Skip to main content

Intro [10-2012]

A Las Vegas ci sono una piramide e una Torre Eiffel. Un vulcano artificiale erutta più volte al giorno. Là vengono celebrati più matrimoni, ma vengono anche compiuti più omicidi, rispetto a qualunque altro posto negli USA. Las Vegas è la patria della band The Killers. Qui lavorano, e qui hanno presentato a dei giornalisti selezionati il loro nuovo album “Battle Born”. Martin Riemann ha trascorso quattro giorni nel paradiso dei giocatori d’azzardo e ha provato a guardare dietro la straordinaria aura della band intorno a Brandon Flowers. Ci è riuscito a metà.

Notoriamente, i grandi eventi gettano la propria ombra davanti – nessuno lo sa meglio di coloro che sono cresciuti nel deserto. I Killers, originari dello stato desertico del Nevada e uno dei gruppi di maggior successo degli anni zero, hanno agito con cautela per pubblicare un nuovo album dopo una pausa di quattro anni. Molto presto e un po’ alla volta sono state diffuse informazioni per creare nei fan l’impressione che il mondo stesse aspettando febbrilmente il nuovo album.
Così è iniziata la pubblicità per “Battle Born” già nel maggio di quest’anno. L’etichetta della band ha invitato una manciata di giornalisti provenienti dall’Europa per raccogliere le prime impressioni sul nuovo materiale direttamente a Las Vegas, nei Battle Born Studios di proprietà della band. Come nel mio caso.
In questo momento percorro assetato una lunga autostrada senza fine nel deserto del Nevada. È pomeriggio a Las Vegas e mi sto dirigendo verso i suddetti studi. Poco prima della mia meta, mi telefona Brian, il promoter della band, per comunicarmi un cambiamento di data. Quando viene a sapere che io sono a piedi, viene preso alla sprovvista “Sai, è per questo che hanno inventato i Taxi”, mi spiega leggermente irritato. Gli dico che volevo vedere volentieri i dintorni, ma la risposta lo convince poco, forse addirittura lo preoccupa. Per me ora è comprensibile, oltre alla Strip di Las Vegas con i sui giganteschi Hotel e Casinò, non c’è assolutamente niente che valga la pena di guardare. L’intera città è un luogo desolato costruito frettolosamente, attraversato da strade rettilinee a più corsie, che sono affiancate da un’interminabile armata di cartelloni pubblicitari. “Spara con una pistola vera” c’è scritto a caratteri cubitali su uno di questi. La maggior parte delle persone tuttavia apprezza i servizi dei cacciatori di cauzioni, avvocati, usurai, cartomanti, prostitute e delle varie organizzazioni ecclesiastiche. A parte questo, c’è un sole alquanto spietato. Brian ha ragione: è stupido andare in giro qui a piedi. Quasi nessun altro lo fa. Finora ho incontrato solo un paio di adolescenti seminude, più fatte e più sporche di uno spazzacamino. Adesso tuttavia sono quasi arrivato nel luogo dove i Killers hanno creato molte delle loro Hit: i Battle Born Studios.

Un passaggio mancato

I Battle Born Studios si trovano in un monotono complesso di magazzini uno uguale all’altro. Nella maggior parte dei casi cartelli o segni non fanno capire che cosa accade dietro i muri bianchi e le finestre sbarrate. Lettere e numeri fungono da indirizzi attuali. In questo anonimo, oppresso dal sole, abbandonato e malinconico posto, si trova anche il quartier generale dei Killers. Qui hanno registrato il precedente album “Day & Age” e gran parte del loro quarto album.
Mi trovo già in vista dello studio, quando Brian mi chiama ancora per sapere dove sono. Nello stesso momento si ferma vicino a me un pick-up color caffè. Brandon Flowers è seduto al volante e mi chiede sorridendo se voglio un passaggio. Sul posto del passeggero si riconosce il chitarrista Dave Keuning. Io rifiuto ringraziando. Posso fare camminando i restanti 20 metri. Brian, che ha sentito attraverso il telefono la breve conversazione, mi grida nell’orecchio. Vuole sapere con chi ho appena parlato. Quando gli rispondo che è Flowers, cambia il suo tono di voce: “Non lo conosci mica?” chiede chiaramente eccitato. “No, voleva solo darmi un passaggio in macchina”, rispondo io. “E tu… non sei salito?” riprende dopo una breve pausa. Riattacco ed ecco che vedo già davanti a me un irritato Brian.
Brian è sulla trentina, tarchiato e nervoso. Mi spiega brevemente tutte le cose che non devo assolutamente fare. L’album in questo momento e a circa sei mesi dalla sua pubblicazione ufficiale, ci sono alcuni periodi di sospensione da rispettare. Ad esempio per un determinato periodo di tempo non posso rivelare né come si chiamano le canzoni, né come suonano. Chiedo un po’ scherzando se non era una ricompensa un po’misera per quattro giorni di soggiorno a Vegas e Brian ribatte che questa visita alla studio è un’opportunità unica per me per farmi una personale impressione della band e della musica, che non avrei se non qui. Quindi firmo i documenti necessari e posso entrare.
Lo studio sembra piccolo, infatti è molto tortuoso e ha un’atmosfera intima. Dettagli come carta da parati e abat-jour antiquate danno l’impressione a Flowers & co. di essere a casa. Ronnie Vannucci e Dave Keuning stanno in silenzio in una piccola stanza attigua. Regna un’atmosfera leggermente tesa. Giungo nella piccola sala di registrazione, dove si deve svolgere la “Listening-Session”. Qui Brandon Flowers, un tecnico del suono, altri quattro giornalisti e l’avvocato della band stanno già aspettando. Brian mi introduce ridendo ai presenti come “Il tipo che non voleva andare in macchina con Brandon e Dave”. Poi Flowers mi guarda a lungo sorridendo. Evidentemente mi perdona la lesa maestà. Bene, allora possiamo incominciare. Ma prima il cantante deve riflettere su quale canzone vuole farci sentire per prima. SI gratta pensieroso il mento e nomina esitante un titolo al tecnico: “Hmmm, suoniamo “Flesh and Bones!”. Questo strano rituale si ripete da allora in poi quattro volte. Ascoltiamo quindi cinque canzoni che da sole hanno una significativa importanza per gli standard dei Killers. Nostalgia, malinconia e tristezza riempiono tuonando la stanza. La ridondanza impressionante ed eccessiva in ogni parte conduce di gradino in gradino più in alto il dramma, fino a che si crede di dover ricordare il momento più bello o più brutto della propria vita. Ma questo non avviene con i Killers. Lo stesso Flowers ascolta colpito le sue penetrati canzoni.

Brandon Flowers preso alla sprovvista

Poco dopo Flowers e Keuning sono a disposizione per delle domande. Quando entro nella stanza, entrambi siedono in silenzio uno accanto all’altro. Keuning ha un’espressione distratta. In compenso Flowers ha sempre il suo disarmante, malizioso sorriso sul volto. I Killers sono un gruppo che è volutamente consapevole del suo valore. Già il loro secondo album “Sam’s Town” era per Flowers il migliore della sua tempo. Sul loro sito costoso ed elaborato i loro album hanno addirittura autorevoli titoli extra con numeri romani. “Hot Fuss” è “I. L’introduzione”, “Sam’s Town” viene indicato come “II. Un confronto” e “Day & Age” è definito anche come “III. Una conferma”. Per farmi un’idea su “Battle Born” ora mi interessa con quale termine potrebbe venire indicato “Battle Born”. Cosa succede quando si ha già ricevuto un consenso? Flowers è sorpreso dalla domanda. Finora nessuno ha ancora fatto riferimento a questo dettaglio. Lui si rallegra tremendamente che qualcuno lo faccia ora, ma purtroppo non mi può aiutare: “Qui mi hai preso alla sprovvista” dice lui, divertito dalla sua mancanza di idee, “non ne ho la più pallida idea!”. Anche possibili titoli non gli vogliono venire assolutamente in mente.
Pure dall’assonnato Keuning di fronte a lui non c’è da aspettarsi nessun aiuto. Parla solo se direttamente interpellato, e comunque con riluttanza. Anche per lui le registrazioni erano diventate molto faticose, ammette.
Essendo i contenuti di competenza di Flowers, poiché non ha niente da dire si rivolge con un’occhiata al cantante. A quanto pare, sembra appena sfiorato dall’intera questione. Mentre Brandon Flowers racconta delle condizioni di produzione faticose e ricche di conflitti di “Battle Born”, il chitarrista Keuning preferisce contemplare la carta da parati vecchio stile, piuttosto che seguire il discorso. Forse è l’imperturbabilità, forse è la stanchezza, forse non ha voglia di ascoltare il racconto di Flowers. Tuttavia la presenza dell’annoiato chitarrista sembra ridurre poco a poco Flowers al silenzio. Da questo gruppo si ricava ben poco.

Sveglia Mondo, arrivano i Killers!

Le condizioni per una buona intervista sono migliori quando posso parlare ancora una volta da solo con Flowers qualche mese dopo, in agosto. In questo momento è a Londra, verso l’aeroporto. Nel frattempo ha pensato un po’ di più al tema dell’album. Ora vuole che “Battle Born” venga inteso come una chiamata alle armi, come un campanello d’allarme per chi ascolta. Infatti ha il sospetto che tutti ci trasformeremo lentamente in droni. Droni?! Intende forse quei robot assassini telecomandati con i quali il suo Paese terrorizza il Medio Oriente? In realtà per lui il pericolo viene da tutta un’altra direzione. “Veramente non sono il primo che lo pensa”, spiega la sua teoria sui droni. “Internet rende il nostro mondo molto più piccolo di quello che è. Così si sviluppa un sconcertante modello di persone moderne e perdiamo l’identità della nostra origine. Per me stimare la propria patria e stare in contatto con questa non è una cosa negativa.” Flowers pronuncia le ultime parole quasi sulla difensiva, evidentemente stanco di essere costantemente deriso per il suo patriottismo. In particolare internet, che rende possibile a tutti di diffondere la propria idea nel mondo, è responsabile di molta negatività e piagnistei. Sempre più persone trascurano le proprie responsabilità a favore della loro vita. Un tema che Flowers vuole spiegare con il concetto “Runaways”. È il titolo del primo singolo.
I Killers oppongono a questi problemi un album che mette in guardia dai pericoli della modernità per fermarli con le loro ballate rock e pop tradizionali e conservative. L’ampollosità accompagna l’apprensione, le preoccupazioni e le speranze di Flowers ovunque. La leggera giocosità con la quale i Killers l’ultima volta potevano ancora sorprendere è storia. “III. Una conferma” è stato usato. Ora arriva “IV. La Missione”.
Speravo che Brandon Flowers avesse potuto spiegarmi il senso già a Las Vegas, forse avrebbe svegliato Dave Keuning.

Battle Born—Il titolo è di fatto un programma, la produzione per “il migliore e più complesso album dei Killers finora” (Flowers) è stata faticosa. La band ci ha impiegato più di un anno, è andata in diversi studi e ha avuto bisogno di cinque produttori. A confronto “Day & Age” era pronto in un mese. Per Flowers “Battle Born” è il giusto contrario del precedente.

Drone—Apparecchiatura aerea senza equipaggio che viene guidata attraverso un telecomando o un software informatico. Inoltre i droni servono per la raccolta di informazioni o per attacchi mirati con conseguenze mortali, come l’ultimo nel giugno di quest’anno, dove un drone ha ucciso Abu Jahja al Libi, uno capo importante di Al-Qaida.

Patriottismo—I Killers hanno suonato nel 2010 alla Casa Bianca per Barack Obama e alcuni soldati americani un “saluto ai militari”, che consisteva tra le altre in “Human”, “Mr. Brightside” e “When You Were Young”. Brandon Flowers ha avuto anche un breve incontro con Mitt Romney, il peggior rivale di Obama per la Presidenza, per impegnarsi per un miglior trattamento per i veterani della guerra. Romney e Flowers si capiscono probabilmente bene, sono entrambi mormoni.

Grazie a Beatrice per l’aiuto con la traduzione.