American Songwriter [11/12-2008]
Tra l’architettura del vecchio mondo fine ‘800 della Lower East Side a New York, il Rivington Hotel, una torre di vetro di 21 piani, rappresenta una presenza moderna piuttosto distinguibile in un quartiere hip ma decadente. È un posto perfetto per sedersi e fare una chiacchierata faccia a faccia con i Killers, la band originaria di Las Vegas cresciuta nella terra deserta del rock ed è diventata una delle band più grandi al mondo, il tutto costruendosi la loro identità musicale unica e rimanendovi fedeli.
I Killers – Brandon Flowers (voce/tastiere), Dave Keuning (chitarre), Mark Stoermer (basso) e Ronnie Vannucci (batteria) – hanno conquistato il mondo in soli 4 anni seguendo il significato del loro album di debutto, Hot Fuss. Grazie a inni da radio ingegnosi e pulsanti come Somebody Told Me, Smile Like You Mean It, All These Things That I’ve Done e Mr Bightside, i quattro ragazzi sempre in tour sono diventati una band di successo con dischi di platino e nomination ai Grammy.
Se la fusione tra tastiere e chitarre strizzava l’occhio alla prima ondata rock ridefinendone il futuro, Sam’s Town del 2006 ha dimostrato che il quartetto ha evitato il flop del secondo album, e ha allargato il proprio raggio d’azione e immagine.
Come omaggio alle loro radici a Las Vegas, singoli come When You Were Young e Bones hanno spinto ancora di più i Killers facendo loro superare il milione di copie vendute negli USA. Nello stesso tempo, nella terra adottiva della band, l’Inghilterra – dove per primi hanno raggiunto la notorietà – il disco ha superato le vendite del debutto, cementando così il loro status di più grande export rock americano.
Con l’arrivo, l’anno scorso, di Sawdust, una compilation di rispettabili B-side, rarità e materiale nuovo (inclusa una collaborazione con la leggenda rock Lou Reed), i Killers hanno segnato il loro primo compromesso ufficiale con il produttore Stuart Price per la canzone “Sweet Talk”. Price – che in precedenza ha lavorato con Madonna e i Keane, ha diretto i suoi progetti personali come i Les Rhytmes Digitales e ha remixato sia Mr Brightside sia il singolo del Natale 2007, Don’t Shoot Me Santa – è stato in seguito arruolato per il terzo fantastico album Day & Age.
Nonostante la stravagante, veloce e contagiosa Spaceman potrebbe stare bene anche nel loro disco di debutto, Day & Age riesce sia a far fronte ad alcune aspettative sia a brillantemente provocarne altre. Prendete I Can’t Stay, caratterizzata da un’atmosfera calipso e da una chitarra strimpellata, che si è evoluta da una canzone schematica scritta da Flowers in un mezzo ben rifinito in grado di mandare in frantumi i confini artistici della band, con la sua abbondanza di sax.
Altrove, la contagiosa, mid-tempo Losing Touch porta l’ascoltatore in uno spiegamento di direzioni, anche attraverso l’uso di trombe, prima di finire il climax con un muro di chitarre. “Quella canzone deriva da una jam session classica“, dice Flowers, 27 anni, seduto su una poltrona moderna nera impeccabilmente vestito e con le unghie curate.
“Ci sono 4 ragazzi che si battono e cercano di fare rock“, aggiunge il 32enne Keuning, che rappresenta davvero lo Yang per lo Yin di Flowers. Capelli lunghi e vestito con una maglietta bianca con i loro ritratti e con il collo tagliato, jeans neri e calzetti a righe verdi, Keuning è di molti centimetri più alto rispetto al cantante. “Tendiamo a scrivere canzoni importanti“, aggiunge. “Non ci pensiamo molto, è quello che ci viene spontaneo fare“.
Fissati all’ancora dell’incoraggiante “Are We Human“, che evoca subito similitudini con i migliori lavori al synth dei New Order, linee di chitarra ispirate all’epica Push dei Cure, e l’estetica del classico del 1984 dei Talk talk, It’s My Life, l’affascinante melodia della canzone e i segni vitali del testo sono innegabili.
“Close your eyes/Clear your heart/Cut the chord“, canta Flowers, e sebbene ammetta che le recenti scorrerie sue e di Keuning nella paternità abbiano avuto un ruolo nel testo del primo singolo di Day & Age, afferma che l’idea principale della canzone “in realtà deriva da un’intervista con Hunter S. Thompson. Disse che aveva paura che l’America stesse crescendo una generazione di ballerini. Quella frase mi ha acceso una lampadina. Quindi la canzone è un’affermazione, ma ha anche l’ottimismo che deriva dalla nascita di una nuova vita“.
“Più o meno l’abbiamo capito da subito che sarebbe stata il primo singolo“, dice Keuning, prosaicamente, prendendo un sorso dalla sua bottiglia di Evian. “È stata la prima canzone che abbiamo scritto quando abbiamo iniziato a lavorare con Stuart. E ho pensato che avremmo potuto pubblicarla subito e la gente ne sarebbe andata matta“.
Dovendo lavorare con Price, un inglese, molta della pre-produzione per Day & Age è stata fatta tramite internet. “Per noi era un metodo molto fresco“, dice Flowers di questo approccio innovativo. “Hai questa idea, e in un secondo Stuart la capisce. Eppure si trova praticamente dall’altra parte del mondo. E grazie a questo la palla ha continuato ad essere in gioco. Mandavamo le nostre idee e correvamo al computer il giorno seguente per vedere se gli erano piaciute o meno“.
“Ci siamo presi un periodo di libertà alla fine dell’anno scorso, e siamo rimasti per circa sei mesi in pausa perché in pratica non c’era stata tra Hot Fuss e Sam’s Town“, dice Keuning. “Ma abbiamo continuato a scrivere e ci siamo accordati di ritrovarci tutti assieme all’inizio di Aprile per circa sei settimane. Quando abbiamo ricominciato avevamo già un sacco di idee che ci eravamo spediti l’un l’altro via e-mail“.
Con 40 possibili canzoni, la band si è presa un giorno per ognuna per separare quelle che andavano bene da quelle da buttare. Una volta rimaste le migliori 20, Price è venuto a Las Vegas per un approccio più tradizionale. “È stata la prima volta che eravamo attivi con lui“, spiega Keuning. “Aveva fatto un paio di remix per noi da Hot Fuss, e ci erano piaciuti. Ci piacevano anche i suoi lavori con Les Rhytmes Digitales e Zoot Woman. Così abbiamo deciso di dargli solo qualche canzone da provare per Sawdust ed è andato tutto perfettamente liscio e veloce“.
“In più con ‘Hang Up’ – la canzone di Madonna – Stuart ha dimostrato di avere anche una meravigliosa sensibilità pop“, dice Flowers. Ma se la mano che mira alla classifica di Price ha sostenuto Neon Tiger, un’altra memorabile canzone presente in Day & Age, bisogna comunque dare credito ai Killers per l’incrollabile ritornello della canzone e quella che potrebbe essere la più ricca e più potente performance vocale che Flowers abbia mai fatto.
Flowers dà il merito ad una sola lezione di canto, in grado di dare la spinta alla sua confidenza quando si trova dietro al microfono. “È stato bellissimo quello che ho imparato durante quella mezz’ora“, dice. “Ho imparato a controllarmi e a come raggiungere le varie tonalità e spingermi oltre. Mi ha dato un sacco di confidenza“.
Si potrebbe pensare che dopo milioni di dischi venduti nel mondo, i Killers abbiano molta sicurezza di sé, ma Flowers – che ha criticato pubblicamente il suo fallimento nel raccontare una storia nel secondo album del gruppo – evidentemente ha letto le recensioni di quell’album. Molte sono state positive, ma quella da Rolling Stone, “In Sam’s Town sembra che stiano cercando di fare delle grandi affermazioni, solo che non hanno niente da dire“, risaltava in particolar modo.
“Penso che si possa sempre migliorare“, dice Flowers. “Un risveglio per me è stato Neon Bible degli Arcade Fire. I testi mi sono piaciuti tantissimo. Sembrava così in linea con quello che sta succedendo ultimamente. Ma era bello perché ha acceso un fuoco in me e mi ha spinto a voler essere un miglior compositore. E adesso che i testi sono finiti, ne sono molto orgoglioso“.
E Keuning pensa che sia una buona idea approcciare ogni nuovo album come se fosse tutto in gioco. “È un buon metodo per lavorare perché se questo album dovesse fare schifo, potrebbe significare la fine per noi“, dice il chitarrista. “Con ogni album stiamo ancora cercando di dimostrare che non solo siamo rilevanti, ma che siamo anche una delle migliori band in circolazione – che ci meritiamo di essere trasmessi in radio. Guarda gli U2, sono la band più grande del mondo eppure stanno ancora cercando di dimostrare qualcosa con i loro album“.
Sempre molto prolifici, i Killers aspirano a sconfiggere l’approccio comune delle grandi rock band, con gruppi come gli U2 e i Green Day che producono un album in studio ogni tre o quattro anni. Ricordando metà degli anni ’80, quando i REM, gli Smiths e i Cure pubblicavano un album ogni 15 mesi con nuovi singoli in mezzo, la band ha creato due album e una compilation in soli tre anni.
“Quella è stata sicuramente l’idea dietro a Sawdust“, dice Flowers. “Pubblicare queste canzoni meno conosciute e infilarne dentro alcune nuove – è stata una cosa molto entusiasmante. Avevamo quelle canzoni in quel momento e siamo riusciti a farle conoscere alle persone in modo veloce. E ci piacerebbe continuare a fare queste cose in futuro, che si tratti di un’EP o una cosa simile“.
Sawdust ha anche permesso ai Killers di collaborare con uno dei loro idoli, Lou Reed. “Abbiamo molti eroi a cui ci ispiriamo, quindi quando riesci a fare una canzone con uno di loro, è tremendamente appagante“, spiega Keuning. “Che sia Lou Reed o, forse un giorno, Paul McCartney…”
“Ma abbiamo avuto alcune belle esperienze e altre brutte anche solo incontrando queste persone“, dice Flowers ridendo, ricordando i faccia a faccia con Morrissey, Bono e molti altri.
“È un po strano“, ammette Keuning. “Ormai abbiamo incontrato moltissime persone. E almeno io vorrei non incontrare alcuni dei miei eroi, specialmente se poi si rivelasse una brutta esperienza. Billy Corgan (degli Smashing Pumpkins) è stato gentile, quindi non ho rimpianti. E David Bowie è stato gentile, ma è stata una cosa molto breve, quindi è difficile dare una valutazione dell’incontro“.
“Una volta, a Città del Messico, sono uscito con Robert Smith (dei Cure) ed eravamo in questo strano club, e in pratica sono rimasto a fissarlo per tre ore“, dice Flowers, ridendo a crepapelle al ricordo. “Abbiamo parlato, ma è davvero strano perché ho una considerazione molto alta di lui. Con altri è andato tutto molto più liscio. Come Bernard Sumner dei New Order, abbiamo avuto l’opportunità di passare del tempo assieme e parlare. O Elton John, è stato un grande. Credo dipenda dal fatto di averli visti più volte. Ci fai l’abitudine“.
Se tutti questi nomi sembrano come un sogno diventato realtà, è importante ricordare che quando si sono incontrati per la prima volta, Flowers lavorava come fattorino in un hotel e Keuning trascinava a fatica scatoloni di vestiti da Banana Republic. I due si sono incontrati nel 2002 grazie all’annuncio che Keuning aveva messo sul Las Vegas Sun, citando gli Oasis come influenza.
“Mi ricordo che Brandon indossava un paio di Clarks, come gli Oasis“, ridacchia Keuning, ripensando alla prima impressione del suo futuro cantante. “E mi ricordo di aver aperto la porta e aver immediatamente pensato che non era come gli altri. Avrei potuto subito dire che avrebbe funzionato ma dovevamo ancora farne qualcosa di quell’incontro. E non abbiamo detto niente. Avevo la mia tastiera in camera e lui è tornato il giorno dopo con la sua“.
“In pratica ci siamo messi subito al lavoro“, aggiunge Flowers. “Abbiamo iniziato da subito a cercare persone che si unissero alla band. È un processo che abbiamo seguito assieme. Chiamavamo persone degli annunci e poi o venivano loro o andavamo noi a casa loro. E per davvero, nel momento in cui aprivano la porta capivamo subito. È stato un periodo frustrante, incontrare tutte quelle persone. Ma è stato anche divertente. Non si poteva mai sapere chi ti saresti trovato dietro alla porta!”
Una volta completata la formazione, i Killers hanno subito scritto la loro canzone più famosa. “Avevamo i nostri alti e bassi all’inizio quando dovevamo scrivere assieme“, ricorda Flowers, “ma ‘Mr Brightside’ è arrivata subito. E qui è sempre stato ovvio – anche quando la suonavamo per venti persone in un bar – che era diversa da altre band e da altre canzoni. Ho avuto la fase Saddle Creek, in cui ascoltavo tutto quello che era stato pubblicato da quella etichetta. E abbiamo iniziato a scrivere queste canzoni ‘indie rock che liberano l’anima’, ma non sembravano mai quelle giuste. Quindi abbiamo passato diverse fasi finché non si sono aggiunti Ronnie e Mark. Una volta assieme siamo diventati sicuramente più forti“.
E la possibilità di darsi una mano tra loro ha continuato ad aiutare la band in caso di problemi di scrittura delle canzoni. “Il blocco dello scrittore non è stato un problema finora per noi“, dice il chitarrista, “perché tutti noi quattro scriviamo musica. Quindi anche se uno di noi ha problemi, di solito ce la facciamo anche se a fatica“.
Tuttavia Flowers ammette che ogni tanto combatte con la scrittura dei testi. “Non sono mai stato un gran lettore, ma siccome voglio migliorare come scrittore, sono stato costretto a leggere di più ora“, dice. “E aiuta davvero con i testi, e mi ha aperto un po’ la mente. Leggere mi aiuta davvero, e in più mi distrae dal problema, perché potrei diventarne ossessionato“.
Keuning dice che in passato hanno avuto un certo numero di canzoni incomplete che a lui piacevano molto, ma siccome erano solo “a metà, abbiamo dovuto abbandonarle“.
Eppure Flowers riconosce che ci hanno ripensato e ne hanno salvate alcune, con effetti straordinari. “Con ‘Jenny Was A Friend Of Mine’ abbiamo avuto un verso sin dall’inizio“, ricorda, “e sapevamo in cuor nostro che era buona come canzone. ma ci chiedevamo se saremmo mai riusciti ad andare oltre quel verso. E poi venne il giorno in cui Mark iniziò a suonare il ritornello. E sarebbe potuto essere chiunque. Il fatto di poter lavorare assieme in questo modo ci aiuta ad evitare di rimanere bloccati su qualcosa per troppo tempo“.
“Brandon potrebbe arrivare con una canzone che ha provato alle tastiere senza dare alcuna direzione, e Mark ci entra con il basso e Ronnie con la batteria“, spiega Keuning. “E io faccio un po’ lo scemo con la chitarra finché non arriviamo alla formula finale. Dobbiamo trascorrere tempo assieme, lavorando canzone per canzone, perché quello con cui iniziamo può non essere il risultato finale. E a volte le canzoni nascono da sole quando suoniamo qualcosa assieme“.
Eppure con quattro personalità distinte e creative al lavoro la band riesce in qualche modo a non essere troppo attaccata.
“Siamo una democrazia“, dice Flowers. “Abbiamo registrato 19 canzoni e 10 ce l’hanno fatta alla fine questa volta. A volte ci sono delle canzoni che uno di noi vorrebbe fossero nell’album ma non ci sono per questo motivo“.
“È ovvio che litighiamo“, continua Flowers, “ma trovo straordinaria l’idea che posso avere questa canzone nella mia testa e la sento come una vera forza, ma Ronnie la sente a velocità ridotta. E anche se può non venir fuori come l’ho vista io, devo provarla. In questo modo può essere difficile ma può anche essere produttivo perché ti spinge a guardare alle cose da prospettive diverse“.
Se pensiamo alla storia della band e alla sua inusuale ascesa, che ha visto i Killers diventare una sensazione in UK nell’estate del 2004 mente erano ancora per lo più sconosciuti in USA, Keuning è ancora un po’ confuso per come siano stati accolti così velocemente. “Non so spiegarlo“, dice. “La gente in Inghilterra è come se fosse attratta dalla nostra forza di gravità da subito. Un sacco delle nostre influenze derivano dalla stessa musica che piace a loro“.
“Le nostre influenze devo avere qualcosa a che fare con questo“, insiste Flowers. “Dicono che siamo la miglior band britannica che sia mai venuta dall’America. Si sono affezionati a noi ed è veramente bello andare a suonare là. Il nostro primo album è andato molto bene qui e là, ma il secondo è declinato un po’ in America, una cosa abbastanza frustrante. Ed è una cosa che non riesco a capire“.
Ma con Day & Age, i Killers non son solo tornati alle loro radici rispetto alle immagini spoglie in bianco e nero di Sam’s Town, ma si sono spinti oltre dal punto di vista creativo, producendo quello che dovrebbe essere l’album rock moderno più grande e colorato del 2008. E nonostante quello che potrebbe sembrare un successo arrivato troppo velocemente, la band ci ricorda che ha avuto anche delle brutte esperienze con i responsabili delle etichette discografiche.
“Mi ricordo che ad un certo punto praticamente tutte le etichette ci avevano rifiutato“, dice Keuning.
“E non devi darne troppo conto che se riesci ad ottenere uno showcase e poi non ne ottieni nulla“, consiglia Flowers.
“Mi ricordo quando incontravamo queste persone, che volevano solo coltivare amicizie importanti“, continua Keuning. “E dicevano e facevano sempre cose diverse. Non voglio essere troppo cattivo nei loro riguardi, ma non si deve mai dare troppa importanza a quello che dicono. Abbiamo avuto incontri con case che dicevano che ci avrebbero fatto firmare un contratto – letteralmente, dicevano ‘vi manderemo il contratto via fax’ – e poi non lo facevano mai. E siamo dovuti andare in UK per averne uno. E prima di questo con una piccola etichetta, che si chiamava Lizard King, mi ricordo di aver pensato ‘Bene. Almeno andiamo a Londra per una settimana’. E poi abbiamo fatto questi quattro concerti e c’era un sacco di gente. Quindi è stato un po’ come il test del Ph. Alcuni giornali hanno scritto di noi, abbiamo incontrato un po’ di persone e roba simile e poi siamo tornati a casa“.
“E poi tutte le etichette qui volevano portarci fuori a cena“, dice Keuning con una risatina. “Ho ordinato degli stuzzichini e sono aumentato di 8 libbre e sapevo che non avrei mai firmato con nessuna di loro. E mi sentivo bene! Ma dovevamo comunque continuare con i nostri lavori. Il contratto in UK non era abbastanza per metterci di abbandonarli. Nell’Ottobre del 2003 abbiamo firmato un contratto in America e abbiamo deciso che potevamo abbandonarli. Credo che abbiamo aspettato finché non ci hanno mandato un assegno e poi ci siamo licenziati“.
Dopo cinque anni, ci si chiede se si guardano mai alle spalle per vedere dove sono arrivati quando salgono sul palco ai festival di Reading e Leeds come headliner di fronte a 40.000 fan. “A volte mi sento come se forse non abbiamo lavorato abbastanza per essere arrivati dove siamo ora“, riconosce Flowers. “Non voglio dire che non lavoriamo sodo. Siamo stati tutti cresciuti per farlo. Ma mi si spezza il cuore quando penso a tutte le persone che hanno la nostra stessa passione per la musica e non ottengono i nostri stessi vantaggi. E a noi invece è successo così in fretta e ovviamente lo apprezziamo. Voglio dire che comunque portavamo in giro le nostre attrezzature da soli e abbiamo suonato nei bar all’inizio, ma siamo stati davvero fortunati“.
Forse questo spiega perché la band sembra determinata ad evitare le trappole della fama e del successo, sforzandosi di stare con i piedi per terra. “Credo che non vogliamo esserne condizionati“, insiste Keuning. “Credo che siamo ancora noi stessi“.
“Mia moglie non ha problemi a tenermi con i piedi per terra“, scherza Flowers.
Ma Keuning diventa all’improvviso serio. “Le nostre vite e carriere sono evolute davvero rapidamente. Si tratta dell’aggiustamento più importante. Sai, durante Hot Fuss – che abbiamo scritto per un anno e mezzo dopo il lavoro – sembrava come se avessimo molto più tempo anche solo per suonare la chitarra, e fare niente se avessimo voluto. Adesso, da padri con impegni così fitti, il tempo libero praticamente non esiste. È stato un turbine ed è stato fantastico, ma ha sicuramente un prezzo“.