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Spin [25-09-2017]

La nostalgia era nell’aria una sera della scorsa settimana a Brooklyn. I Killers avevano appena finito un veloce ma esaltante set di un’ora per promuovere il loro nuovo album Wonderful Wonderful, e il cantante Brandon Flowers e il batterista Ronnie Vannucci stavano gironzolando dietro le quinte in un nuovo posto chiamato Brooklyn Steel. Nell’angusto camerino dei due—che sono gli unici originali Killer ancora in tour—c’erano una dozzina di amici, che circolavano attorno a finger food intatti e alcune bevande. Albert Hammond Jr. e Nikolai Fraiture degli Strokes hanno fatto un veloce saluto prima di andarsene di soppiatto, e Sarah “Ultragrrrl” Lewitinn, la supporter della prima ora ed ex scrittrice di SPIN, stava chiacchierando nel corridoio vicino.

Il concerto è stato troncato se paragonato a quanto la band suona di solito, il risultato dell’essere coordinato e trasmesso in streaming dalla radio Sirius XM. Ma sono riusciti comunque a inserire cinque canzoni del loro debutto ormai diventato un classico, Hot Fuss, e sarebbe una bugia affermare che il pubblico—per la maggior parte vincitori di concorsi e persone dell’industria discografica—non fosse più entusiasta di ascoltare questi classici. A Flowers, tuttavia, non è sembrato dispiacere, mentre interpretava lo showman durante canzoni come “Mr. Brightside” e “All the Things I’ve Done,” stando in equilibrio sugli altoparlanti ai bordi del palco, godendosi i cori di risposta del migliaio di persone presenti.

Sta arrivando il momento in cui la resurrezione del rock consapevolmente figo dell’inizio degli anni 2000 sta tornando nelle nostre vite per far riaffiorare belle memorie. Gli Interpol, che hanno contribuito a dare inizio a quell’era, sono in tour per celebrare il quindicesimo anniversario del loro album di debutto Turn on the Bright Lights. Gli Yeah Yeah Yeahs stanno mandando degli indizi riguardanti il loro debutto, Fever to Tell. Tutto questo arriva dopo la pubblicazione di Meet Me in the Bathroom, l’esaustiva e divertente storia raccontata da Lizzy Goodman su quello che alcune persone considerano essere gli ultimi respiri del rock and roll—quando band come gli Strokes, i White Stripes, e i Vines, beh… non stavano conquistando il mondo, ma sembrava che potessero farlo.

I Killers emergono dopo 400 pagine come la band pronta ad esaudire quella promessa. “Questi Saranno i Più Famosi di Tutti” è il titolo del breve capitolo dedicato agli outsider di Las Vegas (è una citazione di Har Mar Superstar), e li presenta come quelli perfettamente posizionati per agguantare l’opportunità non sfruttata appieno dalle band che erano venute prima di loro. La loro musica era più orecchiabile e più commerciale di quella degli altri gruppi, alcuni osservatori spiegano nel libro, e il pubblico era già stato esposto al riemergere di un certo rock effeminato, che aveva messo le basi perché una qualche band diventasse famosa. Oltre a ciò, e forse in maniera più significativa, i Killers avevano anche l’ambizione e il desiderio di essere grandi, una cosa che molti dei loro compagni non avevano. “La band che lo voleva, e che era assolutamente pronta,” dice il defunto scrittore Marc Spitz, che ha scritto l’articolo principale di un numero di SPIN del 2005, “erano i Killers.”

Ma la band non è pronta ad unirsi a noi per ricordare i vecchi tempi andati.

“Mi sembra troppo presto,” mi dice Flowers il giorno dopo. “Non mi sento così lontano da tutto quello. È stato un periodo entusiasmante, e credo che la musica che è stata prodotta in quei pochi anni sia impressionante. Ma aspettiamo 20 anni. Dacci un po’ di tempo, per favore.”

Ma non ne sono completamente immuni. Flowers, dopo il concerto, aveva ammesso che gli sarebbe piaciuto che Hammond e Fraiture avessero visto la band al Madison Square Garden, dove suoneranno in Gennaio, invece che in questo magazzino convertito sperso nella periferia di Brooklyn.

I Killers, tra tutte queste band, sono più o meno gli unici che rimangono. Quando ci incontriamo il pomeriggio successivo al concerto, mancano solo pochi giorni alla pubblicazione di Wonderful Wonderful, il loro quinto album e primo in cinque anni. Flowers e Vannucci stanno poltrendo su divani di pelle l’uno di fronte all’altro, e pranzando—Vannucci un panino con patatine fritte e insalata, da cui Flowers pilucca dopo aver rinunciato ad un pasto più sostanzioso perché, annuncia (o dice scherzando, è difficile capirlo), oggi andrà avanti a succhi di frutta. A quasi 15 anni dall’inizio della loro carriera, entrambi stanno iniziando a mostrare la loro età. Vannucci, una presenza ancora piuttosto imponente dietro alla sua batteria, ha meno capelli e un cranio grande reso più delicato da un senso dell’umorismo naturale. La sua personalità è un ottimo complemento per lo stoico Flowers, che parla un po’ strascicato, un po’ come i personaggi dei vecchi film, mentre ti guarda dritto negli occhi. Il suo viso è ancora sostanzialmente perfetto.

I due si stanno prendendo una pausa durante una settimana piena di impegni, che ha visto anche la loro partecipazione al Late Show With Stephen Colbert, un concerto tutto esaurito per la pubblicazione dell’album, l’apparizione al Global Citizens Festival a Central Park, dove sono saliti sul palco assieme a Stevie Wonder, Green Day, e i Chainsmokers. Mentre le band venute alla ribalta con loro stanno sfruttando la gloria passata o stanno facendo cose completamente diverse, i Killers sono ancora guidati da quella ambizione. “Non ci stiamo crogiolando sugli allori,” dice Flowers riguardo alla loro carriera. Sono orgogliosi del loro momento di spinta, ed è così da quando hanno iniziato.

“All’inizio si vedevano un sacco di persone intervistate che cercavano di essere autocritiche o mostravano una falsa modestia, e odio questa cosa,” aggiunge Flowers. “È frustrante che le persone non se ne accorgano, e ci credano. Noi eravamo più onesti e diretti a riguardo. Per noi era, ‘Abbiamo fatto questo album, e vogliamo pubblicarlo, e crediamo davvero sia buono.’ È così strano credere che queste altre persone non siano sicure di quello che pubblicano, capisci? Perché lo sono, altrimenti non lo pubblicherebbero e non salirebbero sul palco. E non cambierà mai. Per qualche motivo è una cosa quasi tenera per le persone, quando in realtà sono stronzate. Sono tutte sciocchezze.”

Durante la nostra conversazione, Flowers mi ricorda che i Killers non hanno mai avuto un album al numero 1 (negli Stati Uniti, è vero), stati sulla copertina di Rolling Stone (stessa cosa), o vinto un Grammy (sono stati nominati almeno cinque volte). Nonostante siano una delle band più di successo e amate di un’era, si vedono ancora come degli outsider, se non degli svantaggiati. E, anche se non lo ammettono, forse sono motivati da una certa paura. C’è una canzone in Wonderful Wonderful intitolata “Tyson vs. Douglas,” in cui Flowers canta dello shock che ha provato nel vedere il campione dei pesi massimi Mike Tyson, una figura fuori dall’ordinario per una generazione intera, reso mortale: “When I saw him go down, felt like somebody lied,” canta nel ritornello. Senza soffermarsi sul perché, i Killers non vogliono solo rimanere in vita. Vogliono di più.

“Non significa che non siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto,” aggiunge Vannucci. “Ma non credo che saremmo felici di quello che finirebbe sul nostro epitaffio se finisse tutto adesso. E siamo ancora qui. Vogliamo continuare a migliorarci.”

Che siano migliorati è una cosa su cui si potrebbe discutere. Ma i Killers non sono certamente una band in fase stagnante. Wonderful Wonderful mostra nuove trame soniche ed emozionali nella loro discografia. La scorrevole ballad “Rut” condivide il suo DNA con l’album The Desired Effect di Flowers, del 2015, che lo presentava come una specie di cantante pop alla Steve Winwood. La canzone migliore dell’album, un’altra ballata nebulosa intitolata “Some Kind of Love,” fa mostra di un sample di Brian Eno, e parla della depressione della moglie di Flowers. Calma e vellutata, potrebbe essere la cosa più semplicemente bella che abbiano mai scritto. Poi c’è “The Man,” l’impertinente singolo di lancio, costruito su una linea di basso funky e accentuato dall’uso del vocoder. Ricorda l’ultimo album degli Arcade Fire, ma senza essere estremamente imbarazzante. È anche il successo più grande dei Killers in radio da “When We Were Young,” dimostrando quindi che, nonostante la musica rock non rappresenti più lo spirito dell’epoca, la band è ancora rilevante e a suo modo innovativa, anche se all’interno di una bolla.

Eppure è facile immaginare un percorso totalmente diverso. I Coldplay, i loro compagni d’armi come band da arena per i millennial, e amanti degli U2, si sono avvicinati di prepotenza all’EDM, lavorando con Avicii e i Chainsmokers. Nella loro città Natale, i Killers sono inondati di immagini delle facce di DJ che hanno preso Las Vegas in ostaggio: Calvin Harris, Diplo, Afrojack, ecc. Flowers ci ha provato, scrivendo una canzone con Avicii intitolata “The Days.” Ha anche cantato la canzone, originariamente, ma mi ha detto che “non sono riuscito ad andare fino in fondo,” e la canzone è stata poi pubblicata cantata da Robbie Williams. (La traccia di base con Flowers è poi saltata fuori—ed è grandiosa.) La band ha provato a lavorare con Steve Angello, membro degli ormai sciolti Swedish House Mafia, che era stato raccomandato da Stuart Price, il musicista elettronico che ha prodotto il terzo album dei Killers, Day & Age, ma anche questo non ha funzionato. La band ha paragonato queste sessioni al provarsi vestiti appariscenti solo per essere sicuri che non ti stiano bene addosso.

I Killers hanno invece curato un peculiare gruppo di collaboratori. Molte canzoni di Wonderful Wonderful sono state co-scritte con Alex Cameron, uno strano tipo australiano con un’aria da Ariel Pink. “The Man,” invece, è stata fatta assieme ad un produttore dance, che però non ha mai lavorato a canzoni pop—Erol Alkan, che ha lavorato moltissimo in passato remixando band come Interpol e Franz Ferdinand. Si sarebbero potuti facilmente giustificare i Killers se avessero inseguito un sound più crossover con i nomi di punta, ma, e vogliono che lo sappiate, pensano che sarebbe stato terribile.

“È più figo,” Vannucci dice di Alkan. “Ma si tratta di una questione di gusti. Sono solo io, Ronnie, che dico che è più figo di Avicii o altri. Non sono aggiornato con la cultura dei DJ, ma ho sentito delle cose molto belle. Ma per la maggior parte fanno schifo. E sono brutte.”

Ma non la disprezzano a prescindere, anche quando vorrebbero. Vannucci racconta una storia di quando si è inaspettatamente divertito un casino ad un concerto EDM.

“Eravamo in Argentina un giorno, a Buenos Aires, e abbiamo visto Deadmau5,” dice. “E ci sono andato con un’attitudine totalmente negativa, pronto a non divertirmi. Mi sono divertito. È stata un’esperienza totale. È stato fantastico. Non è il mio genere, ma ero lì, mio padre era lì, eravamo circondati da un gruppo di modelle sudamericane. Andava tutto bene.”

“Devi sapere tutta la storia,” si inserisce Flowers. “È stata anche la prima volta che Ronnie ha sperimentato le metanfetamine.”

“Le ho amate,” dice Vannucci.

Poi Flowers: “Innamorato pazzo.”

I Killers stanno costruendo la loro piccola ermetica esistenza, non al passo con i loro precedenti compagni di corso e attuali contemporanei, ma il mondo attorno a loro, al di fuori della musica, sta cambiando. Un altro singolo da Wonderful Wonderful, “Run For Cover,” parla vagamente di una donna in qualche modo ferita da un uomo, e ha nel testo una frase leggermente scioccante per questa band. “He’s got a big smile, he’s fake news,” canta Flowers. “Just run for cover, you’ve got nothing left to lose.” L’inclusione di quella frase—sapete quale—è un nuovo sviluppo per i Killers, che hanno scritto tantissimi testi con frasi che c’entrano come i cavoli a merenda, ma non sono mai stati politici, neanche lontanamente. Quando glielo chiedo, Flowers ritratta un po’, usando la sua cadenza da cowboy per dare la sensazione che sia una sciocchezza pensare che la band parli del mondo attorno a sé.

“Devi avere… devi essere pronto se vuoi metterti al passo con una cosa simile,” dice sullo scrivere canzoni esplicitamente politiche. “E devi crederci veramente. E non è che non ci crediamo o non ci non pensiamo, ma non credo di essere abbastanza informato.”

Comunque sia, ha lavorato ad almeno una canzone che parla di un argomento critico a Las Vegas e nelle aree attorno.

“Una cosa che mi interessa molto e che non abbiamo affrontato in questo album sono i discorsi sui Messicani,” dice. “È una delle cose che mi deprime, e c’è una canzone che ne parla ma che non è entrata a far parte di questo album. Si intitola ‘The Unknown,’ ed è meravigliosa e potente e viene dal cuore. Ma non… non l’abbiamo finita, e non ne eravamo convinti per questo album.”

Flowers risponde alle domande con sicurezza, come una sorta di persona famosa allenata a dire le cose senza dirle veramente. Ma adesso le frasi si spezzano e sono meno chiare, e mentre cerca di spiegarsi, sembra questa la parte più sincera della conversazione.

“Ho iniziato a—l’album ha iniziato ad emergere e ho iniziato a capire come sarebbe stato, e non aveva niente a che fare con quell’argomento,” dice. “E in quel momento… e quindi ho dovuto seguire quella luce che stavo vedendo. Mi piacerebbe finire quella canzone. Non so se sarà una canzone dei Killers o altro, ma…”

Per ora, però, i Killers torneranno presto nel posto a cui sentono di appartenere, e dove Flowers sperava che gli Strokes avessero potuto vederli la settimana scorsa: le arene. A Novembre suoneranno nelle arene Europee, e, dopo un mese di pausa, faranno lo stesso in America, in palazzetti di basket e hockey, inclusa New York, per due mesi prima di dirigersi in Nuova Zelanda e Australia.

Ad un certo punto durante la nostra chiacchierata, avevo menzionato il fatto di aver visto la band che amo, forse la mia band preferita, alcuni anni fa al Terminal 5 di Manhattan, che è il tipo di posto in cui un artista suona quando sta per diventare famoso. L’anno scorso ho visto la stessa band al Barclays Center, un’arena sei volte più grande, e ho detto a Flowers che la band sembrava troppo grande per il primo e troppo piccola per il secondo. Mi lamentavo del fatto che non c’era uno spazio di dimensione giusta per questo tipo di band, con canzoni segnanti e antemiche e fan devoti, ma che era arrivata in un momento un cui i frontman delle band rock non sono più rock star mondiali.

“Non sembra grande per noi, però,” ha risposto, con un sorriso così puro e perlato che mi ci sarei potuto specchiare.

Fonte—Spin