NME [22-06-2013]
Altro lavoro solista?
Una pausa meritata?
O un gruppo di canzoni nuove…
In vista del concerto più grande della loro vita allo stadio di Wembley, Barry Nicolson si concentra su ogni membro della band per scoprire quale potrebbe essere il prossimo passo dei quattro figli prediletti di Las Vegas.
Londra centro, Giugno 2013. Il retro di un taxi, se proprio dovete saperlo. Dave Keuning e Mark Stoermer stanno ripensando ai vecchi tempi, quando questa città rappresentava ancora un mistero per loro. In particolare stanno ricordando del Barfly a Camden, il posto in cui i Killers hanno suonato la loro seconda data in assoluto nel Regno Unito, e in cui Keuning si ricorda vagamente di essere stato rimbalzato dall’area del backstage dal tour manager della band di supporto. In un’altra occasione, sono scesi dal palco per trovarsi a tu per tu con Pete Doherty e un’accompagnatrice senza nome che sniffavano nel loro camerino senza nessun tipo di invito. Nessuno è sicuro di come ci sia entrato.
La strada dei ricordi ci porta a Lancaster Gate e al Columbia Hotel, la bettola a Bayswater che una volta forniva riparo, un posto in cui dormire e alcol 24/24 a praticamente tutte le giovani band in tour che passavano per la capitale. Durante la loro prima visita hanno dormito tutti assieme in una quadrupla, attaccati dagli scarafaggi locali. La volta successiva, la loro etichetta ha sborsato i soldi per due doppie, ed è li che hanno capito che le cose andavano sempre meglio.
Poi il discorso vira sullo stadio di Wembley, dove i Killers presto suoneranno il concerto più grande della loro carriera. Questa è la data che Stoermer sta “fissando sul calendario dal momento in cui è stata confermata, una di quelle cose-che-è-la-prima-volta-che-faccio che ormai non abbiamo più”. Nello specifico vuole sapere se la band avrà un elicottero per battere il traffico del dopo-concerto. Non lo avranno: al contrario scapperanno dal palco e verranno fatti salire su delle limousine in loro attesa. Non sono sicuro ma credo di cogliere uno spasmo di delusione nell’espressione impassibile del bassista. Keuning, nel frattempo, sta cercando di non pensarci. Non ancora, per lo meno
“Non sono mai nervoso per nessun concerto“, dice il chitarrista dai capelli arruffati, “ma se penso troppo a questo, potrei diventarlo. Ci abbiamo visto altre band suonare, e abbiamo parlato di quando saremmo stati in grado di farlo anche noi. Ma non credo che capissi quanto è importante. Non ci sono tante band ad averci suonato. È incredibile se pensi a tutti i posti diversi in cui abbiamo suonato a Londra. Ma questa è la vetta. Questo è l’Everest“.
Strano ma vero: la scorsa estate, mentre i Killers stavano finendo i lavori su Battle Born, il batterista Ronnie Vannucci disse ad un giornalista di avere così voglia di tornare in tour che avrebbe suonato per l’inaugurazione di un 7-Eleven. Due giorni dopo qualcuno dal quartier generale di 7-Eleven si è messo in contatto per cercare di organizzare la cosa. Vannucci ha coscienziosamente portato l’offerta ai suoi compagni di band, che hanno però stra vinto ai voti contro di lui. È un peccato, perché ci sarebbe stata una poesia piacevolmente surreale in tutto ciò: dal buco di una talpa alla montagna nello spazio di un tour.
Wembley non è solo un concerto, è il concerto: in pinnacolo di quello che una band rock può raggiungere di questi tempi. Ma ancora di più è l’affermazione, una conferma che stai andando per la strada giusta seguendo quella storia e quelle persone. Quando i Killers sono arrivati per la prima volta in questo Paese, gli Strokes erano già headliner ai festival, i White Stripes erano già arrivati al numero uno nella classifica degli album e i Libertines avevano rimpiazzato Coronation Street come la soap opera preferita dei britannici. Quasi esattamente dieci anni dopo, due di quelle band non esistono più e la carriera degli Strokes si è stabilizzata. Della classe del 2003 – la più promettente semina indie rock degli ultimi anni – solo i Kings of Lion hanno la stessa longevità e successo dei Killers. Ma non hanno suonato a Wembley.
“Senza voler sembrare un completo idiota“, mi dice più tardi Ronnie Vannucci, “questo concerto è il culmine di molte speranze e sogni e aspirazioni. Nei primi giorni, quando suonavamo nel mio garage ‘Jenny Was a Friend of Mine’, mi ricordo di aver pensato – forse l’ho anche detto a voce alta – ‘Un giorno la suoneremo a Wembley’. Adesso ci ritroviamo a far parte di quel rango“.
Circa novanta minuti prima del mio giro per Londra in taxi con Dave e Mark, Brandon Flowers entra a grandi passi nel suo esclusivo hotel del West End, con la sua abbronzatura improbabile e il suo fisico atletico, i suoi denti Americani spaventosamente perfetti che luccicano come occhi di gatto su una strada buia. La sua stretta di mano è ferma e sicura di sé, come quella di un quarterback del football americano. La sua risata è nervosa e acuta, come quella di un bambino.
Flowers ha sempre bisogno di un po’ di tempo per entrare nel ritmo di un’intervista, quindi alle mie domande iniziali su Wembley ricevo risposte brevi. Percepisco che è anche un po’ ansioso a riguardo; dopotutto, è un concerto così grande che vedranno il loro essere headliner dell’Isle of Wight Festival come un warm-up.
“Devo considerarlo come un concerto qualsiasi“, ammette, “ma non lo è. Significa davvero qualcosa per me. È un onore“.
Di tutti i membri della band, Flowers è l’unico che sembra essere molto cambiato nel corso degli anni. In passato, era solito sfruttare le interviste come un’opportunità per fare il galletto, pavoneggiarsi e parlar male di sfortunati colleghi contemporanei e non. All’epoca, questo comportamento veniva visto come un grosso eccesso di sicurezza di sé. In realtà invece, “lo facevo solo per nascondere il fatto che non mi sentivo mai all’altezza. Sentivo di non avere sufficienti conoscenze, eppure andavo in giro per queste fiorenti metropoli, con il compito di intrattenere la gente“.
Richiama alla memoria una recensione Americana del loro secondo album, Sam’s Town, che “mi ha fatto crollare il mondo addosso. Ero distrutto. I critici sottovalutano il loro potere, perché noi sopravvalutiamo i critici. Un tizio che presumo sia un grande appassionato di musica ha appena detto che il mio album è merda. Disse che l’unica cosa che somigliava ad una buona canzone era When You Were Young. Ho passato mesi e mesi a cercare di superare quell’intervista. È finita per diventare un dono, perché mi ha reso un frontman migliore, ma salgo ancora sul palco pensando che c’è qualcuno come lui che recensirà il concerto, e mi sento a disagio“.
Restano tracce delle sue vecchie insicurezza – solo Brandon Flowers, per esempio, può preoccuparsi del fatto che suonare a Wembley potrebbe significare che “non siamo cool come le band con cui sono cresciuto, e che non ci hanno mai suonato” – e la sua malignità, come la sua vecchia affezione per la birra e le sigarette, sono abitudini che cerca di tenere sotto controllo. Ci riesce il più delle volte.
Quando parliamo della generazione di band assieme alle quali sono emersi i Killers, e del motivo per cui pochissime sono oggi in una situazione migliore rispetto a quella in cui erano dieci anni fa, Flowers si lamenta dell’ascesa dell’EDM (Electronic Dance Music), che, dice: “Ha preso il sopravvento a Las Vegas. Persone come David Guetta e Deadmau5, sono delle superstar. Hanno preso residenza nei grandi nightclub. Ho sempre avuto un piede nel mondo dei sintetizzatori, quindi c’è qualcosa di buono, ma…”
Ti lascia indifferente?
“È che non capisco come ci si possa affezionare. Come possa formarti, nel modo in cui può farlo una rock band?”
Cosa ne pensi dell’album dei Daft Punk?
“Ho ascoltato solo il singolo. E capisco perfettamente il motivo del suo successo. Ma sono stanco della gente che ruba. Non sto cercando di iniziare una polemica con i Daft Punk, ma sento la somiglianza con Michael Jackson nella melodia vocale e nella progressione degli accordi, e mi dà fastidio. E sono davvero stanco delle canzoni che parlano di scopare“.
Ecco la particolarità del parlare con i Killers: fanno interviste individualmente, quindi quando si fa una stessa domanda ad ognuno di loro, raramente si raggiunge l’unanimità. È vero specialmente per quanto riguarda la domanda alla quale devo convincerli a rispondere: dopo Wembley, che succederà? Dieci anni di carriera e 20 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, alla vigilia del concerto della loro vita, sembra un momento come un altro per chiederlo. Le cose stanno dalla loro parte attualmente, ma i Killers hanno notoriamente posto dei freni prima d’ora, soprattutto alla fine del Day & Age tour nel 2010, quando Stoermer e Keuning hanno insistito per prendersi una pausa di 18 mesi. Tutti concordano sul fatto che ci sarà una sorta di pausa alla fine di questo tour ad Ottobre, ma, come fa notare Stoermer, “Non abbiamo ancora parlato di quando ne parleremo“.
Data la domanda, non esiste risposta breve, solo quattro risposte leggermente contraddittorie.
Dave: “Stiamo scrivendo cose nuove. Non sappiamo quando uscirà il prossimo album o come sarà, ma scriviamo di continuo, anche se siamo in tour. Non penso che sarà lunga come… dovrei fermarmi qui“.
Mark: “Non abbiamo ancora scritto il nostro Sgt Pepper’s. Abbiamo fatto buoni album e grandi canzoni, ma quella sorta di album rivoluzionario ci manca“.
Ronnie: “Raggiungere questo stesso livello in tanti Paesi diversi, ecco, quello sarebbe qualcosa di grosso. Tipo, proviamo a fare questa cosa in America. Proviamo a farla in tutto il mondo. Lasciamo che gli U2 siano gli U2, e proviamo a capire come stabilire un legame con grandi quantità di persone in modo diverso“.
Brandon: “Farò sicuramente un altro album solista in un certo momento. Flamingo per me non è stato solo un bagnarmi le punte dei piedi nell’acqua. Mi era davvero piaciuto. Ha avuto successo, e ciò ha aiutato, ma amo quelle canzoni e mi manca cantarle. Non è stato qualcosa di completamente programmato, ma scrivo canzoni di continuo e penso – o spero – che lo farò sempre. Quindi cos’altro dovrei fare di me stesso?”
Dei tre Killers che hanno già avviato una carriera solista, Flowers sembra il più determinato a continuarla. Stoermer e Vannucci dicono che ritorneranno alle proprie un giorno, ma non hanno progetti concreti. Keuning è l’unico membro della band che non ha usato la pausa per registrare da solo. All’epoca, voleva solo “stare senza far niente“. Ora però, è più ricettivo all’idea.
“Abbiamo tutti delle idee che non vengono usate per la band”, dice. “Io ne ho tantissime. La gran parte probabilmente non vedrà mai la luce del giorno, ma non mi dispiacerebbe farne qualcosa un giorno. In quale contesto, non lo so. Ho delle canzoni acustiche con cui non ci faccio nulla perché per me, per fare una canzone solo con voce e uno strumento acustico ci vuole molto coraggio. Forse sono troppo timido per fare un album del genere“.
Diversamente dal laconico bassista, il loquace batterista e il frontman senza peli sulla lingua, Keuning non è particolarmente a suo agio quando viene intervistato. Non sta fermo un attimo, guarda fuori dal finestrino per evitare il contatto visivo. Gli chiedo se ora che è in una rock band da stadio, ha iniziato a fare richieste eccessive per il backstage: jet privati, nani che portano cocaina, calici di M&M’s blu…
“Ho affittato un jet privato per un paio di giorni, ed effettivamente è sembrato eccessivo“, dice, sorridendo. “Solo perché non sono riuscito a convincere gli altri, e io lo volevo. Quindi ho detto, ‘Fottetevi, lo faccio da solo’. L’ho usato per tornare a casa per un paio di giorni. Non me ne pento. È stato molto divertente“.
Quanto costa l’uso di un jet privato per un paio di giorni?
“Diciamo che costa troppo. L’ho affittato con tariffa oraria, non giornaliera, quindi è costato un po’ meno, ma era comunque una cifra assurda. Ma sono contento di averlo fatto“.
Keuning è riluttante ad esaltarsi troppo per Wembley perché, come fa notare, “Alla gente non potrebbe importare di meno di noi in Francia, che è a due passi. Abbiamo suonato ad un festival lì, durante il Day & Age tour, e la gente in prima fila avrebbe potuto bere del tè senza far cadere una goccia. Avevamo appena suonato ad un festival importante in Inghilterra, quindi è stato mortificante andare lì e vedere la gente che sembrava dire, “Sì, siamo francesi e non ci interessa nulla di voi!”
Modestia e severa autocritica è sempre stata una caratteristica dei Killers. Non sono mai stati totalmente soddisfatti con nessuno dei loro album, ed è probabilmente uno dei motivi per cui sono in questa posizione oggi. Quando parlo con Brandon di che obbiettivo gli piacerebbe raggiungere col prossimo, si acciglia e dice, “Sento che abbiamo bisogno di un calcio nel sedere. Forse abbiamo sbagliato a far produrre quest’album da cinque persone. La prossima volta, vogliamo scegliere la persona giusta, solo una, ed essere più severi con noi stessi“.
Ronnie Vannucci ha un dono particolare nel buttarsi giù. Il batterista scherza dicendo che dopo Wembley “Torneremo a suonare ai matrimoni e ai bat mitzvah“. Anche se fosse vero, non sono sicuro che gli dispiacerebbe poi tanto: Ronnie è un combattente.
A Ronnie piace lo scotch. Che significa, lo sa apprezzare. A capodanno, ha bevuto uno shot di scotch da 2500$. “Era buono“, dice scrollando le spalle, “ma non pagherei mai 2500$ per uno shot di scotch. Ero in un casinò e il proprietario me l’ha offerto“.
Sta bevendo birra stasera, in un ristorante Indiano a Mayfair che la band spesso frequenta quando è in città. Mark e Dave, entrambi sotto effetto del jet-lag, hanno saltato la cena, ma Ronnie e Brandon sono qui, con la loro publicist, i loro tour manager e una manciata di musicisti di supporto. Forse perché sembra il più impaziente di finirlo, Ronnie è felice di parlare dei progressi fatti su ciò che potrebbe o meno diventare il quinto album dei Killers. La band, specialmente Flowers, scrive costantemente, ma nel tempo libero, rivela di fare anche delle registrazioni al volo nel proprio studio di Las Vegas.
“Non solo demo“, conferma. “Vere registrazioni. Voglio dire, non sai mai come andrà a finire, credo. Ma abbiamo un ingegnere, e stiamo lavorando con un paio di ospiti a sorpresa, per quanto riguarda la produzione. Abbiamo del materiale davvero figo. A volte siamo colpevoli di fare cose troppo elaborate, e questa può essere una cosa negativa. Quindi dico sempre a Brandon di lavorare in una dimensione più piccola, di semplificare le cose. Se queste tracce svilupperanno un tema comune, allora sarà l’inizio di qualcosa“.
Più tardi, quando sto per andar via, Brandon e Ronnie hanno una sorpresa per me: una canzone nuova di zecca e inedita.
“Hai tempo di ascoltarla o devi scappare?” chiede Brandon.
Troverò il tempo, gli assicuro.
Quindi avvicino l’iPhone di Ronnie al mio orecchio e ascolto attentamente, cercando di non far sentire nulla agli altri clienti del ristorante. Dal punto di vista del sound, è a metà strada tra Smile Like you Mean It e Miss Atomic Bomb, tutto synth che fanno cedere le ginocchia e una batteria che sembra venire da In The Air Tonight. Non ha un titolo, ma ha un ritornello potentissimo che fa venir voglia di agitare i pugni per aria: “Give me a shot at the night“. Ronnie mi dice che l’hanno registrata con Anthony Gonzalez degli M83, e anche se si sente certamente la sua presenza, c’è comunque un elemento tipicamente da Killers. Persino suonata attraverso un iPhone in un rumoroso ristorante indiano mezzo pieno, sembra sublime.
E, indirettamente, dà una risposta alla mia domanda. I Killers non hanno probabilmente ancora capito cosa ne sarà di loro dopo Wembley, ma hanno una visione d’insieme. Continueranno a fare quello che fanno, e lo faranno meglio di chiunque altro. Ehi, questo li ha portati fin qui.
ALL THESE THINGS THAT I’VE SAID (Tutte queste cose che ho detto)
Brandon Flowers offre in sacrificio le sue opinioni sincere su…
THE BOOK OF MORMON
(Musical teatrale satirico degli autori di South Park, ndt)
“La mia chiesa non è famosa per essere molto scaltra nel gestire i media, ma hanno fatto pubblicità e la gente si è convertita. Semplicemente non lo supporto. (Gli autori Trey Parker e Matt Stone) dicono che è imparziale… ma la bilancia dice il contrario“.
LA POLEMICA CON RICHARD DAWKINS
“Non ho continuato il dibattito con lui, no! Nessuno lo convincerà mai che esiste un Dio. Ma nessuno proverà mai che non esiste. Persone come Dawkins discutono con i preti sulla possibilità/impossibilità di una vita dopo la morte, ma dipende tutto dall’avere Fede o meno“.
IL RITORNO DI BOWIE
“Vorrei aver ascoltato tutto l’album, ma non l’ho ancora fatto. Ho ascoltato un paio di canzoni. Penso sia il suo miglior lavoro da Heathen, ma non so se è allo stesso livello. La gente dice che è sullo stesso livello dei migliori lavori, ma non penso lo sia. È il migliore da Heathen – è una cosa carina da dire, no?”
L’ALBUM SOLISTA DI JOHNNY BORRELL
“So che gli buttano addosso tanta m***a, ma sono sempre stato un suo sostenitore. Di chiunque sia la colpa, viene sempre criticato, ma io penso abbia talento. Golden Touch? America? Grandi canzoni. Come si chiamano le sue nuove canzoni? Non lo so. Ho fede!”
LA NUOVA GENERAZIONE DI BAND
“Quando abbiamo iniziato, c’era sempre qualcosa in giro, non trovi? Tipo, gli Hard-Fi o altri pubblicavano sempre qualcosa che ti faceva pensare ‘Ok, tempo un paio di album, e questi ragazzi potrebbero diventare grandi.’ Non riesco a pensare la stessa cosa di nessuno oggi. Ma mi piacciono i Vaccines e il primo album degli Hurts“.
Wembley: allora, cos’è tutta questa agitazione?
Cosa aspettarsi sotto l’arco questo Sabato sera
LA PRODUZIONE
Mark: “Abbiamo deciso di non cambiare completamente lo spettacolo, perché è l’unico concerto del tour che faremo in uno stadio. Un giorno faremo una produzione apposita per i concerti negli stadi. Ma non voglio che sia sottovalutato… sarà come i concerti nelle arene, ma sotto effetto di steroidi“.
Brandon: “Abbiamo discusso della possibilità di costruire una sorta di astronave per Spaceman per un po’, ma non abbiamo mai messo l’idea in pratica. Forse, un giorno. Faremo quello che facciamo sempre, ma un po’ più in grande e meglio del solito. Non abbiamo mai suonato così bene come adesso: è emozionante“.
IL LOOK DI BRANDON
Brandon: “Non ho avuto tempo di pensarci! Ho tre bambini adesso, e assorbono tutto il tempo che prima passavo a chiamare stilisti o a scegliere vestiti. Ma non si sa mai. Potrebbe esserci una sorpresa…”
OSPITI SPECIALI
Dave: “Non posso promettere niente. Ne stiamo parlando. Non abbiamo nessuno per ora, ma potremmo organizzare qualcosa. Non posso far nomi, perché non so se andrà in porto“.
LA SETLIST
Dave: “Suoneremo un po’ più a lungo del solito, quindi stiamo discutendo se inserire delle cover, o delle canzoni vecchie“.
Ronnie: “Abbiamo fatto alcuni concerti ultimamente dopo i quali abbiamo suonato in delle bettole con una capacità di 200 persone, e abbiamo usato quei mini concerti per tirar fuori vecchie canzoni. Stiamo suonando canzoni che non suonavamo da anni. Ci saranno persone che ci hanno visti alla O2, quindi vogliamo offrir loro un piccolo extra. Non semplicemente la solita solfa in un posto più grande“.