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American Songwriter [10-2017]

Da quando hanno pubblicato il loro album di debutto, Hot Fuss, nel 2004, i Killers sono diventati una delle band rock più grandi. Canzoni come “Mr. Brightside” e “When You Were Young” si sono radicate nel canone della musica, e il frontman Brandon Flowers è emerso come una delle figure più efficaci del rock.
L’album più recente della band — Battle Born del 2012 — ha ricevuto recensioni miste dai critici e non è riuscito a dare vita ad una canzone antemica sulla scia di “Brightside”. Ora, dopo aver passato gli ultimi anni a lavorare a progetti solisti e portare in tour il loro “Best Of”, la band si è ritrovata per registrare Wonderful Wonderful, un nuovo album che vede i quattro di Las Vegas ampliare la loro palette sonica e Flowers attingere ad aspetti più vulnerabili nella scrittura delle canzoni.
Se c’è una frase che percorre tutto l’album, è l’idea di un ritorno. E anche se i Killers non hanno mai abbandonato la consapevolezza collettiva del rock, è bello riaverli di nuovo con noi.

Com’è stato tornare punto a capo con questo nuovo progetto?
Si torna tutti insieme e si comincia ad oscillare nel buio. Non c’è una formula testata e provata per noi. Si aspetta un qualcosa che ti bussi in testa o di fare una connessione con qualcosa. Siamo andata avanti per settimane senza ottenere niente, e poi a casa sono arrivato a “Rut” e l’ho portata alla band ed è sembrata subito un punto di inizio per l’album. È stata quasi costretta ad uscire, capisci. Non riuscivo a scrivere niente. Poi ho capito che conoscevo meglio ciò che ho sempre trascurato di esplorare davvero. Così ho finalmente deciso di farlo ed essere più personale nella scrittura. Mi ha salvato dal blocco che stavo avendo.

Quando scrivi materiale per un album solista, è diverso da quello che scrivi per un album dei Killers? Hai due mentalità diverse?
Stanno diventando molto simili. Sono molto orgoglioso di essere il cantante dei Killers. Sono grato del lavoro che abbiamo fatto. Fare album solisti non è stato perché avevo bisogno di fare qualcosa di estremamente diverso, ma solo perché Mark [Stoermer] e Dave [Keuning] volevano prendersi delle pause più lunghe dopo i tour. Non riuscivo a pensare di non lavorare. E così ho fatto album solisti. Ovviamente c’era meno pressione, e ho rinunciato a meno cose perché non avevo bisogno dell’approvazione di nessuno e il processo democratico non esisteva.

Hai un processo di scrittura che segui di solito?
Ci sono state canzoni che portavo io e per cui avevo già chiara un’idea del risultato che dovevamo ottenere. Poi ci sono state quelle esperienze magiche in cui si sfruttano le conoscenze collettive della band per ottenere qualcosa. È entusiasmante far parte di una cosa simile. “When You Were Young”
è nata un po’ così. L’energia è incredibile.

Com’è stata l’esperienza di lavoro con il produttore Jacknife Lee?
Il nostro ultimo album era un po’ sconclusionato se parliamo dei produttori. Erano tutti già impegnati e chiamavamo persone diverse un po’ alla volta, quando avevano delle settimane libere. Mentre questo album è stato fatto interamente con Jacknife. È stato bello avere queste fondamenta ed essere d’accordo quasi sempre con un’altra persona.

Come avete deciso che “The Man” sarebbe stato il primo singolo?
È stata l’ultima canzone che abbiamo scritto. Non è proprio una grande introduzione all’intero album dal punto di vista dei suoni, ma la tematica ci sta. È un periodo strano per essere una band rock. Ci siamo fatti conoscere dalle persone ma siamo stati lontani per un po’. Vedo “The Man” come una sorta di buttare giù la porta per lasciare entrare le altre canzoni. Siamo davvero orgogliosi di tutte le canzoni ma bisogna presentarsi e farlo con un certo impatto, e questa era la canzone giusta per farlo. È un’entrata piuttosto imponente.

Una canzone che spicca per me è “Tyson vs. Douglas.” Forse è la prima canzone su Mike Tyson che mi sono ritrovata a cantare. Che storia c’è dietro?
Mike Tyson era perfetto ed era un personaggio di Las Vegas, ed era una cosa entusiasmante. Mio padre era entusiasta di lui. I miei zii lo erano. Ho cominciato a guardarlo con ammirazione. Credo che la mia visione del mondo sia cambiata quando è stato messo al tappeto. Ho iniziato a pensare ad altre persone, che siano i loro eroi musicali o padri, e a quello che succede quando qualcuno cade. Il cerchio si chiude nel terzo verso. Ho un figlio che ha la stessa età che avevo io a quel tempo e ho capito che per lui e i suoi fratellini io sono un po’ quello che Mike Tyson era per me. Non voglio cadere.”