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Jmag [11-2008]

L’amore per la mitologia, il genere fantasy e il sentimentalismo alla vecchia maniera che caratterizzano Brandon Flowers rendono il nuovo album dei The Killers una cosa veramente meravigliosa.

Brandon Flowers – carino, a volte pensieroso e a volte propenso a ridere, non allo stesso modo al contatto visivo e forse si trascina il peso della sua timidezza che può essere scambiata per indifferenza – sta cercando di dirmi di cosa parla il nuovo album dei Killers, Day & Age.
Dicono che porci delle domande è ciò di cui si occupa il nostro lavoro“, dice, “e ci sono domande che vengono poste in questo album. Credo che si capisca dalle canzoni che sento come se stessimo perdendo l’umanità. Il modo in cui adesso ci connettiamo agli altri attraverso l’elettronica, trascuriamo gli abbracci e i baci“. Ride ma lo dice con convinzione. “Credo che sia parte di tutto questo. Sembra che non siamo più romantici come una volta. Ed invece è una cosa importante. Non sto dicendo che questo sia una specie di ‘pamphlet per la mia generazione’ o robe simili, ma si cerca sempre di parlare di quello che ci circonda e di quello che sta succedendo adesso. Quindi deve essere una cosa universale. Credo che se scrivi troppo di quello che succede nei tuoi dintorni, non sempre quello che vuoi dire arriva a tutti. È come se si dovesse rendere tutto un po’ più vago. Eppure c’è sempre un sentimento che risalta nelle nostre canzoni: non importa quello che ci prefiggiamo di fare, va sempre a finire con un elemento di speranza, o trascendenza. Non riesco ad evitarlo“. Finisce il pensiero in un modo molto alla Brandon Flowers. “Ed è sempre…bello“. Brandon si fa strada vacillando in una giornata dedicata alla stampa che si tiene al super-moderno St Martins Hotel nel West End di Londra. È il tipico posto da designer dove temi di sederti su qualsiasi cosa per paura che sia di vetro. Ci viene fatto ascoltare metà album, non ancora masterizzato, ma non di meno impressionante. Brandon – camicia verde, jeans neri, occhi grandi – è abbastanza amichevole, seppur non una di quelle persone che tiene i discorsi di ringraziamento durante le premiazioni.
Quando non vuole aggiungere altro a quel poco che ha già detto, i suoi occhi te lo fanno cortesemente capire – ma quando dice di più lo fa in maniera assolutamente entusiasta.
Una discussione per rompere il ghiaccio durante un’intervista che avevo fatto con lui un po’ di tempo fa riguardava la collezione di dischi della sua giovinezza e ha portato ad un’animata difesa dei Dire Straits, i The Cars e anche i Genesis – cosa che non otterreste dalla maggior parte delle icone della scena alternativa o, come i Killers dissero una volta, del glamorous indie rock’n’roll.
La band che ha fatto di nuovo associare il Viva a Las Vegas sta per lanciare il terzo album in studio, dopo l’ascesa meteorica con i predecessori Hot Fuss e Sam’s Town. Assieme all’album di rarità e b-sides Sawdust, hanno venduto più di 12 milioni di copie nel mondo e hanno visto la band diventare una delle più grandi in un arco temporale ridicolmente breve.
All’inizio è stato il Regno Unito ad abbracciare il loro glam pop (I Killers hanno sempre apertamente parlato delle loro influenze britanniche come Bowie, The Smiths, U2 e Duran Duran) ma ‘la più grande band britannica che sia mai venuta dall’America’ ha cercato di ottenere il successo mondiale grazie all’americanità di Sam’s Town, che ha alzato il volume della poesia e ha fatto andare su di giri il suo motore alla ‘Born tu Run’.
Ormai diventato headliner regolare durante i festival, il quartetto – che ha preso il nome da una band fittizia nel video ‘Crystal’ dei New Order – ha preso un’altra direzione per Day & Age, rifuggendo dalla possibilità di replicare Sam’s Town, arruolando l’ex collaboratore di Madonna, il produttore Stuart Price (conosciuto come Jacques Lu Cont, Thin White Duke e Le Rhytmes Digitales). Registrato a Londra e Las Vegas, l’album – al primo ascolto – sembra meno epico, più allegro, più electro-pop. “È venuto fuori così. Non è una cosa studiata in nessun modo“.
Davvero? Nessun piano strategico per competere come Band più Grande del Mondo?
No, no. Mi sono svegliato un giorno e mi sentivo come, puoi provare a inseguire gli U2, o…non sembrava una cosa naturale. Cioè, penso ancora che possiamo essere la più grande band del mondo. Ma forse stavamo cadendo in alcune trappole – avere gli stessi produttori degli U2, gli stessi fotografi. È una cosa rischiosa. Questa volta è più istintivo“.
Quando gli chiedo se la vorticosa corsa per il successo lo ha destabilizzato, Brandon si prende del tempo prima di rispondere. “È stata una cosa veloce, ma sono in grado di aprirmi ancora come una volta – riesco ancora a scrivere con franchezza. E sono ossessionato dai testi, ecco perché ci metto così tanto. Ma sono felice di quelli che ho scritto. C’è stato più tempo tra un album e l’altro rispetto alla volta scorsa, e mi sento pronto. Anche se sono ancora eccitato da Sam’s Town. Ed avere un figlio e ciò che ne consegue. E ora, all’improvviso – rieccomi!
Sembra solo ieri quando i Killers erano ancora una delle prossime speranze assieme a band semi perdenti tipo The Bravery – una band di New York a cui piaceva ridicolizzare i nostri eroi nella stampa britannica ogni volta che ne avevano l’occasione soltanto per avere un articolo più lungo nei giornali.
Ha ha, davvero“, conferma educatamente. “È davvero surreale. Non credo che noi quattro riusciamo a capirlo bene. Ma è una bella cosa. Finché le canzoni continuano ad arrivare e fanno emozionare, possiamo andare avanti“.

Mentre il pozzo di molti compositori potrebbe già essere prosciugato al terzo album, i successi dei Killers continuano ad arrivare – e a emozionare. Human è molto New Order/Pet Shop Boys (“Are we human or are we dancer?“); Spaceman è un mulinello glam-rock. Losing Touch è alimentata da uno stridente riff di chitarra ed esplosioni di violini, mentre I Can’t Stay è più rilassata, con un tocco di Bacharach versione bossa nova, e dà a Brandon la possibilità di dimostrare i suoi cambiamenti vocali. A Dustland Fairytale è un inno alla Bruce Springsteen che avrebbe potuto fare parte di Sam’s Town, mentre Neon Tiger offre: “I don’t want to be broken, damned, caged/I want a new day and age..“.
Brandon è chiaro sui loro blocchi di partenza. “Spaceman è stata scritta a Panama, I Can’t stay a Las Vegas, altre a Londra, Budapest. Le scrivevamo e mandavamo a Stuart“, spiega. “C’era qualcosa in lui. Ci è sempre piaciuto il suo remix di Mr Brightside, e dopo averlo incontrato per una cena a Londra siamo andati subito a casa sua e abbiamo registrato Human. Coglie subito l’atmosfera“.
Per Spaceman volevo un misto di Space Oddity e Rocket Man“, riflette. “Losing Touch è una delle mie preferite – beh, cambio spesso idea – ma sento che è talmente buona come canzone che mi sembra quasi che non l’abbiamo scritta noi. È così sintetica, è molto matura nella composizione. Tutto è al suo posto“.
Amo Neon Tiger“, continua, “stavo cercando di scrivere una canzone alla MGMT. Ma non c’entra niente con gli MGMT – non ci assomiglia proprio. Con Sam’s Town stavo cercando di scrivere una canzone alla Arctic Monkeys, e ovviamente non ci assomiglia per niente. È venuta fuori una cosa impetuosa, ma va bene. In realtà credo sia una buona tattica. Con All These Things That I’ve Done ho cercato di essere il Lou Reed della situazione. Mi sono immaginato lui che cantava il ritornello, in modo davvero casuale“.
I Killers in realtà hanno lavorato con Lou per Tranquilize, ma con loro sollievo non si è rivelato il nano cattivo come spesso viene descritto. “No, è stato un grande!” dice Brandon con entusiasmo. “È molto polemico, questo sì, e può far paura, ma dopo alcune ore ci siamo tutti trovati bene. Ho imparato molto da lui in breve tempo. È stato un onore che abbia lavorato con noi“.
È bello sapere che la collezione di dischi dei Killers è iniziata molto prima dell’arrivo dei Nirvana. Infatti ora che la loro passione per il rock classico è stata rivelata è come se volessero ballare con i ragazzi più grandi piuttosto che con i loro coetanei.
È una cosa che facciamo bene con questo album“, dice Brandon d’accordo con me. “Ci sono cose che vengono viste come se fossero da sfigati, ma che tutti amano. E che anche le persone fighe adorano in segreto. Non ci siamo vergognati a fare la cover dei Dire Straits o di Kenny Rogers per Sawdust. Forse è stato coraggioso. Siamo qui per buttare giù queste barriere. Non è una cosa originale avere un assolo di sax, per esempio, ma se va bene ed è raffinato migliora le cose. Abbiamo portato questo elemento nell’album. Ci sono delle cose a cui bisogna abituarsi o a cui non si deve pensare. Abbiamo bisogno di divertirci di più, sennò non ha senso. Comunque sia, una strana combinazione di influenze è una cosa molto americana, no?
Allo stesso modo il gusto dei Killers per l’esibizionismo – giacche dorate, fuochi d’artificio – è spesso deriso dai sono-più-indie-di-te. Brandon ha semplicemente attribuito il suo gusto nel vestire all’influenza delle sue sorelle, ma molta parte della sua vistosità senza dubbio aiuta a distinguere la band dal resto.
È uno misto della mia famiglia e di Las Vegas, probabilmente“, pensa. “Ci penso ogni giorno. Quante foto di Elvis o Sinatra vedo, vivendo là, in ogni ristorante o distributore in cui vado? Sono ovunque – neanche ci pensiamo. Per me essere così ha sempre avuto un senso“.
Anche il suo mormonismo attira molti commenti…
Infatti“, dice Brandon, evitando la domanda, “c’è una canzone che parla di mia madre e mio padre nell’album. Sembra una cosa scontata a dirsi. Ma è un tentativo di cercare di capire il fatto che stanno invecchiando. Sono molto giovane per la loro età – sono stato un errore di valutazione, he he. Hanno sui sessantacinque anni e mio padre è il mio legame con l’America vera. Si, prego ogni giorno. Credo sia come una lettera d’amore. Vedo quello che succede in questi giorni con i bambini, e a qui tempi era molto più semplice. C’è un sacco di spazzatura oggi“.
Vedi questo è il nostro album più pesante ma allo stesso tempo anche più leggero“, continua. “Non mi son mai divertito così tanto, ed è fantastico, ma sto anche invecchiando e vedo le cose in modo diverso. Potrei anche diventare più furbo. Ha! O almeno sono in grado di articolare meglio le cose. Credo sia un album ben fatto, un viaggio“.
Vedi, ho un debole per le scene dei film in cui entrano in scena i violini e ti dicono che dovresti piangere in quel momento – queste cose mi commuovono. E questo elemento è presente in un sacco delle nostre canzoni. Mi piace la mitologia. Il genere fantasy è divertente. Sembra che stia morendo. Credo che siamo un gruppo strano e confuso“.
Per Brandon l’apice della carriera dei Killers finora è stato una sera al Madison Square Garden, dove: “eravamo a casa. Di solito mi rinchiudo in me stesso quando sono sotto pressione, ma quella è stata la sera giusta, voglio quella sensazione ogni sera“. Avrà la sua occasione durante tutto il tour mondiale del 2009.
E l’apice della sua vita privata? Il suo bambino. “Noi (lui e la moglie) siamo stati assieme per quattro anni prima di sposarci, ma avere un bambino cambia tutto. Sono diventato, non altruista, ma molto meno egoista. Tutto quello che faccio adesso ha un fine e il centro dell’attenzione è lui. È una cosa davvero bella. Ha appena iniziato a camminare, e tenergli la mano mentre cammina in un parco è bellissimo! Stiamo facendo il nostro meglio come qualsiasi altro genitore incompetente. Mi guardo attorno ed è un miracolo che tutte le persone che vedi ogni giorno camminare sono passate attraverso questo processo e ce l’hanno fatta. È, è un miracolo!“.
I miracoli, specialmente in questo giorno ed era, sono sempre belli. L’innocente ricerca che i Killers stanno facendo per far risorgere il sentimentalismo continua di buon passo.