Skip to main content

NME [18-08-2012]

Dopo cinque produttori, una tonnellata di canzoni scartate, il pensare alla band in modo diverso e il suicidio di un amico, i Killers sono finalmente tornati. Gavin Heynes va a Las Vegas e scopre che non hanno dovuto lottare solo con le scadenze..

Las Vegas, la città nel mezzo del nulla. Nelle sconfinate grotte da gioco fintamente romane, quasi egiziane, gli incassi continuano ad arrivare convincendo le persone a fregarsene delle regole della statistica a livello industriale.
Potrebbe non essere una perfetta coincidenza il fatto che Vegas, la casa dell’irrealtà, è anche la casa dei Killers, dato che hanno iniziato la loro vita nel 2004 come i Duran Duran in versione eye-liner, sono poi diventati una rock band baffuta nel 2006, e infine caricati come i nuovi Orchestral Manoeuvres In The Dark muniti di spalline piumate per mano di Stuart Price nel 2008. L’irrealtà era loro amica. Ma si trovano ora vicini all’uscita dell’album che frantuma quelle distinzioni, e che mette in sospeso la loro prossima reinvenzione. Quella più vicina che permetterebbe di scoprire davvero chi sono i Killers. Sempre se riescono a finirla, ovviamente.

Qualche strada prima della fine della parte fuori moda della strip di Vegas, c’è una zona industriale grigia piena di ristoranti orientali tutti uguali fra loro, polverosi negozi di computer, tristi lavanderie automatiche. Proprio in fondo c’è un caseggiato con quattro grandi lucchetti di ottone sulla porta, posizionati come fossero bottoni su una camicia.
Dentro, sotto il trofeo con la testa di una capra attaccato al muro, Brandon Flowers sta mangiando il pranzo e raccontando al suo addetto stampa del loro produttore in lacrime. “Abbiamo suonato la canzone, e lui si è tolto gli occhiali – sai com’è Daniel, con gli occhiali e la barba. E la sua barba era bagnata da tutte le lacrime che aveva versato – tanto bagnata!“.
Questo è Battle Born. Lo studio privato dei Killers, ora con doppio significato dato che è anche il titolo del nuovo album. Daniel Lanois, l’uomo delle lacrime, è uno dei cinque produttori che lavorano all’album. Ecco chi sono gli altri della lista: Brendan ‘Rage Against The Machine’ O’Brien, Stuart ‘Madonna’ Price, Damian ‘Bjork’ Taylor, Steve ‘Achtung Baby e molto altro’ Lillywhite. Ne avrebbero voluto solo uno. Ma quando è arrivato il momento di chiedere loro il tempo necessario per lavorare all’album, nessuno era libero per tutti i giorni necessari, quindi hanno fatto come si fa in un negozio di dolciumi, un mix di tutti.
Stavamo suonando la canzone come sempre – non riuscivamo a capire perché stesse piangendo“. Brandon cerca di fermare con le lunghe dita la salsa che sta esplodendo dal suo cibo messicano, e fa un sorrisone. Mancano sei settimane entro le quali l’album deve assolutamente andare in stampa. Otto settimane a quando sarà messo sugli scaffali dei negozi. Un mese al V Festival. Eppure la tracklist non è ancora pronta.
Potrebbe essere di nove canzoni, o giù di li. O potrebbe essere di 12“, è la considerazione del batterista Ronnie Vannucci. Ronnie è un uomo sempre così rilassato che il giorno in cui morirà neanche se ne accorgerà. “È sempre così. Il problema è che dobbiamo seguire delle direzioni che abbiano un senso. C’è un certo caos naturale nel processo“.
Le cose sono sempre agitate“, dice il chitarrista Dave Keuning. “Ma mai così. Registrare il nuovo album, provare le canzoni nuove, cercare di dare nuova vita a quelle vecchie: c’è molto da fare“.
Il problema è che alcune canzoni continuano a scalare posti arrivando in cima alle preferite. Come Rising Tide, la canzone che avevano originariamente scritto e poi non suonato per il concerto ad Hyde Park a Londra nel 2011. Qualche settimane fa sembrava spacciata. Adesso l’hanno tirata fuori dalla polvere, messa apposto, ed è diventata quella che spicca di più nel nuovo album.
Ad oggi sono passate 48 ore da quando Runaways – il loro singolo di ritorno alla “When You Were Slightly Older” (quando eri un po’ più vecchia, ndt.) – è stata presentata via internet. Non hanno seguito direttamente le reazioni. “Abbiamo una persona che lo fa per noi“, dice Ronnie. “Tra una pausa e l’altra entra e dice, ‘Hey, alla figlia di cinque anni di qualcuno piace molto…’“.
Dirò solo questo“, riflette Brandon. “Nessuno dei precedenti ha avuto questo tipo di reazione. Sembra che le persone abbiano reagito bene sin da subito questa volta“. Forse perché, rispetto allo zig-zag dettato dalla nuova direzione di When You Were Young e Human, Runaways rappresenta un po’ una foto di tutto quello che c’è stato prima. Un po’ di synth, quel coro alla Springsteen che fa battere il cuore, un po’ di tempesta nei testi su come “We got engaged on a Friday night/I swore in the head of our unborn child…” mentre ragazze con capelli biondi e occhi azzurri affermano in modo molto brandoniano: “Ain’t we all just runaways!“.
Scavando di più in Battle Born, diventa palese che una delle caratteristiche che lo contraddistingue è la mancanza di canzoni singolo. A volte si è menzionato il fatto che Day & Age rappresentava il modo in cui Brandon ha voluto reagire alle parole poco carine rivolte a Sam’s Town, e non si può fare a meno di chiedersi se la non scelta di Battle Born abbia una qualche relazione con le critiche che ha ricevuto Day & Age.

In tutta onestà, non si può vincere perdendo con i critici la maggior parte delle volte“. Brandon è seduto sul divano. Quasi sembra più giovane di cinque anni fa. Nonostante abbia superato da poco i 30, è ancora magrissimo: il tipo di magro che separa le rockstar dalle persone normali, con la pelle brillante che è quasi una pubblicità ai benefici del vivere senza fumare, senza usare droghe, e da astemio padre di tre bimbi. Pare che corra molto. “Abbiamo pubblicato ‘Hot Fuss’. La gente ha cominciato a chiamarci anglofili. Questo ci ha fatto riflettere su noi stessi e così abbiamo fatto un album più americano. E così la gente ha cominciato a dire ‘Cosa sono queste cagate?’. E così abbiamo deciso di sperimentare..fare qualcosa più pop..e allora hanno iniziato a dire ‘Cos’è questa merda disco?’. Ma in tutto questo c’erano sempre alcune grandi canzoni. E non ho paura a nominarle: Mr Brightside, Somebody Told Me, When You Were Young, Bones, Human, Spaceman“. Le conta con le dita. “Delle grandi canzoni. E così alla fine abbiamo deciso di seguire le canzoni“.
Poco prima durante il pomeriggio, ci è stata data l’opportunità di seguire le canzoni da noi, con Brandon che faceva il Dj al mixer, e Ronnie che lo assisteva abilmente di fianco. Come promesso, sembrano un flipper impazzito. Niente di così allarmante come la calipso Joy Ride da Day & Age, ma c’è un anno luce di distanza tra From Here On Out, una canzone che sarebbe potuta benissimo essere caduta dal camioncino polveroso dei Traveling Wilburys, e Rising Tide, con atmosfere alla OMD. O tra i pezzi anglofili di Carry Me Home e la canzone che dà il nome all’album: una tagliente e aggressiva canzone rock aperta dal migliore tentativo da parte di Dave di emulare un riff alla AC/DC.
Il perno dei testi di Brandon, Miss Atomic Bomb, un imponente prequel di Mr Brightside, è uno sfacciato tentativo di inglobare il riff originale nella seconda parte della canzone. Il titolo si riferisce all’era in cui felici vacanzieri degli anni ’50 guidavano nel deserto del Nevada per guardare i test nucleari del governo americano, e sembra evocare quell’innocenza americana ormai perduta: “Miss Atomic Bomb/making out, we’ve got the radio on“. È senza dubbio l’unica canzone che sanguina americanità. Ci sono il rock di Flash And Bone (“I hit like a raging bull, anointed..cut from the cloth of a flag that bears the name Battle Born“). La canzone che brilla come la torcia di chi si è perso, Heart Of A Girl (“A million miles of freedom, a million miles of road, but I still don’t know where to start“). E la ballata più Hot Fuss, Matter Of Time (“I’m just an avenue..outside that vacant starlight motel“). In Brandon-landia, adesso come mai, le persone stanno fuggendo per trovare quello che hanno perso, perdendo per vincere, solitamente in un carrello per la spesa, con i collari blu sempre alzati contro il sole abbagliante del Paese dei Sogni rappresentato dagli USA. Ha passato più tempo di quanto mai abbia fatto a scrivere i testi per questo album. Che è poi la stessa cosa che aveva detto per i testi di Day & Age.
Cerco di guardarmi attorno“, dice guardando distogliendo lo sguardo. “Sono uno che origlia. Sono sempre stato così. Mia moglie si arrabbia con me quando vede che lo faccio. Amo ascoltare e guardare quello che fanno le altre persone. Direi che questa è un po’ un’osservazione generalizzata della mia generazione: sembra che non siamo in grado di andare avanti da soli come la maggior parte delle altre generazioni“.
Ad esempio, la tecnologia è fantastica..ma non vogliamo dimenticare da dove veniamo. Eppure ci di dimentica. Negli ultimi anni, ho iniziato a fare arrampicate e fare camping più spesso. Ti senti diverso. Sembra una cosa più familiare. Familiare alla nostra anima, credo. Ogni volta che siamo stati in tour, durante i giorni di pausa avevo l’abitudine di prendere il primo autobus che portasse al parco nazionale più vicino per camminare un po’. Ti fa connettere con qualcosa“.
Brandon ha avuto più tempo per questi giri all’aperto negli ultimi due anni. Nel 2009, quando il tour di Day &: Age stava per concludersi, la band si è ritrovata all’improvviso preoccupata. Piuttosto che continuare con una altro giro promozionale, hanno deciso di prendersi una pausa. Ma non tutti ne avevano voglia. L’album solista di Brandon del 2010, una raccolta di canzoni synth che professano l’amore per Vegas, spesso suonava come l’album surrogato dei Killers che le persone dicevano volesse fare. Si diceva che voleva continuare, dato che non è mai stato prodigo di ambizione e di lavorare sodo. Anche Ronnie voleva andare avanti. Solo Mark e Dave hanno dovuto mettere un freno, chiedendo una pausa alla band.
Dunque, ecco come funziona“. Ronnie, che ha pubblicato Big Talk, il suo fantastico album solista da bevute di whisky, durante la pausa, si raddrizza sulla sedia e inizia con tono da genitore che rimprovera. “Siamo una macchina composta da quattro parti. E quando qualcuna di quelle parti si consuma, devi darle del tempo per riprendersi. Abbiamo tutti delle indoli diverse e cerchiamo di venirci incontro. C’è bisogno di rispetto. Altrimenti rimani una band per tre anni e poi esplodi“.
Quando poi incontriamo lui e Mark più tardi, Dave fa capire che i problemi sono completamente risolti. “Oh si, siamo tutto orgogliosi di essere i Killers 24 ore su 24“, dice sogghignando. “Beh, non siamo tutti fatti allo stesso modo. Ho un figlio, quindi mistero risolto“.
Brandon ammette che non voleva la pausa, ma è diplomatico. “È quello il momento in cui si capisce cosa vuol dire far parte di una band“, dice. “Ne facciamo parte tutti. Non possiamo costringere nessuno a fare qualcosa e se non si fa attenzione ne risentono tutti. Dave aveva bisogno di vedere suo figlio e riposarsi. Ecco come è andata. E così siamo finiti a prenderci una pausa e fare lavori solisti e passare così il tempo e in realtà è andata bene anche così. È stata una bella esperienza. Ci ha sicuramente insegnato dei modi diversi di pensare alla musica“.
Nell’Ottobre dell’anno scorso si sono finalmente riuniti a Battle Born. Hanno passato circa una settimana a guardarsi l’un l’altro negli occhi“, cercando, e fallendo, di produrre qualcosa di significativo. Poi Brandon ha tirato fuori Runaways. L’hanno spolverata, alzato il volume del ritornello e hanno trovato la scintilla.
Quella e Miss Atomic Bomb rappresentano lo scheletro dell’album“, è il pensiero di Brandon. “Mi hanno fatto sentire che stavamo andando nella direzione giusta“.
Dopo una carriera caratterizzata da crisi di identità, hanno deciso di fregarsene e di scrivere le canzoni che li facevano sentire meglio. I cinque produttori hanno inavvertitamente aiutato questa spinta. Credevano di averlo pronto. Poi hanno scartato tantissime canzoni. Poi ne hanno scritte ancora, avvicinandosi gradualmente a quella che è una canzone dei Killers nel nucleo. Arrivati al punto più alto della spirale lontani dai problemi più stupidi è arrivato qualcosa che li ha rimessi con i piedi per terra. Il 23 Aprile la polizia è stata chiamata a casa del loro sassofonista di lunga data, Tommy Marth. Si erano sentiti degli spari. Il trentatreenne si era rinchiuso in una lotta con la depressione e pare che non sentisse di poter vincere.
Mark era la persona che conosceva di più Tommy. Era andato a scuola con lui quando avevano 14 anni, e lo aveva fatto conoscere alla band. “Sapevamo che era volubile, ma…non c’erano dei segnali che potesse arrivare a tanto“, dice. “Era un ragazzo davvero gentile, felice, amichevole e creativo la maggior parte delle volte. Ma allo stesso tempo, aveva questi momenti di rabbia e disperazione che non avevano senso…completamente dal nulla“.
Brandon rimane senza parole. Al punto che, quando guardiamo verso di lui per una risposta, alza semplicemente le braccia, il suo viso ha un’espressione tra il minimizzare la cosa e una smorfia. Si? No? “Non voglio dire niente. Non so cosa la sua famiglia vorrebbe che dicessimo…“.
Non era previsto che Tommy lavorasse su Battle Born. La sessione doveva continuare.

Fuori, squadre di tecnici stanno caricando casse di attrezzature su un camioncino preso a noleggio, pronto per il viaggio di una settimana verso la Carolina del Nord, per il loro concerto di ritorno. Sono le stesse attrezzature che saranno usate questo fine settimana per il grande ritorno in UK al V Festival. La band è nervosa? Per niente.
Non siamo preoccupati del V“, dice Ronnie ridendo. “Davvero. Prendiamo ogni concerto così come viene. Non lo definirei un ‘ritorno’. Ci siamo sempre stati. Tutto funzionerà finché le canzoni vanno bene. Se lo sono tutti questi sforzi avranno avuto un senso. Si tratta solo..di fare in modo che arrivino dove devono arrivare“.
All’interno, Brandon sta parlando di politica – o almeno è quello che stiamo cercando di fargli fare. Nel Febbraio dell’anno scorso, se si crede alle dicerie, ha pranzato con il candidato alla presidenza dei Repubblicani, Mitt Romney, al The Palm del Ceasar’s Palace. Ha, come si dice “qualche ricordo” a riguardo?
Si, abbiamo pranzato assieme. Io ho preso un hamburger, mi pare“.
Cosa ha mangiato Mitt?
Oh, non ricordo“.
Quattro anni fa, mentre discuteva di Day & Age con NME, Brandon era esitante tra Barack Obama e John McCain: un tipo di esitazione che pochi nell’Europa innamorata di Obama potevano immaginare. Era stato attento a non essere tatuato in anticipo come Repubblicano quella volta, ma era chiaro che pendeva molto di più di molte altre pop star. Come Brandon, Romney segue la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni. Di recente ha portato ilarità tra i giornalisti affermando di indossare ‘mutande mormoni’ – quelle bianche con i versi della bibbia cuciti sopra, difficili da rimuovere per dissuadere i potenziali adulteri. Avete discusso di politica?
Non esplicitamente“.
Fa spallucce come se non riuscisse a ricordarsi se si trattasse di Romney al martedì, Mandela al mercoledì e Gates al giovedì o all’incontrario. Come nel caso di Rebekah Brooks e i cocktail di Natale di con il primo ministro, vi aspettereste che solo un consigliere della regina potrebbe vedere oltre questa memoria selettiva.
L’ho già detto in passato“, afferma, “ma non credo che nessun Presidente abbia mai cambiato niente. La mia famiglia era povera. Non abbiamo visto nessun cambiamento quando è stato eletto Clinton. Ne’ quando se n’è andato. Non credo che funzioni così. Voglio dire, abbiamo suonato alla Casa Bianca per Obama il 4 Luglio dell’anno scorso. Anche quello è stato bello“.
Se foste Mitt Romney, seduti lì con le vostre mutande mormoni mentre guardate Brandon che mangia le patatine fritte, forse anche voi vi chiedereste come questo timido e sognatore origliatore abbia così tante persone che pendono dalle sue labbra. Nella stessa settimana in cui il singolo di ritorno leggermente troppo calcolato dei Bloc Party ha ricevuto recensioni miste, i Killers hanno dimostrato come siano ancora in grado di parlare direttamente al pubblico rimanendo ancorati alla grandezza, un sentimento che rimane distante dall’ironia ed è sempre messo a nudo. Ecco perché sono ancora celebrati dai presidenti e corteggiati dai contendenti alla presidenza. Dopo oltre 15 milioni di album venduti, sembrano essere arrivati al punto in cui non hanno bisogno di saccheggiare la scatola dei travestimenti per affermarsi.
Anche Ronnie ha avuto tempo di pensare allo stato della politica in America. “È stato bellissimo suonare alla Casa Bianca. Ma alla fine ho toccato il sedere a Michelle Obama. Le piace abbracciare le persone! Ed è inaspettatamente alta, quindi, quando ci stavano presentando loro, è venuta per un abbraccio, e siccome è così alta ha messo le braccia sopra di me così“. Si abbraccia da solo come dimostrazione. “E quindi, per come mi ero posizionato, mi sono all’improvviso trovato a toccarle il sedere“. Ronnie sorride diabolicamente. I denti di Brandon brillano da quanto sono bianchi.
Catturare il cuore dell’uomo di strada, toccare il sedere della First Lady. Ben ritornati, The Killers.

Parole da battaglia!

Le parole di guerra di Brandon prima dell’uscita degli album

Hot Fuss (2004)

Non è un album indie. La nostra mentalità ha molte similitudini con quella indie, capisco molte delle cose indie, ma se mi chiedete quali sono le mie band preferite vi direi The Beatles e U2, che non sono band indie. Hanno venduto dischi e volevano che le persone ascoltassero la loro musica. Ed è quello che vogliamo anche noi. È come quando si è giovani e si conoscono delle canzoni – voglio avere canzoni come quelle. E le band indie non avranno mai quel tipo di canzoni – perché non sono fatte per esserlo.

Sam’s Town (2006)

Questo è uno dei migliori album degli ultimi 20 anni. Non c’è niente che potrebbe scalfire quest’album. Hot Fuss era basato completamente sulla fantasia. Le influenze inglesi, il trucco – erano quello che immaginavo fosse rock. Sono un sognatore, quindi mi ero rifugiato in quel sogno e scritto Hot Fuss. Ma sentire le persone che ci definivano come la migliore band britannica americana mi ha fatto pensare alla mia famiglia e a chi ero. Ecco di cosa parla Sam’s Town. Ho cercato di trovare chi ero.

Day & Age (2008)

Credo di prestare troppa attenzione a quello che le persone scrivono. Sto migliorando; sto pensando di meno. Ecco perché Day & Age è un album allegro. Ci siamo lasciati andare. Non ero preoccupato di quello che i critici potevano dire su di noi e di come cercavamo di seguire le orme degli U2. Il cambiamento è inevitabile. Non abbiamo paura di suonare allo stesso modo, ma non abbiamo nemmeno paura di abbracciare quello che sta succedendo. Questo sarebbe potuto tranquillamente essere Sam’s Town Part 2. Ma quando ci siamo messi a lavorare assieme, non lo è stato. C’è molto più spazio in questo album. Credo sia un segno di maturità, ed è bello essere arrivati a questo punto.

Battle Born (2012)

Sento che ci sono molti momenti che andranno bene dal vivo, più di quanti ne abbiamo mai avuti. Sento che le persone riusciranno a relazionarsi e a capire queste canzoni. In proporzione è il nostro album più forte, e ne sono molto entusiasta. Stiamo iniziando a sentirci più a nostro agio ad essere chi siamo. E siamo orgogliosi di chi siamo.

Lou Reed è stato la nostra Rihanna

Brandon da un parere sulle cose più discusse della musica ultimamente

Le battaglie intestine ai New Order

È una cosa terribile. Non capisco, quando vedi tutto quello che hanno passato lungo gli anni, ti chiedi perché non riescono a comportarsi bene l’uno con l’altro? Devono risolvere la situazione, velocemente.

I Coldplay che lavorano con Rihanna

È parte del loro viaggio. Le band migliori hanno sempre cercato di allargare il modo in cui le persone le vedono. Noi lo faremmo? Forse non direttamente. Lou Reed è stato la nostra Rihanna (quando hanno collaborato per Tranquilize).

Il ritorno dei Bloc Party

Non l’ho ancora sentito, ma sono ancora una band interessante. Sembra che il cantante si stia divertendo di più in questi giorni. Sembra essersi aperto molto di più.

La reunion degli Stone Roses

Non sono mai stati sul mio radar quando stavo crescendo. Mi piacevano gli Smiths e i Pet Shop Boys e molta altra musica inglese, ma gli Stone Roses non he hanno fatto parte per un qualche motivo. Li ho scoperti di recente, e ho capito che hanno un sacco di belle canzoni.