DIY Magazine [05-2015]
Mentre Brandon Flowers si prepara al suo ritorno solista, è chiaro che la sua confidenza stia crescendo.
Cosa succede quando si mettono assieme l’appariscente frontman di una delle band più grandi del mondo con il produttore pop del momento? Quando Brandon Flowers ha dato la caccia ad Ariel Rechtshaid per aiutarlo a creare il suo ultimo capolavoro pop solista, è proprio questa la domanda che anche lui si è posto. “È stata una cosa personale e intensa,” dice Brandon via telefono, mentre si trova in una breve pausa dalle prove del tour a Las Vegas, la sua città. Dopo aver ascoltato il lavoro di Rechtshaid con l’ultimo album dei Vampire Weekend, ‘Modern Vampires of the City’, per Flowers l’accordo era già praticamente fatto. “Ci siamo scontrati spesso ma ci siamo anche legati molto. Abbiamo vissuto tutte le fasi che si vivono di solito in una relazione,” dice ridendo, “ma è stato bello“.
Se The Desired Effect rappresenta qualcosa è proprio una vera e propria collaborazione. Anche se Flowers non ha mai avuto paura di collaborare con persone con influenze diverse – per esempio in Battle Born, l’ultimo album dei Killers, hanno lavorato con cinque produttori diversi – è il primo ad ammettere che solo adesso si sta abituando all’idea di abbracciare davvero le loro idee. “Mi piace l’idea di un team e di collaborare e lavorare con più persone,” spiega, “e lasciare che il loro talento venga espresso“. Con questo album, è stato proprio il talento di Rechtshaid che ha permesso al suo di fiorire. “Invecchiando, questa è una cosa che sono diventato molto più disposto ad comprendere e ad accettare il fatto che non posso fare tutto da solo. Apprezzo davvero le altre persone e le loro idee, e per me è stata una crescita molto importante“.
Registrato un po’ alla volta sia nei suoi Battle Born Studios sia a Los Angeles, il seguito di Flamingo, il debutto del 2010, è stato messo assieme l’anno scorso, quando riusciva a trovare posto tra gli impegni del produttore. “In questo momento è piuttosto richiesto,” dice ridacchiando, “quindi si trattava solo di trovare il momento in cui poteva venire a Las Vegas, o io andare a Los Angeles“. Il suo secondo lavoro mette molto in gioco. Al momento di andare in stampa Flowers ha già fatto sold out in sei posti abbastanza capienti in UK dopo aver debuttato solo una canzone. Ora, con una seconda canzone disponibile, i fan stanno iniziando ad avere un’idea dello stile dell’album, e si può tranquillamente affermare che sta percorrendo una strada completamente diversa.
“Volevo sicuramente fare qualcosa di diverso,” dice con sicurezza. “Quando ho cercato Ariel come produttore, sapevo che stavo dirigendomi verso un territorio inesplorato per me. Quello che si vuole fare con qualsiasi album è rimanere fedeli a sé stessi, e quello è stato l’obiettivo principale, ma lo stai filtrando dal punto di vista di un’altra persona ogni vota che permetti che qualcuno lavori con te, o collabori con te, per cui viene visto da tutti i possibili lati“.
Tuttavia l’album possiede ancora il suo stampo per la grandiosità. Che si tratti della vibrante e ispirata a Springsteen ‘Lonely Town’, o del beat anni ’80 di ‘I Can’t Change’, The Desired Effect vede Flowers alzare il livello all’estremo. “Essendo lui un produttore così capace, mi ha dato molte libertà,” riflette, riferendosi nuovamente al suo complice. “Sono riuscito a fare tutto quello che sognavo; sembrava che tutto fosse possibile con lui“.
Ma Brandon non ha deciso di coinvolgere solo Rechtshaid; ha anche iniziato a mettere assieme un gruppo da sogno di musicisti di supporto. Nel mezzo della grandiosità, ci sono contributi di Bruce Hornsby, Ethan Farmer e Tony Levin, assieme ai suoi amici come Angel Deradoorian (dei Dirty Projectors), Danielle Haim e Ronnie Vannucci, suo compagno di band nei Killers. “È stato bello lavorare con persone esperte in quello che fanno e lasciarle esprimersi. Non ho mai lavorato così ed è stato davvero divertente“.
“Mi sento più…“, continua, parlando della sua crescente confidenza come artista solista. “È un bel paio di scarponi che devi indossare quando lavori in questo campo, credo. Ci sono state così tante grandi persone che lo hanno fatto prima di me, e sto finalmente iniziando a sentire che faccio anche io parte di quel gruppo. Che va bene che io ci provi e che dovrei lasciarmi andare un po’ di più“.
Il risultato è contagioso; in ‘The Desired Effect’ Flowers ha veramente trovato il suo spazio e riesce a farlo con un ammiccamento insaziabile.
“Voglio solo dire che vorrei che le persone riuscissero a cogliere quello che io colgo nella musica,” dice riferendosi a come spera che le persone reagiranno all’album, “non so se si sia trattato di qualcosa di specifico ma in generale ha migliorato la mia vita. Ha davvero migliorato la mia vita e continua a farlo. Faccio un esempio, se sei in macchina e alla radio parte ‘Don’t Get Me Wrong’ dei Pretenders, come si fa a non sentirsi bene?!” ride di nuovo. “La musica è una cosa potente. Le sono grato di tutto quello che ha fatto per me e voglio solo ripagare il favore“.