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Rolling Stone [25-12-2008]

A Las Vegas con Brandon Flowers, la più grande e più insicura rock star Mormone mai esistita.

Brandon Flowers ha problemi a spiegare se stesso. Forse perché niente di lui ha senso: un griffatissimo fanatico del synth-pop che vuole essere Bruce Springsteen; un devoto Mormone che canta in una rock-band decadente di Las Vegas. O forse è che quando Flowers parla, tende a mettersi nei guai, come quando ha fatto lo sbruffone dichiarando che il loro album precedente, Sam’s Town, era “uno dei migliori album degli ultimi 20 anni” prima ancora che qualcuno lo avesse ascoltato. O forse è perché mentre i Killers si preparano a pubblicare il loro terzo album, Day & Age, lui non è ancora sicuro su che tipo di band siano. “Ogni giorno cambio, un giorno voglio essere serio ed il giorno dopo voglio solo scrivere delle grandi canzoni pop e divertirmi. Non ho una direzione precisa, non so se la voglio avere”, sospira. “Non so nemmeno perché la gente voglia parlare con me“.

Brandon Flowers siede al bar vuoto di una steak house situata all’interno del Four Queens Hotel and Casino, un posto defilato di Las Vegas dall’altro lato della strada dove si trova lo spazio prove della band. Ha portato due bevande con lui: un’acqua minerale Crystal Geyser ed i resti di una Coke Slurpee (una sorta di bevanda a metà strada tra la granatina ed il frozen yogurt, ndt.). Ogni aspetto del suo apparire è sistemato con una precisione da disturbo ossessivo-compulsivo. Le maniche della sua camicia rossa a scacchi sono arrotolate con precisione militare; la sua barba incolta di due giorni rende lievemente ruvido il suo viso da bambino; i suoi capelli castani scompigliati sembrano tagliati e pettinati due volte al giorno.

Ma parla con un’esitante cadenza di un adolescente nervoso e respinge le domande troppo dure con una assurda e infantile risatina. Ha difficoltà nel rispondere ad una domanda semplice: Che cosa intende con la frase che da il titolo al nuovo album “I want the new day and age” nella canzone Neon Tiger? “Vuol dire, voglio un nuovo giorno ed età – penso che le cose potrebbero essere migliori“, afferma Flowers, poi fa una pausa di circa 10 secondi e rivolge gli occhi in basso fissando lo sguardo sul tavolo. “Sento come non mi sia permesso dire alcune delle cose che sento“. Perché? “Sono troppo bello“.

Day & Age, prodotto con il collaboratore di Madonna, Stuart Price, è molto più divertente del pomposo Springsteen-incontra-i-Queen Sam’s Town. Come spiega il bassista Mark Stoermer, “è talmente confusionario“, ma in senso positivo, dal pop originale con sintetizzatori e fiati di Losing Touch alla chiusura dell’album in stile Cure nell’era Disintegration Good Night, Travel Well. “Questo album non sta cercando di essere nulla” afferma Flowers. “Abbiamo così tante influenze e non vogliamo rimanere ancorati o essere etichettati“.

Flowers è cresciuto con i gruppi New Wave e synth-pop – Duran Duran, The Cure, Depeche Mode, The Smiths – ma da adulto si è appassionato di più alle radici rock Americane, in particolar modo Springsteen, Tom Petty e Tom Waits. “Hot Fuss (l’album di esordio del 2004) era sintetico“, afferma Flowers, 27 anni. “Anche se era sincero, aveva una sorta di lucentezza, e credo sia stata una sorta di maschera che gli abbiamo messo sopra – come gli Strokes erano degli sporchi rockettari che venivano da posti benestanti. Noi venivamo dall’opposto e ci siamo messi i vestiti. Ma quando ascolto Tom Waits o Thunder Road, mi fa venire voglia di mettermi gli stivali, suonare il piano e guidare una Chevrolet del ’57“.

Una settimana dopo, a New York, Flowers è più sciolto. L’altra volta era agitato per le prove del tour, ma ora hanno completato con successo i primi due concerti. Ha trascorso le ultime ore nella sua camera d’albergo guardando il film ‘Starman’ del 1984 con Jeff Bridges che ritiene “veramente toccante“. Si illumina ulteriormente quando si parla di sua moglie, Tana, e di suo figlio di 18 mesi, Ammon. “Non voglio andare via per più di un paio di settimane alla volta, forse tre, senza vederli. Ammon sta iniziando ad acquisire una sua personalità ora. È molto dura stare lontano. Ho pianto come un bambino quando ho lasciato l’aeroporto ieri“.

Seduto in un ristorante Giapponese, Flowers difende la causa del genio trascurato degli Oingo Boingo. “Sono così sottovalutati, si rasenta la follia“, afferma gesticolando furiosamente. “La gente proprio non capisce. Conoscono solo ‘Weird Science’ o forse ‘Dead Man’s Part’y. Cavalcano questa linea di una sorta di ska e punk e tutto, ma non è solo ska e non è solo punk, ed è folle. Prenditi Best of Boingo. Sto parlando seriamente“.

La madre di Flowers è una casalinga e suo padre lavorava in un negozio di frutta e verdura. Lo hanno cresciuto fuori da Las Vegas e più tardi a Nephi nello Utah (Brandon è poi ritornato a Las Vegas quando aveva 16 anni). Flowers condivide con Springsteen un background modesto e a volte duro – suo padre era un alcolizzato sino a quando non si è convertito al Mormonismo quando Brandon aveva 5 anni. “I miei genitori sono il mio collegamento a, come dire, la mia America Romantica“, afferma Flowers, che nella canzone A Dustland Fairytale descrive suo padre come “some kind of slick chrome American prince“. “Mio padre ha sempre avuto automobili vecchie e mi ha insegnato tutto su di loro“. Ma a differenza di Bruce, o fondamentalmente di una qualsiasi rock star, Flowers è un Mormone praticante. Va in chiesa e sua moglie, una insegnante ed ex direttrice di un negozio di Las Vegas della catena Urban Outfitters, si è convertita prima del loro matrimonio nel 2005. Hanno preso il nome del figlio Ammon da un missionario nel Libro dei Mormoni.

La Chiesa di Gesù Cristo e dei Santi dell’ultimo giorno (i Mormoni, ndt.) non vedono di buon occhio le droghe, l’alcool ed il sesso prima del matrimonio, ma per un po’ Flowers beveva e tirava sino a tardi mentre era in tour. Due anni fa, all’incirca nel periodo di pubblicazione di Sam’s Town ha smesso. “Penso che mi sento meno colpevole e mi sento anche più in salute di quanto sia mai stato prima“, afferma Flowers. È piuttosto vago su cosa lo abbia portato a questo cambiamento, “mia moglie incinta e tutto il resto ha ridimensionato un po’ di cose. Ma c’è una parte di divertimento che mi sto perdendo“, ammette con una leggera malinconia.

Flowers ha votato per Obama ma le sue visioni politiche spesso propendevano più verso destra; ha espresso simpatia per George W. Bush in passato ed ha criticato i Green Day per aver cantato all’estero American Idiot. Si preoccupa ad alta voce che l’America si sta allontanando dalla religione. “In Inghilterra la stampa tratta i credenti come se credessero a Babbo Natale e stiamo prendendo quella stessa direzione in America“, afferma con palese disapprovazione.

La fede di Flowers nella sua band è egualmente fervente: ha recentemente fatto presente che i Killers potrebbero diventare più grandi degli U2 e pensa che debba ancora dare il meglio di se nella composizione. “Sento come se dovessi continuamente scrivere canzoni, potrei andare nella mia stanza d’albergo ora e – sai, voglio ancora scrivere una ‘Imagine’. A me non sembra impossibile, per quanto tutti vorrebbero dire che lo fosse“.

Nonostante i sei anni trascorsi insieme, c’è qualcosa di strano nella relazione tra i componenti del gruppo al di fuori del palco, non è che abbiano un granché di rapporto. Sembrano e si comportano come fossero in 4 gruppi diversi e la loro interazione è più quella tra colleghi che tra amici. “Stiamo diventando amici, stiamo ancora imparando a conoscerci. Ci conosciamo solo da quando è nata la band“, afferma Flowers.

Ma per quanto differenti l’uno dall’altro possano essere, questi ragazzi sono uniti dalla loro ambizione fuori misura: la band, fondata nel 2002 dal chitarrista Dave Keuning e da Flowers ha stabilito dei traguardi dall’inizio. “Ricordo di aver chiesto a Brandon ‘Allora, vuoi essere grande, giusto?’ e lui mi risponde ‘Si’“, racconta Keuning. (Secondo il produttore di Day & Age, Stuart Price, Flowers e Madonna ha più di qualcosa in comune: “C’è una forza trainante e determinazione in quei due, dove è quasi un ‘è necessario riuscire a tutti i costi“).

Il batterista Ronnie Vannucci ha studiato percussioni al college ed ha tutti i requisiti necessari per afferrare in pieno il battito pulsante dance del primo singolo del nuovo album, Human. Keuning è l’eccentrico di turno – è così fuori di testa che sta seriamente mettendo da parte i soldi per prenotare un posto sul primo viaggio commerciale nello spazio della Virgin. I suoi occhi a volte sembra si muovano in direzioni opposte ed insiste che When You Were Young, la canzone omaggio della band a Born to Run, non suona per niente come Springsteen. (“È così strano, ma è così bravo” afferma Vannucci). Con i suoi riccioli alla Brian May, Keuning è anche quello che dei quattro ha l’impostazione più della vecchia scuola rock – mantiene i capelli lunghi perché non gli era consentito farlo nei suoi vari lavori prima dei Killers. “Ogni giorno ringrazio che non mi debba alzare ed andare a lavorare alle sei del mattino nel negozio di Banana Republic ed aprire scatole di vestiti“, dichiara.

La combinazione dell’esuberanza di Flowers con la tendenza del gruppo di andare troppo oltre, rende la band ancora più affascinante. I suoi versi più famosi “I’ve got soul, but I’m not a soldier” dalla canzone All These Things That I’ve Done presente in Hot Fuss – è indimenticabilmente orecchiabile ma è anche una sconcertante affermazione che non ha niente a che vedere con quanto detto prima. Il coro grammaticalmente scorretto di Human (“Are we human, or are we dancer?“) è altrettanto impenetrabile. Flowers è irritato dal fatto che la gente sembri non comprendere il testo e che i fans fossero scontenti del ritmo dance. “Dovrebbe essere una canzone dance, va bene con il ritornello, se non riesci a comprenderlo sei un idiota. Non capisco perché ci sia confusione al riguardo“.

Flowers sa che sta sollecitando ulteriori derisioni con una canzone chiave del nuovo album, la molto Bowie Neon Tiger, che sembra quasi una favola auto-esagerante. “Took to the spotlight like a diamond ring…/Don’t you let them tame you/You’re far too pure and bold“, canta Flowers al massimo del drammatico. Recentemente però Flowers ha avuto delle rassicurazioni da uno dei suoi eroi: ha parlato con Bruce Springsteeen nei camerini di un palasport di Los Angeles. “Ero spaventato a morte, con tutto il polverone sollevato per Sam’s Town, e lui mi ha solamente rassicurato e dato una tale carica di fiducia e lui era – è perfetto. È incredibile, sai? È stato più gentile di quanto avrebbe dovuto. Ha parlato di quanto ineccepibile fosse stato il primo album ed io ho tirato fuori tutti i miei dubbi, mi ha detto che ha dovuto affrontare le stesse cose con Bob Dylan“.

A New York i Killers salgono sul palco della Hammerstein Ballroom di fronte a migliaia di fans iper gasati, dal ragazzino di 10 anni alla casalinga che danza sulle note del rock. Verso la fine dello show, Flowers è in piedi sui monitor e allarga le braccia in una posa messianica che fa molto Bono mentre la folla si unisce al coro di All These Things That I’ve Done: “I’ve got soul, but I’m not a soldier“. Flowers alza l’asta del microfono con la sua mano destra e la muove verso l’alto al ritmo delle battute di Vannucci. Ripete i suoi versi ancora e ancora, con tutta la passione che ha: “I’ve got soul, but I’m not a soldier“. Sembra bello, grande, e per un momento riesci quasi credere che significhi qualcosa.

FonteRolling Stone