Stereogum [05-08-2021]
Brandon Flowers e Ronnie Vannucci parlano in dettaglio su Pressure Machine e cosa c’è nel futuro dei Killers
Poco meno di un anno fa, i Killers hanno pubblicato un nuovo album intitolato Imploding the Mirage. È stato uno dei loro migliori, che ha perfezionato il matrimonio tra rock da stadio con un pizzico di Americana e i sintetizzatori, due strade tra cui la band ha fatto avanti e indietro per tutta la carriera. Si può solo immaginare quanto potenti queste canzoni sarebbero state nel tour in programma, ma, ovviamente, non è successo. I Killers hanno, invece, fatto un altro album.
Forse non è del tutto appropriato definire Pressure Machine come un album da quarantena, ma non sarebbe arrivato così velocemente se non grazie ad essa.
Durante questo periodo, Brandon Flowers si è ritrovato a ripensare agli anni passati – di recente si è trasferito di nuovo in Utah e ha mostrato ai suoi figli i posti in cui ha passato la sua giovinezza nella piccola cittadina di Nephi. All’improvviso sono cominciate ad arrivare nuove idee per un nuovo album molto diverso dal solito.
La band ha accennato all’arrivo del successore di Imploding the Mirage dalla sua uscita. Hanno dato indizi rimarcando che avrà canzoni più tranquille di quelle che sarebbero potute nascere in tempi normali. La calma della quarantena ha permesso ai Killers di scavare e diversificarsi. A Pressure Machine non mancano una manciata di canzoni in crescendo e teatrali o pop armonioso, ma in generale è una collezione musicale molto più sobria e riflessiva di quanto abbiano mai messo assieme. Vi verrebbe da pensare che Flowers, da devoto di Springsteen, abbia preso appunti da album come Nebraska. Pressure Machine torna indietro nel tempo, passando in rassegna i luoghi e le situazioni della sua adolescenza – e come risultato ci sono canzoni polverose e consumate che si soffermano sulle vite di persone sconosciute in posti sconosciuti nel mezzo del Paese. In qualche occasione la band si addentra in atmosfere sorprendentemente cupe, sia per tema sia per estetica.
Anche se la band non ha mai nascosto l’esistenza di Pressure Machine, c’è poco altro che sappiamo. Finora non ci sono stati singoli, e la band ha condiviso la tracklist solo qualche giorno fa. L’hanno annunciato ufficialmente solo un paio di settimane fa, e arriva la prossima. Pressure Machine è una sorta di album concettuale, e forse avrà più senso per i fan ascoltarlo nella sua interezza quando sarà il momento. Nel frattempo ci siamo sentiti con Flowers e Ronnie Vannucci Jr per avere un’anteprima di cosa ci aspetta.
Di solito quando ci sono due album ravvicinati o magari collegati, spesso si parla di canzoni avanzate dal primo e una situazione “parte seconda”. Pressure Machine è molto diverso da Imploding the Mirage dal punto di vista sonoro e dei temi. Queste canzoni sono arrivate più o meno nello stesso periodo?
Ronnie: Non ci sono cordoni ombelicali fra le canzoni dell’uno e dell’altro, ma solo lo stesso gruppo alle spalle. Credo che il nocciolo della questione sia che, come tutti, stavamo attraversando un momento mai vissuto prima. eravamo appena usciti dallo studio. Quando è arrivata la quarantena, stavamo ancora mixando Imploding the Mirage ed eravamo concentrati su quello. Poi i giorni sono diventati più bui e le cose più strane. Così Brandon ha detto “Hey, facciamo un album su questo tipo di sensazione che sto provando per questa città.” e io ho risposto, “Facciamolo.” ecco come è nato.
Brandon, sono storie piuttosto vecchie quelle che hai riesumato. Cosa della quarantena ti ha spinto a voler tornare indietro nel tempo alla tua adolescenza?
Brandon: Mi sono trasferito da poco in Utah. Vivo a circa un’ora e venti minuti a nord della cittadina in cui sono cresciuto. è ancora un punto di riferimento per me, mia sorella ci vive, così come i miei nipoti. Ne ho approfittato per trovare scuse per mostrare ai miei figli dove avevo vissuto o portarli al posto che fa hamburger in cui andavo con mio padre. Ho cominciato ad avere questi ricordi. Non pensavo che ne sarebbe nato un album o che li avrei usati in questo modo. Ho cominciato ad averne così tanti che ho iniziato a vedere un filo conduttore, e ne ho approfittato.
Ti eri già reso conto che avresti ottenuto questo album dal vasto arco concettuale, ma anche più tranquillo?
Brandon: Ci siamo sempre chiesti se fossimo capaci di un album simile. Da quando siamo arrivati sulla scena tutti parlano della grandiosità, dello sfarzo e del glamour, dello strafare e simili. è una cosa a cui non abbiamo mai pensato quando stavamo in studio a scrivere, perché facciamo semplicemente quello che sappiamo fare. Poi però inizi a chiederti “È perché non siamo in grado di fare diversamente?” [Ride]
Ronnie: Il tempo a nostra disposizione ci ha permesso di inoltrarci in un posto che abbiamo voluto esplorare da sempre. Abbiamo tantissime vecchie canzoni che non abbiamo mai pubblicato perché non sembravano in linea con quello su cui stavamo lavorando ai tempi. Sono delle orfane, se così vogliamo definirle. [Girandosi verso Brandon] Mi ricordo quello che hai detto e che ha dato un senso al tutto: quando vivevi in Utah non avevi molto da fare se non ascoltare musica, creandoti così una sorta di universo personale. È riuscito a portarmi in questo universo, ed è poi diventato Pressure Machine.
Brandon: Ronnie non ha vissuto a Nephi negli anni ’90 – ma faceva parte della scena musicale di quegli anni, così come Dave. Abbiamo deciso di partire da un punto di riferimento condiviso, come la musica che andava di più in quel periodo, tipo i Radiohead o gli Smashing Pumpkins. Anche i Nirvana sono stati menzionati. È Ronnie che ha dato il via a Cody, che inizia alla Nirvana anche se poi prende un’altra direzione. Abbiamo proprio cercato di prendere spunto dal sentimento anni ’90 dal punto di vista musicale.
Ronnie: È incredibile quanto ci sia venuto naturale. [Ride] Ho ascoltato un sacco di R.E.M crescendo, ed è stato molto facile. Fa un po’ ridere come finisci per metterti da solo dei limiti su come dovresti essere o come gli altri dovrebbero vederti. È stato bello fregarsene e focalizzarsi su quello che stavamo provando.
Avete detto lo stesso anche per Imploding the Mirage…
Ronnie: Non lo abbiamo mai detto.
Brandon: [Ride]
Parlo del fatto che eravate stati incoraggiati ad andare contro le aspettative. Adesso vi trovate in questa era in cui ognuno dei due album, anche se in modo molto diverso, può aprirvi nuove strade. Pensate che il vostro orizzonte per il futuro si sia allargato?
Ronnie: Penso che abbiamo imparato a prendere le cose come vengono: Mark che non può essere in studio, Dave che non può essere in studio, la fine del mondo per colpa del coronavirus. Stiamo imparando ad adattarci e divertirci senza dover seguire nessuna idea preconfezionata di quello che dovremmo fare. Egoisticamente stiamo facendo quello che possiamo ma anche quello che ci fa stare meglio.
Brandon, credo tu sia cresciuto in un posto più piccolo di quello in cui sono cresciuto io, ma posso comunque trovare punti in comune con molti dei temi e delle situazioni che hai vissuto. Per me il titolo Pressure Machine – in un album come questo, con vignette che introducono le canzoni – potrebbe avere una connotazione più negativa, ma allo stesso tempo sembra anche molto empatico. Sono curioso di sapere come suona per te, e al tuo rapporto con questi luoghi.
Brandon: È la solita situazione di amore e odio per il posto da cui vieni. Pressione è anche quello che di solito associamo con Wall Street. Ho iniziato la mia vita in questa cittadina, cercando di pensare a queste persone che lavorano a Wall Street e quanto sia difficile per loro. Iniziamo ad essere analizzati molto presto su come gestiamo la pressione, e poi quel marchio rimane per sempre. e questo succede quando si è ancora troppo giovani. Se poi ci metti assieme anche la pressione religiosa – quando vivevo a Nephi negli anni ’90, in Utah il 90% della popolazione era mormona. Non ci sono altri Stati che hanno questi numeri. [Ride] Diventa una cosa estrema. Quando ci ripenso, le cose che mi ricordo di più sono i disadattati e le persone a cui non interessava la religione. La maggior parte dei personaggi che sono finiti nell’album appartengono a queste categorie.
Erano quelle le persone a cui tu ti sentivi più affine mentre cercavi di dare un senso alla tua vita, o le hai capite solo più tardi?
Brandon: Da piccolo per me era tutto bianco e nero. C’era il bene o il male. Ovviamente invecchiando sono diventato più comprensivo ed empatico, li vedo con occhi diversi ora e ho molta più comprensione per la loro situazione. Volevo rappresentarli al meglio in queste canzoni.
West Hills è la mia canzone preferita dell’album, è un’apertura così impressionante. Prima parlavate di musica anni ’90, ma mi chiedo da dove viene una canzone come questa.
Brandon: È la terza incarnazione della canzone. Ho scritto i testi in anticipo per questo album, di solito faccio tutto all’ultimo secondo. Ogni canzone aveva diverse versioni, e se sentivamo che nessuna andava bene, prendevamo una direzione totalmente diversa. Quindi c’è una West Hills più ritmata, una versione rock.
Ronnie: Ed era in quattro tempi, l’abbiamo fatta swing in 6/8.
Brandon: È stata una cosa dell’ultimo minuto quando ci trovavamo a Los Angeles. È la nostra prima canzone in 6/8. La storia è un’altra di quelle personali accadute a Nephi. Tutto doveva essere ambientato lì. All’inizio ho pensato che forse poteva essere esplorato tutto quello che era collegato al periodo della mia adolescenza, ma poi ho capito che c’era qualcosa di speciale che caratterizzava tutto ciò che esisteva in quella cittadina.
Nell’ultimo album ci sono state un sacco di collaborazioni – Weyes Blood, Adam Granduciel, Lindsey Buckingham, Lucius. In questo c’è Phoebe Bridgers.
Brandon: Ci ha impressionati con un paio di bellissime cover di Read My Mind e Human. È sul mio radar dalla prima volta che ho ascoltato Funeral anni fa, e capisci subito che ha qualcosa di speciale. È stato bello sapere che anche lei era nostra fan. È tutto successo in modo naturale e velocemente. Era nel mezzo della pandemia e tutti indossavano mascherine. Non credo di aver mai visto il suo viso per intero. È venuta in studio, è entrata nella stanza di registrazione con già un’ottima familiarità con la canzone. Ha fatto un paio di registrazioni e basta, è scomparsa nella notte di Los Angeles. [Ride]
Ci sono stati altri ospiti?
Brandon: I due fratelli dei Dawes, Taylor e Griffin. Hanno cantato nel coro di The Getting By. Joe Pug suona l’armonica.
Ronnie: Sara Watkins al violino. Abbiamo avuto molta gente. è la cosa bella di lavorare a Los Angeles. “Hey, abbiamo bisogna di una tromba, potremmo chiamare lui.” È stato così anche nell’ultimo album – ci sono molte risorse da sfruttare lì.
Visto che lo avete fatto nell’ultimo e in questo album, c’è un motivo specifico che vi spinge a voler portare qualcuno nel vostro mondo o pensate semplicemente cose tipo “Oh, Phoebe vive in fondo alla strada.”
Brandon: Avevamo sicuramente bisogno di una voce femminile in Runaway Horses. E poi lei ha una storia non solo con quel tipo di musica ma anche per discendenza – suo nonno ha legami con i rodeo. Ci è sembrata la cosa giusta. Ma volevamo anche creare un senso di appartenenza ad un luogo specifico e così abbiamo giocato con gli strumenti. Il violino, l’armonica e la chitarra pedal steel hanno aiutato in questo senso.
Non fa parte dell’album, ma un’altra importante collaborazione che avete appena pubblicato è Dustland con Bruce Springsteen. Brandon ha già parlato di come è nata, dopo aver ricevuto un messaggio fantasma da lui. Ma come è stato lavorarci?
Brandon: Era nel mezzo della quarantena. L’idea era che potesse tirare un po’ su il morale in quel periodo. Ma era occupato con molti progetti. Abbiamo dovuto aspettare che li finisse tutti, dai podcast con Obama agli annunci di Broadway. Abbiamo aspettato il momento giusto. Siamo molti contenti del risultato. È all’altezza di ogni diceria e leggenda che lo riguardano. Davvero. È da pazzi. Ogni tanto ricevo un suo messaggio o una telefonata e penso che mi voglia chiedere qualcosa ma in realtà gli interessa semplicemente sapere come sto. Eravamo un po’ restii a chiederglielo, non volevamo disturbarlo, invece è stato davvero gentile. Quella canzone ha preso ispirazione da lui. Penso che abbia aperto la porta che mi ha permesso di scrivere delle persone comuni. Prima di allora pensavo di dover scrivere sempre di qualcosa speciale, più importante delle persone attorno a me. Mi ha davvero aiutato nel mio percorso.
Avete altre collaborazioni da sogno?
Brandon: ci sono un sacco di grandi artisti, ma non saprei. Di solito non ci pensiamo molto.
Ronnie: Meglio non tirarsi la zappa sul piede, meglio se le cose accadono in modo naturale. Ovviamente se dicessimo “Vogliamo lavorare con blah blah blah,” il tutto verrebbe amplificato e diventerebbe una sfida. Non sarebbe un processo organico. Credo che ricevere una telefonata o un messaggio che dice “Hey, come state, vorrei fare questa canzone,” e svilupparla da lì abbia molto più senso. Ci sono tanti grandi musicisti e autori con cui sarebbe bello creare qualcosa. Siamo sempre disposti a parlarne, ma dovrebbe essere per il progetto giusto.
Abbiamo già parlato di quanto quest’album sia diverso dal precedente, e come si tratti di un gruppo di canzoni diverso da quello che i Killers avrebbero potuto pubblicare in una situazione diversa. Di recente avete anche iniziato a parlare dell’ottavo album. Potete parlarmene un po’, dirmi se si collega in qualche modo al sesto e al settimo, o che direzione vorreste prendere?
Ronnie: L’ottavo è più collegato al sesto, ma non stratta di canzoni scartate da Imploding the Mirage, semplicemente riprendiamo da dove ci siamo fermati. Abbiamo alcune canzoni finite che semplicemente appartengono ad un altro album. Non appartenevano a Imploding the Mirage, e certamente non appartengono a Pressure Machine. Ma hanno già una casa e stiamo iniziando a vederne un po’ l’architettura. Abbiamo fatto un paio di sessioni di scrittura e registrazione con Mark e Dave. La nostra prossima missione sarà concluderlo. Ci sono un po’ di canzoni per cui siamo molto entusiasti, e sono canzoni dei Killers più tradizionali.
Brandon: Se cancellano altri concerti finirete per avere l’ottavo album in circa cinque mesi. [Ride]
Fonte—Stereogum