NME [20-12-2014]
Mentre i Killers tornano con il loro nono singolo di Natale, il frontman Brandon Flowers si prende una pausa dalla lavorazione del suo nuovo album da solista per raccontare a Mark Beaumont perché crede che possano ancora diventare la band più importante del mondo.
Da John Lewis hanno il pinguino sdolcinato. Da Sainsbury hanno reinterpretato uno dei più grandi trionfi dell’umanità partendo dalla futilità della guerra, per vendere i loro grassi tacchini. Ma questo Natale, il vincitore assoluto della corsa al più sdolcinato è Joel, il personaggio delle feste meno amato dai tempi di Mr. Hankey di South Park (e i due sono accomunati da un’infelice somiglianza).
Joel – il personaggio del titolo del nono singolo natalizio dei Killers, creato dal conduttore di talk-show americano Jimmy Kimmel, che nella canzone interpreta Babbo Natale – è l’archetipico pezzo di carbone che un vendicativo Babbo Natale lascia come “regalo al perdente” ai bambini che sono stati cattivi nel corso dell’anno. Ma Joel la pensa diversamente. Appena Babbo Natale lo abbandona senza pietà, Joel conosce il suo triste e singhiozzante nuovo padrone e viene a sapere le ragioni di fondo della sua cattiva condotta, giungendo alla conclusione che nessuno merita di essere punito a Natale. E quindi – dopo aver i Killers presumibilmente consultato lo stesso dubbio esperto di fisica di Interstellar – si sintetizza diventando un diamante, tra le mani del bambino. Un reietto non amato che diventa un eroe delle feste; Joel è essenzialmente un Rudolph poco eco-compatibile.
“Abbiamo visto Ritorno al Futuro a Soho a Londra una sera,” dice Brandon Flowers spiegando le origini di quest’epico ed ottimista singolo natalizio, “e ovviamente nella colonna sonora primeggiava la voce di Huey Lewis. Mi ha fatto pensare a quanto amavamo la sua voce da adolescenti. Una cosa che ci piace fare è collaborare con altri personaggi sulle nostre canzoni di Natale, e Jimmy [Kimmel] è amico di Huey e noi conosciamo Jimmy, quindi abbiamo pensato di chiedergli di metterci in contatto e fare una canzone con Lewis. L’ho chiamato e Jimmy invece mi ha proposto di scrivere una canzone con lui, e in qualche modo durante il percorso l’idea di coinvolgere Lewis si è un po’ persa. Jimmy aveva quest’idea di un pezzo di carbone che va da un bambino “cattivo” e rinuncia alla sua vita diventando un diamante. È una cosa geniale a cui nessuno aveva pensato prima.”
Sicuramente avrebbero litigato per accaparrarsi un luccicante Joel canterino durante il Black Friday. “Me lo vedo in futuro, un qualche pezzo di carbone, magari in un libro. Potrebbe stravolgere la storia. Ciao ciao Rudolph!”
Tradizionalmente la corsa ai soldi natalizia è un’arena di superstar internazionali nella quale fanno a cazzotti i fedelissimi degli anni ’70, i cori di beneficenza formati da celebrità, contrattacchi su Facebook e il vincitore di X Factor. Qualunque band con un po’ di buon senso sa bene che non riuscirà mai a superare ‘Fairytale of New York’, quindi nemmeno ci provano. Ma dal 2006 i Killers (e Sufjan Stevens) primeggiano nella creazione di canzoni natalizie scritte con spirito, eleganza e non poca credibilità.
“È cominciato tutto quando ci hanno chiesto di partecipare alla campagna per Red,” spiega Brandon. “Bono mi ha chiesto se volessi fare una pubblicità per la Gap, e a quel tempo mi sentivo un po’ troppo figo per fare una cosa del genere, credo. Probabilmente adesso lo farei. Il Primo Dicembre è la giornata contro l’AIDS, quindi gli ho detto, ‘Invece di fare la pubblicità per la Gap, perché non pubblichiamo una canzone natalizia?’ Ed è finita per diventare una tradizione.”
Il trucco sta nel mettere amorevolmente in evidenza la canzone natalizia mantenendo una rigida faccia di bronzo, e continuare così ad accrescere la propria influenza e il proprio “potere”. Il primo singolo, A Great Big Sled del 2006, rappresentava classici scenari innevati e campane suonanti, con il solito stile musicale (in questo caso, un’euforica americanata) e vedeva la collaborazione di Toni Halliday dei Curve, duo londinese degli anni ’90. Arrivati alla terza canzone, Joseph, Better You Than Me, stavano esplorando la vita interiore dell’uomo tradito da Dio con l’aiuto di Elton John e Neil Tennant dei Pet Shop Boys.
Gli altri singoli ritraggono scene familiari commuoventi (Boots, del 2010), il Natale come un faro di speranza in tempi difficili dal punto di vista economico (Happy Birthday Guadalupe!, del 2009), e comiche danze cowboy in versione natalizia (The Cowboy’s Cristmas Ball, 2011), quasi sempre corredate da video con protagonisti personaggi di Hollywood e del mondo del rock. “C’è un riferimento a Warren Zevon in Christmas in LA, che è apparso in versione animata,” dice Brandon, “e abbiamo avuto [il leggendario attore ottuagenario] Harry Dean Stanton, più Owen Wilson nel video, quindi è stato piuttosto bello. Non rivedrete mai Harry Dean Stanton, Warren Zevon e Owen Wilson insieme.”
Molti dei loro singoli vedevano la presenza di un Babbo Natale psicopatico assetato di vendetta che vuole usare bambini armati come bersaglio (Don’t Shoot Me Santa, 2007), o semplicemente di ragazzini cattivi (I Feel it in my Bones, 2012). Joel The Lump of Coal presenta di nuovo un Babbo Natale crudele che non solo punisce il bambino cattivo, ma prende in giro Joel giudicandolo inutile, sporco e fonte di carbonio velenoso. Tutto questo ci conduce ad una logica conclusione: Brandon probabilmente sta ancora subendo gli effetti post-traumatici di un incidente dell’infanzia avvenuto in grembo ad un Babbo Natale del centro commerciale. Ride: “No, cerco solo di dare una diversa visione delle cose ogni tanto, e fare qualcosa che non è mai stato fatto, e questo rientra nella categoria. Babbo Natale dev’essere ritratto in una luce negativa se dà un pezzo di carbone ad un bambino.”
Frivolezze natalizie a parte, registrare Joel è stata una “ventata di freschezza” per i Killers, dopo un anno tranquillo durante il quale hanno fatto quattro piccoli tour e sono stati gli headliner del V festival. “Ci si abitua alla vita normale,” dice Brandon del periodo che hanno passato lontano dal tour bus. “Eravamo a casa da un po’, e poi ci siamo ritrovati su un palco di fronte a 70.000 persone, ed è stato più emozionante rispetto a quanto lo sarebbe stato se fossimo stati in tour a suonare ogni sera. Ma l’atmosfera è sempre più leggera quando si tratta di scrivere la canzone di Natale.”
Lo scorso Giugno, Ronnie ‘Big Talk’ Vannucci ha dichiarato alla stampa che la band si sarebbe presa una lunga pausa prima di tornare in studio insieme, pausa voluta soprattutto dal chitarrista Dave Keuning per poter passare più tempo con la sua famiglia. Sembra che questa seconda pausa durerà quanto quella presa tra Day & Age del 2008 (il cui tour è terminato due anni dopo), e Battle Born del 2012, sebbene quest’ultimo sia stato in parte responsabile della pausa stessa: lavorare con cinque produttori ha reso il processo così difficile che sono diventati studio-fobici.
“Come idea era bella” ricorda Brandon riguardo all’esperienza con Steve Lillywhite, Damian Taylor, Brendan O’Brien, Stuart Price e Daniel Lanois. “Ognuno di loro ha un talento e qualcosa da offrire: li metti insieme e crei qualcosa di fantastico. Ma non ha funzionato bene, è stato piuttosto stressante. Ma il tour è stato bellissimo – il più bello finora. Quindi non credo che ci abbia messo troppo sotto pressione, è solo che si sta talmente tanto tempo insieme che si ha bisogno di stare un po’ lontani per poter poi ripartire.” Ritrovarsi per un album alla volta e poi tornare in pausa è probabilmente il modo in cui i Killers continueranno a lavorare, dice Brandon, “a meno che non avvenga una sorta di ringiovanimento. (Ma questa) sembra essere la strada giusta per noi.”
Quando si tratta dell’album numero cinque, si arriva a parlare solo del come lo faranno, piuttosto che di come sarà. “Abbiamo decisamente imparato a fare affidamento sulla tecnologia e su ciò che i produttori hanno da offrire,” ammette Brandon. “Per il primo album, nessuno al di fuori della band l’aveva fatto. Abbiamo discusso dell’eventualità di tornare indietro ed essere più auto-sufficienti. Per fare ciò, dobbiamo essere tutti al nostro meglio.”
Nel frattempo, Brandon sta lavorando al secondo album da solista, il successore di Flamingo del 2010, con il produttore delle Haim e dei Vampire Weekend, Ariel Rechtshaid, come suo “co-capitano”. Flamingo è essenzialmente un album dei Killers che loro non hanno voluto realizzare per potersi prendere una pausa: quando Dave Keuning e Mark Stoermer hanno insistito sul prendersi un po’ di tempo per riposarsi, Brandon ha semplicemente continuato a scrivere e ad andare in tour, cose alle quali era ormai abituato, producendo un album da solista immerso nella mitologia di Las Vegas, gonfiando la magnificenza dei Killers e cori che si sarebbero potuti dichiarare monumenti di stato del Nevada.
Oltre a vantare una tendenza religiosa più presente e temi più personali – ‘Magdalena’ per esempio, parla di un pellegrinaggio che Brandon stava pensando di fare – è un ambizioso album pop che avrebbe seguito in modo naturale Day & Age se la band fosse rimasta insieme per realizzarlo.
Per questo secondo album invece, Brandon ha voluto scuotere la sua magica palla delle risposte per farne uno che fosse diverso da quelli della sua band. Ammette di sentirsi “un po’” compiaciuto di questa parentesi, e che stava cercando una spinta che lo facesse uscire dalla propria zona di sicurezza. “Anche se sono ancora giovane, non bisogna dormire sugli allori,” dice il trentatreenne padre di tre figli. “I cambiamenti fanno bene e fanno crescere. Ne sono sempre alla ricerca. È bello poter capitanare la nave, e si potrebbe pensare che è quello che faccio per il mio album, ma ogni tanto lascio decidere ad Ariel. Tutto ciò ha portato a nuove esaltanti cose e ad un sound che non avrei mai adoperato. Più invecchio e più sono aperto a nuove idee – sono più aperto nei confronti delle capacità degli altri e mi impegno ad utilizzarle – ed ecco come si spiega il coinvolgimento di Ariel. È molto esperto di qualsiasi genere; è incredibile quanti riferimenti sia capace di fare ed utilizzare. Sarà sicuramente qualcosa di diverso, ma sono ancora con le mani in pasta, e ci dedico tutte le energie.”
Con i Killers che di questi tempi a volte risultano come uno sforzo abbastanza privo di piacere, e il peso di dischi di platino sulle loro spalle, sembra giusto chiedere a Brandon cosa lo stimola a far musica ultimamente. “Sono motivato e basta,” dice. “Non si può etichettare la gente già da ragazzina, però penso di aver sempre avuto quest’inclinazione e sono così grato di aver trovato questo sfogo, altrimenti la mia massima aspirazione sarebbe stata fare il parcheggiatore in un hotel. E basta. Fanno un sacco di soldi! Non è colpa dei miei genitori o roba del genere, è solo che è quello il mondo che conoscevo. Quindi sono grato di aver trovato questa strada. Dopo aver suonato allo stadio di Wembley non so a cos’altro possiamo aspirare, ma qualcosa è stato decisamente onorato raggiungendo quel traguardo. Non è stato spento nessun fuoco però – voglio ancora creare e migliorare.”
Ad ogni modo, quando i Killers ricompariranno, saranno davanti a un bivio: usare il loro concerto del Giugno 2013 allo stadio di Wembley come un trampolino di lancio nel circuito degli stadi e tener fede al loro potenziale spettacolare stile Las Vegas, o ritirarsi nel comfort delle arene. Essere gli U2 o non essere gli U2.
“Sicuramente manchiamo di un certo impulso” riflette Brandon. “Bisogna lavorare molto, e questo va bene, ma ognuno è fatto a modo suo, ognuno ha la propria strada da percorrere. Oltre ai Coldplay, non sono sicuro che ci sia qualcun altro che ha lasciato un segno come sono stati capaci di fare gli U2. Erano così rappresentativi del panorama e dei tempi di cui facevano parte. Le cose sono cambiate adesso – c’è tanta musica e tanto rumore con cui competere, sono tempi strani. Non sono sicuro che ci sia qualcuno capace di fare ciò che hanno fatto loro. Quindi a volte è frustrante, perché ci sono quattro persone diverse e quattro personalità diverse nella band, non abbiamo la storia che hanno gli U2, di quattro ragazzi che si conoscevano bene ed erano cresciuti nella stessa città, e del legame che c’era tra loro.”
Da quando sono emersi nel 2003, i Killers non hanno mai nascosto gli obiettivi della loro carriera, ammettendo di aver rubato giri di basso agli U2 nel tentativo di spodestarli dal piedistallo. Brandon disse una volta ad un giornalista che aveva un “impulso che sfiorava l’ossessione”. Ma nonostante gli stadi, i milioni di dischi venduti e il profilo generale, la band di Las Vegas non rappresenta una generazione nello stesso modo in cui l’hanno rappresentata i giganti Irlandesi, né hanno un lascito paragonabile, sebbene siano la band che ha dimostrato che l’indie rock del Ventunesimo secolo poteva conquistare le location più grandi del mondo.
Li disturba il fatto che non sembrano essere all’altezza dei loro eroi? “È frustrante,” ammette Brandon, sebbene questo non abbia già scoraggiato la sua ambizione. “La gente parla di quanto si senta inadeguata, anche se fa parte di una grande band. Io non mi sento così – io sento che posso farcela.”
Ma gli accoliti di Bono seguirebbero mai le sue orme imponendo il download di un album ad 80 milioni di utenti su iTunes? “Non ora!” dice Brandon ridendo.
“Alcuni hanno detto delle cose davvero cattive a riguardo, ma ha senso. Se qualcuno deve fare una cosa del genere, ovviamente solo gli U2 possono – fanno tutto prima di chiunque altro. Solo che questa volta la cosa gli si è ritorta un po’ contro.”
In attesa di veder l’eredità della band cementarsi – e in attesa che altri membri della band tornino per lavorare ad un altro album e andare in tour – Brandon dovrà accontentarsi di essere l’autore dell’inno natalizio alternativo, e Joel farà continuare a brillare il loro lascito. Mentre molti dei loro singoli sono stati dei regali da collezionare per i fan, che raramente hanno fatto la differenza nella classifiche, Joel e il suo video in stop-motion – che ha come protagonista un adorabile Joel che viene attirato con l’inganno sulla slitta di Babbo Natale facendogli credere che stia per diventare un prezioso regalo di Natale, per poi sentirsi dire “Tu stupido pezzo di carbone/Servi solo ad insegnare a questo moccioso/Che Babbo Natale non è uno stupido” – è diventata una sorta di hit su iTunes. Sembra destinata ad essere la canzone natalizia più memorabile della band, un simpatico ritratto festivo di un personaggio e una storia con una morale rincuorante che si affianca a quelle di Rudolph, Frosty e del piccolo tamburino. Ma non è un messaggio un po’ equivoco da lanciare ai ragazzi – cioè che possono anche comportarsi male per tutto l’anno ma riceveranno comunque un enorme diamante per Natale?
“Si dovrebbe poter sempre partecipare allo spirito natalizio,” dice Brandon, difendendo i diritti natalizi di tutti i bambini monelli. “Ma non ero particolarmente pestifero quando ero bambino, quindi ricevevo quello che volevo.”
Killer Christmas
Mentre la band pubblica il suo nono singolo natalizio, Brandon ricorda gli otto brani precedenti
A Great Big Sled (2006): “L’abbiamo registrata nello studio di Mark Knopfler. Infatti ci ha fatto un salto proprio mentre registravamo. È una canzone fantastica. Nelle fasi iniziali cercavo di pensare a cosa avrebbero fatto i Flaming Lips se avessero scritto una canzone di Natale, e il risultato è stato questo! La cosa divertente è che non suona affatto come i Flaming Lips.”
Don’t Shoot Me Santa (2007): “Video bellissimo. Il nostro amico che è un attore di Criminal Minds, una serie abbastanza di successo, andava a scuola col nostro amico che ha interpretato Babbo Natale. I suoi genitori hanno un ranch strano nel deserto e l’abbiamo girato lì. È forse la canzone natalizia più amata della band.”
Joseph, Better you Than me (2008): “Mi ricordo che ero in chiesa in quel periodo e qualcuno ha parlato di San Giuseppe, e su di lui non avevo mai riflettuto. È un carpentiere ma dev’esserci per forza molto altro. È un tentativo di andare un po’ più a fondo. Alcuni dei problemi che ha dovuto affrontare. È un personaggio sottovalutato e ignorato.”
Happy Birthday Guadalupe (2009): “Ho iniziato a scriverla in aereo. L’ho affrontata dal punto in cui la recessione aveva colpito e c’erano un sacco di problemi in giro. Riguarda un po’ il voler fregarsene durante il periodo di Natale.”
Boots (2010): “Sono nato nel deserto ma ho passato i miei anni formativi nello Utah, dove il Natale era davvero bianco. Sono diventato sentimentale e penso di essere riuscito a descrivere com’era esaltante il Natale per me quando avevo 10 anni. Sono anche riuscito a guardarmi indietro e a raccontarvi di mia madre, e questo la rende la mia preferita.”
The Cowboys Christmas Ball (2011): “Stavo leggendo un libro di poesie sui cowboy una sera, quando mi sono imbattuto in The Cowboy’s Christmas Ball (di William Lawrence Chittenden). Era ambientata in Texas e ho modificato tutto l’immaginario texano sostituendolo con un fiume del Nevada. È la preferita dei miei figli.”
I Feel it in my Bones (2012): “Credo che il Babbo Natale Assassino sarà una trilogia, quindi questa era la seconda parte. L’abbiamo fatto ritornare ed è stato divertente – il video è fantastico.”
Christmas in LA (2013): “Per questa abbiamo collaborato coi Dawes, una band che ho imparato ad amare. Sono di Los Angeles, quindi è nel loro DNA. Descrive lo scenario malinconico del periodo di Natale vissuto in una città di mare.”
Joel The Lump of Coal (2014): Jimmy Kimmel: “Questa potrebbe davvero essere la canzone natalizia più bella non cantata dai Chipmunks”