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Sara Hagan Backstage [15-06-2021]

Ronnie Vannucci è meglio conosciuto come il batterista dei Killers, ma è anche cantante e chitarrista del suo progetto, i Big Talk, ed è un bravo fotografo. Parliamo di tutti questi argomenti e investighiamo come la quarantena ci abbia cambiati tutti e dato una nuova prospettiva.

Ronnie Vannucci benvenuto al podcast! è da un po’ che non ci vediamo e non facciamo una chiacchierata. Com’è andata nell’ultimo anno con tutta la faccenda della quarantena?

È andata bene, mi ritengo fortunato di non aver nulla di cui lamentarmi. Penso sempre alla situazione in cui possono trovarsi le altre persone, a quelli che prendono e vanno ad aiutare le persone in difficoltà, da questo punto di vista sono molto fortunato. Certo, abbiamo pubblicato un album ma non siamo riusciti a portarlo in tour anche se non vedevamo l’ora di farlo, ma chi vuole sentire una band rock che si lamenta di questa situazione quando ci sono ben altri problemi da affrontare? A parte questo, la situazione è stata tranquilla, ho avuto l’opportunità di stare a casa a lungo, non mi era mai successo negli ultimi 20 anni. Ci sono fiori in giardino che ho visto per la prima volta perché fioriscono in estate e di solito in quel periodo non sono mai a casa. Sono anche in forma come non mai perché mangio a casa, anche se ogni tanto esco a pranzo. Poi ho fatto anche parecchi viaggi in macchina, anche perché odio volare, quindi ho preso la macchina, una roulotte e ho fatto un giro attraverso il paese con mia moglie e il mio cane, stando sempre co-vigilanti

Co-vigilanti. Mi piace questo termine.

Lo usa sempre mia moglie

Allora diamo a lei il credito.

Olivia si prende i diritti, sì. Comunque sì, mi sono divertito molto, e anzi temo di starmi abituando a quest’atmosfera così rilassata, ma allo stesso tempo non vedo l’ora di ritrovarmi di nuovo in un vero backstage

Assolutamente, ed è interessante che tu lo dica perché quella che stiamo vivendo è una nuova realtà. All’inizio della pandemia e della quarantena, specialmente noi che lavoriamo nell’industria musicale, abbiamo subìto un cambiamento nelle nostre vite dall’oggi al domani. È stata una situazione difficile a cui abituarsi: il pensiero di non prendere un aereo o di non poter entrare in un palazzetto per concerti, anche il non poter stare in un ufficio con altre persone, il tutto senza sapere quando saremmo tornati alla normalità. Credo sia stato più difficile abituarsi a questo nuovo modo di operare di quanto non lo sarà tornare un po’ alla volta a qualcosa di molto simile alla normalità.

Teniamo le dita incrociate e speriamo di aver tutti imparato qualcosa, probabilmente lavarci più spesso le mani. Sono molto contento di non dover più stare attaccato alla gente e viceversa. In realtà penso che stessi già iniziando a praticare il distanziamento sociale prima che diventasse obbligatorio. Comunque sì, come dicevo ci sono stati diversi aspetti postivi: cuciniamo in casa quasi ogni giorno, adesso abbiamo anche le api e ho dovuto portare la mia cagna al pronto soccorso veterinario perché stava andando in shock anafilattico

Caspita!

Ma abbiamo il miele adesso!

La cagna sta bene adesso?

Sì, sì, sta bene, è qui che dorme accanto a me.

Bene!

Questi sono gli aspetti postivi, ce ne sono stati anche di negativi ma cerco di focalizzarmi su questi.

Fai bene a riconoscere i lati negativi ma a focalizzarti di più su quelli postivi. Hai appena menzionato i diversi modi in cui sei più a contatto con la natura: hai un giardino, hai visto crescere fiori che non avevi mai visto crescere prima, hai le api, quindi un alveare, hai il miele.

Sì, c’erano queste api in un vecchio tronco di quercia e l’alveare era diventato così grande che parte delle api si stava spostando da un’altra parte, così abbiamo chiamato un apicoltore. Si erano spostate su un altro albero e c’erano qualcosa come 20.000 api, una quantità piccola per un alveare, normalmente sono attorno alle 60.000..o forse erano 40.000, e le ha messe in un secchio. Aveva il vestito tipico degli apicoltori ed era ricoperto da una cascata di api. È stato divertente, ma la mia cagna era curiosa e ci ha girato intorno per un po’ ma poi è stata punta.

Poverina! Beh sono contenta che stia bene, ma credo sia interessante come molti di noi si siano messi un po’ più in contatto con la natura, perché la vita di un musicista si svolge per lo più in luoghi bui.

È bello avere un po’ di luce del sole.

E magari potremo tenere un po’ di questo comportamento nelle nostre nuove vite.

Lo spero, o almeno cercheremo di prestare più attenzione come funzionano la natura, la scienza, la virologia e i batteri, no? Speriamo di aver appreso un po’ più nozioni di scienza.

Esattamente, adesso conosciamo un sacco di parole in più grazie a quello che è successo. Abbiamo parlato di quello che è successo nel breve, ma torniamo agli inizi. Parla un po’ della tua vita a Las Vegas, sei cresciuto lì no? Ne abbiamo già parlato in passato ma vorrei sapere com’è stato crescere lì, perché quando si parla della città si pensa ai casinò, alla vita notturna, ai viaggi pazzi, ma tu ci hai passato la tua infanzia.

Sì, nato e cresciuto a Las Vegas, Nevada. Mia mamma ha lavorato al Caesar’s Palace come cameriera di cocktail per 40 anni, e mio padre era barista e insegnante. Siamo tre fratelli, io sono il più vecchio, uno di loro vive ancora qui, l’altro è in Arizona, io mi aggiro tra lo Utah e la California, e ovunque mi porti la mia roulotte o il tour bus! Vivendo qui era normale avere genitori che lavoravano nell’industria dei servizi, negli hotel o nei casinò, e quindi eravamo abituati a turni con orari strani: mamma o papà con un turno che inizia all’una di notte fino alle dieci del mattino, quindi sapevamo che non potevamo fare troppo rumore quando tornavamo da scuola. Ma avevamo anche accesso a cose molto fighe, come conoscere vecchi musicisti sulla Strip che una volta avevano suonato con Dean Martin e Frank Sinatra, e venivano tutti dalla costa est e si erano fermati a Las Vegas per lavorare suonando o anche dando lezioni di musica. Molti di loro ancora suonavano e così da piccolo andavo a vederli e mi hanno messo la pulce della musica nell’orecchio. E poi, da primogenito, i miei genitori non avevano abbastanza soldi per pagare una baby sitter, e così a volte si svegliavano, mi mettevano su un disco, mi insegnavano come girarlo e io poi me ne stavo ad ascoltare dischi tutto il giorno. Ho conosciuto i dischi in vinile prima di molti bambini della mia generazione, erano come la tv e i cartoni animati per me, e mi hanno fatto innamorare della musica. In quei primi tempi ogni tanto andavo nel garage di mia zia, una pianista a tempo perso, dove c’era un piccolo spinetta, e poi noi avevamo una vecchia caldaia, una lavasciuga e un frigo non utilizzati in garage, e io li suonavo e cantavo per ore. I miei mi lasciavano molta libertà, ma alla fine mi hanno preso una batteria, perché stavo lì tre, quattro ore a suonare sugli elettrodomestici e forse era meglio farlo su una batteria vera. Mi hanno preso un vecchio set di batteria Royce, e poi l’anno successivo per Natale ne ho ricevuto uno rosso brillante della Slingerland degli anni ’60 e ho iniziato a seguire lezioni con qualcuno dei musicisti della Strip. Alla fine era questo che mi occupava il tempo, e fare il boy scout, non c’era molto altro da fare.

Tutto ciò è bellissimo! Innanzitutto, che suoni fantastici si ottengono da una lavasciuga, no?

Davvero! Nel prossimo album dei Killers andremo oltre ogni limite e abbandoneremo la batteria, anche se suonerò comunque i piatti della Zildjan.

Giusto, piatti e lavasciuga, il tutto sponsorizzato dalla Whirlpool. Dovresti farne un sample però, mi chiedo davvero come sarebbe…

Beh, sono successe cose sicuramente più strane, non si mai. Ma questi affari ricoperti di fogli di metallo avevano un gran suono, adesso invece sono fatti di plastica.

Stiamo parlando di quelli che si caricavano dall’alto, in metallo, vero?

Sì, era divertentissimo. Tra l’altro mi sa che da qualche parte a Las Vegas ho delle vecchie cassette, che dovrei tirare fuori, che ho registrato quando avevo meno di 10 anni con queste specie di canzoni che suonavo e cantavo. Sarebbe bellissimo ritrovarle.

Dovresti assolutamente trovarle. Io invece facevo delle specie di programmi radio, registravo le canzoni dalla radio e poi aggiungevo i miei intro personalizzati. Ebbene sì, avevamo i registratori da piccoli. Volevo anche chiederti che dischi ascoltavi da piccolo o che i tuoi genitori ti mettevano su.

C’erano molti album di Frank Zappa, Frank è diventato una specie di padre surrogato, e questo forse spiega molte cose… e poi mi ricordo che l’album di Gary Wright mi metteva un sacco di paura, e mi piaceva ascoltarlo proprio per questo e poi lo toglievo subito. Dreamwaver è una canzone spaventosa, sembra che stia per succedere una sorta di omicidio misterioso e così la suonavo per farmi deliberatamente paura. Ma allo stesso tempo pensavo che la musica può farti sentire impaurito, come se stia per succederti qualcosa di brutto, o totalmente felice e a tuo agio, e parlo semplicemente della melodia, non del testo.

Esattamente, ed è incredibile come ciò abbia dato forma al tuo amore per la musica. Anche io ho un’esperienza simile. Non ero più così piccola ma mi ricordo di quando è uscito il video di Thriller di Michael Jackson. Ce l’avevo registrato su una videocassetta, lo facevo partire e poi nascondevo il viso con le mani, ma allo stesso tempo mi ha fatto capire che la musica trasmette emozioni, che sia paura o felicità.
Così hai studiato con alcuni dei musicisti che hai conosciuto lungo la strada…

Oh sì, un paio erano veramente vecchi: Irv Kluger e Nick Manus, oh e Mark Kempton, che è uno stronzo, lo dico pubblicamente, ma forse aveva anche ragione da un certo punto di vista, ma mi ha fatto finire il corso in anticipo. Facevo lezioni private con lui durante l’estate. Mi ha fatto usare un drum pad per uno anno quando nel suo studio casalingo aveva dieci batterie complete tutto attorno. Hai un ragazzino che vuole suonare la batteria e invece gli fai suonare dei vecchi pad, per fargli imparare i rudimenti, ma non era per niente divertente, non ci trovavo niente di musicale. A quei tempi non capivo che c’è bisogno di tutto questo per fare i passi successivi, ma è quello che volevo fare. Di solito la lezione durava un’ora, un’ora e mezzo e alla fine Mark suonava qualcosa, e quando tornavo a casa cercavo di emularlo perché era bellissimo sentirlo suonare e stare lì a guardarlo suonare. Comunque, volevo suonare la batteria anch’io e così mi ha detto “Bene, vuoi suonare la batteria, allora suonala!”, e quella è stata l’ultima lezione perché poi mi ha detto che non poteva più insegnarmi. Forse ha visto che ero frustrato o forse ero già così bravo che non serviva più che mi insegnasse.

Probabilmente è proprio questo motivo…

Ne dubito fortemente…ancora adesso mi piace guardare la gente suonare. Quando ho lavorato al mio progetto solista, i Big Talk, è stato divertente cazzeggiare e guardare Brooks suonare, e mi ricordo una volta, non ricordo dove fossimo, ma Jimmy Chamberlin, uno dei miei batteristi preferiti, mi ha lasciato sedere dietro di lui durante un concerto e ho imparato tantissimo. Io e Ilan (Rubin, ndt.) siamo stati in studio qualche settimana fa, anche solo guardarlo è stato bellissimo, è un mostro di musicista, sono sicuro che se gli dai un cucchiaio di legno e una vecchia ruota di bicicletta li fa suonare. È proprio divertente stare a guardare musicisti che suonano, soprattutto i batteristi, perché non c’è niente dietro cui possano nascondersi, anche se ne sto vedendo molti nascondersi dietro un certo stile o metodo di apprendimento, il suonare più veloce che puoi. Ma nella maggior parte dei casi suonare la batteria è una cosa piuttosto diretta, ti senti quasi nudo lassù, o almeno è così che mi sento io, perché non ti puoi controllare, si muove tutto, braccia, gambe, testa, la faccia fa smorfie strane. Adoro quando qualcuno sembra un figo pur suonando la batteria, tipo Matt Cameron…

È così calmo!

Chissà a cosa pensa, magari alle tasse!

Sembra così a suo agio. Comunque Ronnie devo dirti, e non lo faccio solo perché ti ho davanti adesso, che sei uno dei batteristi più fighi, suoni in modo fantastico, e poi hai sempre questo vento addosso, alla Beyoncé.

Lei lo usa quando non sono in tour…sono semplici ventilatori, quelli che usano per asciugare i pavimenti.

Comunque sia, lassù fai questi movimenti ma sei comunque un figo ed è bello vederti.

Grazie mille, mi fai sentire molto meglio perché mi sono messo l’animo in pace che sembro un pazzo, l’unica cosa che mi importa è suonare bene.

Scherzi sul fatto di sembrare un pazzo, ma in realtà hai studiato percussioni classiche, cioè sei un batterista che ha studiato le basi. La musica che suoni è fantastica, non è facile suonarla, ma tu la fai sembrare tale.

Grazie, sono proprio dei bei complimenti, me ne vanterò in giro.

Fallo assolutamente, e io ti seguirò con il ventilatore, sarò la tua cheerleader.

Lassù, comunque, fa veramente caldo perché si usa quella specie di nebbia per diffondere meglio le luci, ma io non riesco a respirare senza i ventilatori, la loro funzione è al 100% quella di dissipare il calore che si forma. Ogni tanto mi piacerebbe poterne fare a meno, ma alla fine mi sento come un cane in macchina affacciato al finestrino.

Tornando a Las Vegas, hai frequentato la UNLV e in quel periodo ti occupavi anche di foto di matrimoni.

Sì il mio ultimo lavoro è stato il fotografo di matrimoni, mi ha permesso di pagarmi gli studi. Mi sono fatto i calcoli: avevo debiti con la carta di credito e quelli studenteschi, ma questi ultimi avevano un tasso di interesse più basso, e così ho coperto i primi con i soldi del prestito studentesco e poi ho pagato i debiti studenteschi facendo il cameriere e un paio di anni come fotografo in una cappella di matrimoni sulla Strip, ma facevo anche parte di una band da parata. A quel punto suonavo la batteria già da un po’ ma a 23 anni ancora non sapevo bene chi volevo essere. Poi ho visto Tom Waits in concerto e ho deciso di tornare a studiare musica a scuola, non fare più biologia, ma dovevo trovare sia qualcosa che andasse incontro ai miei sogni ma anche che mi permettesse di vivere, e così ho scelto di laurearmi in percussioni ed educazione musicale. Poi, però, l’ultimo anno di università ho iniziato a suonare concerti con i Killers e ho dovuto saltare molte lezioni, così sono andato a parlare con i professori. Mi ricordo che era prima di un concerto importante a Chicago, e tutti mi hanno dato la loro benedizione, che dovevo andare perché stavo studiando musica proprio per poter suonare. Dieci anni dopo sono tornato e mi sono laureato e ho iniziato il master in composizione, di cui però ho completato solo un anno. Odio lasciare le cose a metà, quindi prima o poi lo finirò così potrò dire ai miei futuri figli che non possono riposare sugli allori.

Oh, sono sicura che i tuoi futuri figli saranno molto impressionati dai tuoi risultati. Credo sia interessante che agli inizi Killers avevano un’etichetta o il management britannico?

Era una piccola etichetta indipendente fondata da ex direttori di etichette, chiamata Lizard King. All’inizio abbiamo firmato per un EP, ma poi abbiamo presentato loro più canzoni e così il contratto è cambiato per un album, con guadagni al 50% e un viaggio in Inghilterra, in cui non eravamo mai stati. E così è nato Hot Fuss, sono già passati 17 anni.

Wow, il tempo è volato. Mi ricordo quando l’ho ascoltato per la prima volta sotto consiglio di Tina Clark, che è diventata una grande amica di entrambi.

Già, giusto un parola su di lei. Qualsiasi persona che avesse Tina come dipendente sarebbe fortunata, perché diventerebbe l’esempio da seguire per tutte le persone che lavorano con lei. Mi ricordo la prima volta che l’ho incontrata, stava correndo attraverso un parcheggio. Dovevamo suonare ad un festival inglese, e questa signora bionda stava correndo assieme al suo compagno, Derek, portando dei piatti in due borse con il marchio della Zildjan, perché i miei erano andati persi dalla compagnia aerea e stavamo per salire sul palco con una batteria in affitto che aveva le aste ma non i piatti. E così sono riuscito a suonare grazie a lei, e poi siamo diventati subito grandi amici. Tu sei una sorta di Tina americana, e sono contento di sapere che esistono persone come voi, siete delle specie di unicorni.

Grazie davvero per queste parole.

Mi ricordo che anche quando noi ci siamo incontrati per la prima volta, mi hai portati dei piatti in un concerto in club di Boston. Piatti e droghe pesanti.

Non dovresti parlarne Ronnie.

Ma ragazzi, è bene sottolineare che Ronnie non fa uso di droghe e non ne ha mai fatto uso perché è un cagasotto. Davvero, ne ho sempre avuto paura, ho visto cosa succedeva a chi le usava e non sembra proprio valerne la pena, mi accontanto del mio tè verde jasmine senza zucchero.

Io invece ho acqua frizzante aromatizzata.

Ci facciamo di roba pesante.

Anche io sono nella tua stessa barca, mai provato droga.

Ma hai visto il film sui funghi magici?

No.

È un documentario sui funghi, e mi ha fatto quasi mettere in dubbio la mia astinenza.

Per me è interessante quanti musicisti che prendo come esempio o quanta musica che io amo sia stata creata sotto effetto di droghe. Probabilmente è dovuto al fatto che attivano una parte del cervello più creativa e chiudono quella più logica. Ma non stiamo promuovendone l’uso in questo podcast.
Tornando a quando abbiamo iniziato a parlare di Tina, mi ricordo che quando ho ascoltato Hot Fuss per la prima volta ho pensato che foste una band britannica, ed è interessante come ciò vi abbia poi aperto la strada per la popolarità in Regno Unito

È stato il primo paese ad accoglierci, a farci capire che stavamo facendo qualcosa di giusto. Abbiamo passato molto tempo lì ed è diventata la nostra seconda casa. Viaggiando spesso lì e altrove, tornando in certe città, cominci a creare dei bei rapporti di amicizia in Argentina, o in Germania o in Australia. Ma l’Inghilterra è stata la prima, anche prima degli Stati Uniti, qui neanche ci riconoscevano. C’era un gruppo di persone che ci conosceva a casa e abbiamo suonato ovunque, in un posto in cui il nostro amico Ryan Pardey faceva il DJ e poi aveva una band che suonava dal vivo e poi ricominciava il DJ. A volte suonavamo in questi posti super colorati come un bar per travestiti, un posto davvero divertente a cui andare dove gente si festiva in drag, e accanto c’era un bar punk rock che si chiamava Double Down Saloon. Abbiamo suonato anche nei bar sport, dove una sera a settimana in cui non c’era niente alla tv le band suonavano perché il bar era comunque aperto. In pratica abbiamo suonato ovunque potessimo, ma è stata la scena musicale inglese a diventare la nostra pista di lancio.

Devo dire che ai quei tempi ero alla ricerca di qualcosa che si lasciasse ascoltare dall’inizio alla fine, come mi succedeva quando ascoltavo le cassette o i vinili, e quando ho ascoltato Hot Fuss per la prima volta ho pensato che non avrei più tolto il cd dal lettore della macchina. Ogni canzone era così bella, orecchiabile e diversa da quello che ascoltavo ai tempi. Avete fatto un lavoro fantastico.

In realtà sono tutti demo che siamo andati a registrare a migliaia di kilometri di distanza a Berkeley, in questo nuovo studio. Ogni canzone ha avuto massimo un paio di registrazioni, non ci abbiamo perso molto tempo. In pratica scrivevamo la canzone e poi dritti con un volo da Las Vegas a Berkeley per registrarla. All’inizio avevamo un cd con tre canzoni da far ascoltare in giro e poi se ne sono aggiunte altre.

Forse è per questo che è così bello, perché non è stato forzato, era musica che avete creato senza che nessuno vi dicesse cosa fare o come farlo.
Oltre ai Killers, che sono una band fantastica e celebrata, hai anche altri progetti personali che amo, mi piace vederti suonare la batteria ma mi piacerebbe anche vederti suonare la chitarra e cantare. Mi ricordo quando mi hai parlato dei Big Talk e mi sono chiesta se avresti cantato e suonato la chitarra. Quanto è stato divertente spostarti da dietro la batteria per un po’?

È stato divertentissimo, è stato difficile prendere le cose seriamente, invece avrei dovuto farlo. Ma ho imparato molto e mi ha permesso di suonare con questi grandi batteristi come Alex Stopa, con cui sono andato all’università. Lui è di Adelaide in Australia. È un grande batterista, che mi ha aiutato con alcuni dei concerti per il primo album dei Big Talk. Ma è un progetto che mi ha anche insegnato a giocare in una posizione diversa, per fare un paragone con il baseball, rispetto a quando faccio parte di una band. Ad esempio ero io a dover inventarmi la setlist e a decidere tutto quello che normalmente condivido con i Killers. Io dovevo far da guida agli altri nella band perché anche per loro era un progetto secondario. Quindi è stato sì divertente ma adesso ho molto più rispetto per tutti gli altri membri dei Killers, perché ho avuto l’opportunità di suonare i loro strumenti, li ho suonati tutti nel primo album e la maggior parte nel secondo, dove però c’era anche Brooks alla batteria, ma molte parti di chitarra, inclusi alcuni assoli, sono toccati a me. Alla fine non mi pento del divertimento che ho provato, ma avrei dovuto prendere il tutto più seriamente.

Era evidente che ti stessi divertendo e devo darti credito perché a volte non è facile, senti la pressione di sfruttare delle opportunità che forse non sono esattamente nelle tue corde, ma è bello avere scelta.
Comunque, l’anno scorso avete pubblicato un nuovo album…

In Agosto dell’anno scorso, ne abbiamo un altro che uscirà questo Agosto.

Ho sentito che avevate accumulato un sacco di canzoni e così avete deciso di pubblicarne un altro.

Sì, stranamente avevamo questa pila di canzoni orfane dell’ultimo album ma in realtà le stiamo tenendo per l’album ancora successivo, e ne abbiamo invece fatto uno che è una specie di album concettuale, molto diverso da quello che facciamo normalmente. Quindi abbiamo ancora quella pila di canzoni, e in più continuiamo a scrivere. È sempre un bene avere una collezione di canzoni o album quasi pronti. E poi eravamo pronti a tornare in tour dopo aver finito di lavorare all’album ma ci è stato detto che non avremmo potuto farlo, così è stato facile tornare nel processo di creazione e continuare a scrivere.

Sono sicura che i fan saranno entusiasti di sapere che uscirà qualcosa molto presto, e poi c’è altro ancora in lavorazione. E per quanto riguarda il tour, avete idea di cosa succederà, avete qualcosa in programma?

Siamo cautamente ottimisti, non vogliamo essere la band che fa ripartire il Covid, e poi non so se la gente ne parla ma dal punto di vista economico, ci sono delle clausole di forza maggiore legate al Covid in ogni contratto. In pratica la band è co-responsabile se il posto in cui deve suonare viene chiuso prima del concerto, quindi bisogna essere molto cauti perché si viaggia con molte persone fino al posto in cui devi suonare, arrivi e magari ti dicono “Ci dispiace, c’è un caso, non facciamo più il festival, non suonerete, noi ci assumiamo i nostri costi, voi vi assumete i vostri e non sarete pagati.” Quindi c’è questa componente di responsabilità che accettano anche le band. Ma la cosa più importante è che vogliamo essere sicuri che sia il momento giusto, perché abbiamo concerti in programma, come il Firefly Festival, un altro paio in Florida, dove ovviamente non c’è stato il Covid… Quindi le ruote sono in moto e speriamo che tutto vada liscio, ma voglio rimanere cauto.

Lo capisco al 100%, e ho sentito parlare di queste nuove clausole di responsabilità che stanno rendendo l’organizzazione delle cose molto difficile per le band, perché nessuno vorrebbe trovarsi in quella situazione. Teniamo le dita incrociate che i casi continuino a scendere fino al punto in cui non sarà più un problema da affrontare con questo tipo di clausole.
Volevo poi parlare delle fotografie sui tuoi social. Prima hai menzionato come tu abbia fatto viaggi in macchina con la moglie e il cane, e fai delle foto incredibili in cui parli di quanto ti piacciano le vecchie case ed edifici, e ci sono queste foto di edifici diroccati che raccontano una storia.

Sì, mi piace molto la conservazione di queste cose, in realtà non solo edifici ma qualsiasi cosa vecchia e interessante. Ho tantissimi rullini che ancora non ho sviluppato, ma non sono sicuro di continuare a postare su instagram, perché mi porta via tantissimo tempo e mi ritrovo a guardare lo schermo del cellulare quando c’è così tanto da osservare davanti a me. C’è una parte di me a cui non frega niente di stare su quella piattaforma e promuovermi. So che è una cosa un po’ stronza da dire, ma adesso è normale, tutti ce l’hanno, ma mi sembra una cosa sbagliata, il mio lavoro è scrivere e registrare canzoni e suonare sul palco, e so che questa è un’ulteriore componente perché così tieni aggiornate le persone sulla tua musica e se hai un concerto. Ma sono in qualche modo diffidente quindi ci vado ogni tanto, e se riuscirò a sviluppare un paio di rullini magari posterò qualche foto. In realtà sto pensando di mettere assieme dei libri in edizione limitata, solo qualche copia, così chi è interessato alle foto di merda che faccio può comprarsi il libro e non vederle online. Poi magari lo pubblicizzerò online.

Mi piacerebbe un libro così, credo che sarebbe bellissimo. Ma credo che se non sei obbligato a usare instagram, non serve che tu lo faccia, quello che fate è già pubblicizzato, quindi non ti biasimo. E poi sì, prende un sacco di tempo. In realtà sappiamo tutti che non usi instagram perché ti vuoi concentrare su tick tock, quella è la tua piattaforma, no?

Ho visto un tick tock di Paul McCartney, qualcuno me l’ha mostrato, non è stato bello da vedere, così come quello di Mick Fleetwood. Quella piattaforma rende chiunque automaticamente meno figo.

Toglie un po’ la patina.

Niente mistero, grande errore.

Tu invece sei molto misterioso. Comunque le tue foto mi piacciono molto e sono una specie di chiusura del cerchio visto che era una tua passione e puoi continuare a coltivarla visto che la gente lo apprezza. E poi sono sicura che il tipo di fotografia attuale è completamente diverso da…

…quella dei matrimoni sulla Strip di Las Vegas?

Sì. A proposito di questi matrimoni, devi aver visto delle cose molto strane negli anni.

Devo aver scattato foto a centinaia di matrimoni, ne facevo dai 10 ai 30 al giorno, durano tutti tra i 15 e i 20 minuti dipendentemente dal pacchetto che compri. Vedi questa palette di persone che vogliono sposarsi velocemente. Qualcuno voleva il matrimonio alla Elvis, o coppie di anziani che erano là in vacanza e sono stati impossessati dallo spirito delle giovani coppie che vivono la vita come viene. Ma era molto figo. È li che ho imparato a fotografare, era tutto con rullini, nessuno schermo digitale per verificare il risultato. È stato come essere lanciato nel fuoco e così ho imparato. Adesso sono molto più meditativo, vedo le città in cui sono stato già altre 30 o 40 volte con occhi diversi.

Continua a farlo perché mi piacciono. Quando vedo un vecchio edificio provo a pensare a quale sia la sua storia, chi ci ha vissuto, com’era la vita a quei tempi, mi fa pensare.

Credo di avere almeno 60 rullini in frigo ancora da sviluppare, speriamo ce ne siamo 3 o 4 di buoni e poi torno su instagram! Per ora mi sto godendo l’arrivo dell’estate.

A parte i rullini da sviluppare, avete un album in uscita, andrete in tour, ma in questo periodo che musica stai ascoltando che ti ispira?

C’è questa band di Bristol che si chiama Idles, hanno un nuovo album intitolato Ultra Mono e lo amo dall’inizio alla fine. Sto ascoltando quello e molto jazz, jazz a quintali, e musica sperimentale dalle playlist yoga e roba avant-garde.

A volte c’è proprio bisogno della playlist yoga!

Sto esplorando chitarristi jazz degli anni ’50, ascolto e imparo come suonare di nuovo. Quando si è lontani dal tour per così tanto, almeno nel mio caso, divento un batterista diverso, perché cerco di non essere troppo rumoroso in casa sennò cadrebbero i quadri dai muri, quindi sto cercando di trovare la parte jazz che c’è in me.

Mi piace questa idea, perché sei conosciuto perché suoni musica rock, ma il tuo background si sente che è molto jazz, non saprei spiegarti bene il perché. Siamo tutti in attesa di ascoltare nuova musica e vedervi sul palco…

Anche io, e da fan non vedo l’ora di vedere altre band sul palco. Credo che quando tutto riaprirà davvero sarà una festa tipo il martedì grasso per due anni, o almeno lo spero, ci sarà questa sorta di rinascimento, gente che esce e si diverte.

Lo spero anch’io, non vedo l’ora che arrivi quel momento, con un sacco di gente assieme.

È proprio questo il punto, adesso la gente è rinchiusa in casa e molte persone stanno mettendo a frutto la propria creatività, e trovando nuovi metodi per mostrare al mondo la propria musica. Questo è uno dei risvolti positivi di cui parlavo prima.

È assolutamente vero.

Questo podcast è nato così.

Ed eccoci qui, non saremmo qui sennò, hai ragione. È assurdo come questo periodo in cui siamo tutti rinchiusi nelle nostre bolle ha dato l’opportunità alle persone di collaborare, di creare progetti che altrimenti non sarebbero riusciti a fare, o iniziare qualcosa di creativo che avrebbero voluto da sempre ma non ne avevano mai avuto il tempo prima. Ma anche cose semplici come tu che ti rendi conto di aver visto i fiori in casa tua sbocciare per la prima volta in un periodo dell’anno in cui normalmente non sei mai a casa.

Queste piccole cose ti fanno capire quanto tempo passi a fare altro, che sia importante o meno. Senza essere troppo filosofico, come società, per lo meno nella mia esperienza qui negli Stati Uniti, abbiamo delle difficoltà a focalizzare le cose importanti, è tutto sbilanciato, per cui è interessante vedere che molti stanno riuscendo a trovare un nuovo bilanciamento nelle loro vite. Viviamo in tempi difficili.

Hai ragione, anche io ho la sensazione che non ci fosse più un bilanciamento, non solo per colpa del virus e la quarantena, ma anche per le questioni politiche e la giustizia sociale. Sento che forse stiamo arrivando ad una sorta di conclusione.

Sì c’è questa sorta di tumulto colorato perché non ce la facciamo più a stare in casa e perdere il lavoro o i nostri genitori o persone che conosciamo. La gente è diventata iper sensitiva e iper arrabbiata o iper contenta o iper triste, e sento che forse adesso stiamo finalmente capendo che bisogna smettere di aspettare che siano gli altri a fare dei cambiamenti, ognuno deve farli, a partire dalla propria famiglia e amici o comunità. Dobbiamo diventare delle persone migliori.

Sono d’accordo, credo sia una cosa che tutti dovremmo tenere a mente, cercare di essere un po’ migliori rispetto a ieri.
Beh grazie davvero Ronnie per avermi concesso il tuo tempo.

È stato divertente, ed è bello diventare parte dei tuoi ospiti, ne hai avuto di davvero interessanti. Ho ascoltato qualcosa qua e là degli altri episodi, e spero che la gente li apprezzi quanto me.

Lo è stato anche per me e apprezzo molto sia te, sia gli altri batteristi che sono stati ospiti.

Abbiamo un rapporto molto bello, ci conosciamo da vent’anni, è bello anche solo parlare un po’, e sono contento che stai facendo questo programma.

Grazie mille. Speriamo di vederci presto di nuovo di persona.

Speriamo davvero. Baci e abbracci alla tua famiglia da parte mia, specialmente a tuo marito.

Anche tu, stammi bene.