Rolling Stone [07-04-2005]
Il cantante dei Killers venera gli Strokes, ma non regge John Mayer.
“Sono fidanzato, e il resto della band è impegnato“, dice Brandon Flowers, frontman dei Killers. “Sì, stiamo lentamente diventando la band più pappamolle del mondo“. Non ancora, comunque. Quasi un anno dopo la sua pubblicazione, il debutto dei Killers, Hot Fuss, è ancora nei pressi dei primi posti delle classifiche. Ad Aprile, Flowers – un amante della moda nato a Las Vegas che ogni tanto tradisce la sua fede mormone fumando Marlboro Lights e bevendo alcolici – condurrà i Killers attraverso gli Stati Uniti in un tour di trenta date prima di affrontare a Giugno un lungo viaggio verso l’Europa dove la band aprirà i concerti degli U2 negli stadi.
Quando ti sei reso conto per la prima volta di avere una voce discreta?
Suonavo le tastiere con un paio di ragazzi prima di fondare i Killers. Registrammo la demo di una canzone, e il cantante aveva la voce più brutta che avessi mai sentito. Poi la cantò il chitarrista, e non funzionò. Mi guardarono. Quindi andai in uno stanzino e quando uscii ovviamente il cantante non apprezzò il fatto che cantavo meglio di lui. Per loro era difficile raggiungere certe note, ma a me veniva naturale. E mi piaceva un sacco.
La tua prima band si chiamava Blush Response. È mai esistito un nome più brutto per una band?
Um, Kajagoogoo è abbastanza brutto. E Steely Dan è un nome triste. Mi piacciono alcune loro canzoni, e hanno preso il nome da un vibratore, ma fa schifo comunque.
Ti ricordi la tua prima volta sul palco con i Killers?
Io e Dave (Keuning) suonammo al Cafè Roma, a Las Vegas. Era un piccolo posto alla moda, proprio di fronte all’università, dove ragazzi con le Converse nere andavano a bere caffè e a fumare. C’era la possibilità di cantare, e suonammo Mr. Brightside e una canzone che si chiama Replaceable. È stato terribile, bruttissimo. Prima che continuassimo cercai un punto del pavimento dove potermi liberare di tutto ciò che avevo mangiato quel giorno. Non vomitai ma quando la mia voce si spezzò un paio di volte decisi che avrei solo suonato la tastiera, perché cantare mi rendeva nervoso. Ma poi cominciai a bere sei o sette birre prima delle esibizioni i primi tempi, e diventò più facile.
Qual è il pezzo più complicato che sai suonare al piano?
Non sono molto bravo. Ero al mio meglio quando avevo tredici anni. Sapevo suonare qualcosa di Bach, che è il mio compositore di musica classica preferito, e amavo suonare canzoni di Elton John, come Your Song e The One.
Se andassi all’inferno, quale canzone si sentirebbe di continuo?
Una canzone che odio? Penso che Daughters, di John Mayer, sarebbe una buona candidata. Non so perché mi urta così tanto.
Quale canzone dei Cars avresti voluto scrivere?
Since You’re Gone è una canzone parecchio buona, ma dico Heartbeat City. (Canta) “Oh, I’m glad you made it, I can’t complain/Oh, Jackie, what took you so long?” Amo i Cars! C’è un ragazzino che vive in fondo alla strada dove abito io; ha circa quattordici anni. È l’età durante la quale ho cominciato ad ascoltare buona musica, quindi gli ho comprato The Head on the Door dei Cure e il Greatest Hits dei Cars.
Davanti a chi è più divertente suonare: pubblico americano o inglese?
Penso che in Inghilterra riescano ad apprezzare di più la musica, perché non sono viziati come lo siamo noi, con film, automobili e giocattoli. A loro piacciono canzoni diverse. Ad esempio, abbiamo una canzone che si chiama Midnight Show, e in America la amano. In Inghilterra invece non si muovono nemmeno. Cos’hanno che non va? (Ride).
Qual è la migliore band in circolazione?
Gli Strokes. Non capisco i commenti negativi sul loro secondo album. A me Room on Fire piace più del primo. È simile, ma sono davvero cresciuti.
Quale canzone vorresti che gli U2 ti invitassero a suonare insieme quando sarete in tour?
Ieri sera ero in macchina e cantavo Pride. Ho dei polmoni considerevoli, ma non ce la faccio a raggiungere quelle note altissime. Quindi spero che Bono non mi chiami per suonare quella. Amo In A Little While, da All That You Can’t Leave Behind. E morirei pur di essere sul palco con loro e cantare quel verso, “And when I go there” (da Where the Streets Have No Name). Quella è la parte per me.
Esci mai con star dell’hip-pop?
Ne ho conosciuti un paio al party della Universal. È stato fico conoscere Jay-Z. C’era gente che andava da lui per dirgli quanto amava il suo completo. E Jay diceva “Grazie amico, è Purple“. Ero davvero confuso, perché non era viola (purple in inglese, ndt.). Poi ho saputo che si trattava di un abito Ralph Lauren Purple Label.
Se ci si infiltrasse nel tuo cellulare, di quali celebrità troveremmo i numeri di telefono?
Um, penso di non averne nessuno, a parte quello di Alex dei Franz Ferdinand.
Ho visto David Bowie affacciato alla balconata al vostro ultimo concerto a New York. La cosa deve avervi spaventato a morte.
Potevo vederlo per tutto il tempo. Cavolo, stavo morendo, perché lui è il mio mito. È venuto nel backstage dopo, gli ho stretto la mano e ha detto “Mi sembra come se avessi appena visto la storia del rock & roll“. Penso intendesse che in pratica noi prendiamo spunto da ogni genere.
Ahia.
No! È stato bello.
Fonte—rollingstone.com