stanno già vedendo lati diversi delle cose, ma capiscono. Sanno da che lato stare.

Quali sono gli altri temi chiave dell’album?
Molto di esso è sua mia moglie. Molte canzoni sono il risultato della mia decisione di essere vulnerabile e cantare di quello che mi stava succedendo nella vita. Mia moglie ha un DPTS dall’infanzia e credo sia piuttosto diffusa la ricomparsa attorno ai 30 anni tra le donne che hanno subito questi danni.

Hai paura di parlarne?
Sì e ho dovuto avere il suo via libera. Abbiamo dovuto modificare delle cose e chiarirne altre e non abbiamo divulgato troppo ma credo sarà potente.

E aiuta il modo in cui le parli?
Certo – le persone dicono che sia una cosa catartica e magari sembrerà cliché ma lo è stato davvero. C’è stata una sorta di guarigione e comprensione durante il processo.

Ora, è risaputo che tieni la barba rasata in una busta. Continui a farlo?
Sì. E non è nemmeno grande quanto ti possa aspettare. Diminuisce in volume.

E cosa ne farai?
Pensavo di farne qualcosa ma poi ho capito che anche da soli – i peli e la busta – hanno una forza. Rappresentano abbastanza da soli anche senza farci qualcosa di artistico.

Cosa rappresentano?
I miei lati rock’n’roll e pop e chi sono. E che devo seguire il mio cuore.

E tutto questo da dei peli?
Sì!

FonteThe Big Issue