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The Foyer [13-02-2021]

Brandon è stato ospite del podcast The Foyer, durante il quale uno o più importanti ospiti si uniscono al Dr. Patrick Mason per una conversazione profonda ma informale su storia e cultura mormone.

Un benvenuto a tutti a The Foyer, il podcast in cui conversiamo sulla storia e la cultura mormone. Io sono il vostro padrone di casa, Patrick Mason, professore alla Utah State University, e sono felice che ci stiate seguendo in questo nuovo episodio.

Sono sempre entusiasta degli ospiti che abbiamo ma, per quanto siano eccezionali, credo che nessuno di loro possa sostenere di aver cantato di fronte a stadi pieni nei sei continenti. Brandon Flowers è forse il mormone più famoso del mondo, magari ha un’agguerrita competizione con Mitt Romney, soprattutto dopo la settimana scorsa, ma è lì in cima. Nel caso aveste vissuto su un altro pianeta per gli ultimi vent’anni o se, come mia madre, ascoltate solo musica classica e dite ai vostri figli che il rock’n’roll friggerà loro il cervello, Brandon Flowers è meglio conosciuto come il cantante dei Killers, una delle band più popolari del ventunesimo secolo. Hanno venduto più di 28 milioni di album nel mondo e il loro nuovo album, Imploding the Mirage, pubblicato nel mezzo della pandemia, è stato appena nominato l’album rock del 2020 in un sondaggio dei fan su Billboard.
Oltre al lavoro con i Killers, Brandon ha anche un paio di ottimi album solisti. È cresciuto a Las Vegas e Nephi, due posti molti simili, no? È il più giovane di sei figli e membro della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni.
Di solito passa il tempo con persone come Bruce Springsteen, Bono o Elton John, quindi io da professore di studi religiosi, sono un po’ un pesce fuor d’acqua.

Brandon, grazie per essere qui con noi e benvenuto a The Foyer.

Grazie per avermi invitato.

Qualche anno fa il Pew Forum, che porta avanti studi sulla religione negli Stati Uniti, ha fatto un grande sondaggio chiedendo a migliaia di persone a cosa collegavano la parola ‘mormone’, quale fosse la prima cosa a cui la associavano. Ci sono state tantissime e diverse risposte, ma non credo che rockstar fosse una di quelle. Come ho già detto, sei cresciuto nella chiesa come mormone, ma quand’è che hai capito che saresti potuto essere sia una rockstar sia una mormone credente e praticante, che non dovevi scegliere l’uno o l’altro?

È una cosa con cui ho dovuto lottare sicuramente all’inizio, ero molto giovane quando abbiamo iniziato. Nell’età in cui la maggior parte dei ragazzi va in missione, sui 19, ho comprato Hunky Dory di David Bowie e mi ci sono attaccato e ho capito che volevo fare lo stesso, una decisione folle, perché quell’album è un capolavoro quindi era un livello altissimo a cui puntare. Ma è stato quell’album a convincermi a non andare in missione. La nostra ascesa è stata molto veloce, siamo stati molti fortunati perché alcuni si trascinano in giro in un minivan per anni prima di farcela, o non farcela proprio. Abbiamo avuto un successo immediato, il primo album è stato imponente, ma in quel periodo ho iniziato a sviluppare un certo complesso del salvatore.

Ma è naturale, canti di fronte a decine di migliaia di persone!

Ma è a quel punto che le cose hanno iniziato a cambiare, perché l’arco della mia carriera non è quello tipico. La maggior parte delle persone avrebbero pensato ‘se una cosa funziona, rifacciamola’, mentre per me è cambiato qualcosa. Ho un fratello più vecchio di dodici anni, che mi ha passato tutta la sua musica, quasi tutta alternativa e new wave degli anni ’80, da cui ho attinto molto per il primo album. Non si associa spesso quell’era musicale con la dissolutezza e gli eccessi del rock’n’roll, ma in realtà era in linea con tutto ciò. Flood, che ha prodotto il nostro secondo album e Violator e Ultra per i Depeche Mode, ha detto che loro sono la band più rock’n’roll con cui avesse mai lavorato, basti pensare alle storie su Dave Gahan in overdose e simili. Tutte queste caratteristiche, che accomunavano anche band come Duran Duran, o David Bowie, hanno cominciato a mettere in dubbio la mia autenticità perché quella è la loro caratteristica e dà loro il permesso di fare ciò che fanno, il loro modo di vivere. Sapevo che c’era un tira e molla dentro di me perché volevo essere autentico ma volevo anche che il mio nome fosse lassù con loro. È accaduto qualcosa di importante quando sono tornato a casa poco dopo il successo del primo album: mi sono innamorato della musica americana, e questo amore è venuto fuori dal nulla. All’improvviso ho sentito Bruce Springsteen alla radio che trasmette il rock classico, e la sua musica mi ha parlato, ma è totalmente all’opposto da Morrisey o simili. Ero confuso da ciò, ma c’è qualcosa di virtuoso in Bruce Springsteen, e mi ha dato accesso a storie che erano autentiche per me perché sono cresciuto qui, in una piccola città dello Utah, e poi a Las Vegas. Ho iniziato a vedere un percorso diverso, ed è stato un grande cambiamento nella mia vita. Non so dove sarei finito, forse sarei stato una delle vittime del rock’n’roll se non avessi iniziato ad attaccarmi a queste altre influenze.

Molto interessante. Sentiamo sempre parlare di sesso, droga e rock’n’roll, come se fosse un pacchetto preconfezionato. Non mi vengono in mente molti altri artisti famosi che sono esplicitamente e apertamente religiosi. Magari ci sono molte tematiche religiose nelle canzoni, molti prendono spunto dalle potenti immagini della religione, soprattutto nella musica country e nella scena della Christian music, ma non nella musica rock, alternativa o pop. È perché si tratta di un modo di vivere edonistico o ha anche a che fare con le sensibilità artistiche contro le regole troppo stringenti della religione? Qual è il motivo secondo te?

Il cliché che viene di solito menzionato come motivo per iniziare una band è quello di trovare ragazze, ma credo che, quando si è agli inizi, gran parte dell’attrattiva sia legata al non conformismo, al non voler seguire per forza le orme del proprio padre, di spezzare un po’ i legami, e tutto questo non sembra andare d’accordo con le regole della religione.
Effettivamente non ci sono molte persone che lo dicono apertamente, forse c’è qualche cristiano nascosto. Penso sempre ai grandi del passato, come Elvis, anche se ha commesso molti errori nella sua vita, ma era un credente, o Johnny Cash. Anche gli U2 toccano molti di quei temi, e credo che sia una cosa genuina per loro, è sicuramente parte del modo di vivere di Bono. Ma in generale non è una cosa tipica di cui vantarsi.

Per te, se non è una domanda troppo personale, quand’è che ha smesso di essere un tira e molla?

Si inizia a sentire nei testi del nostro secondo album, ma nel primo c’è un coro diventato famoso, quello di All These Things That I’ve Done, in cui canto “I’ve got soul but I’m not a soldier”. La gente pensa che siano parole buttate a caso, ma in realtà si tratta di un ventenne che si rende conto di stare prendendo una direzione che gli era stata proibita, ma allo stesso tempo crede ancora di avere integrità. È una specie di richiesta di aiuto. Quello è stato l’inizio e poi si è manifestato più apertamente nel secondo album. Per me era stato un periodo di transizione perché mi ero sposato verso la fine del tour del primo album, e mi trovavo ad un bivio, se scegliere l’unità della famiglia o l’altra strada. La decisione è stata facile da prendere quando ho saputo che mia moglie era incinta, ho capito subito verso dove volevo andare.

Grazie per aver menzionato il vostro secondo album, perché vorrei analizzare alcuni versi. Il bridge di una delle vostre canzoni più famose, When You Were Young.

They say the devil’s water it ain’t so sweet
You don’t have to drink right now
But you can dip your feet
Every once and a little while

È un verso bellissimo, e mi ricorda uno dei miei versi preferiti di Bruce Springsteen, “It’ s hard to be a saint in the city”. È difficile davvero, c’è sempre questo tira e molla, e sento lo stesso nei tuoi testi. Forse è perché sei da Las Vegas, la Città del Peccato, ma il mondo esterno cerca sempre di attrarti a sé.

È divertente che tu menzioni It’s Hard to Be a Saint in the City perché ho scoperto quella canzone all’inizio grazie alla cover di Bowie, pensavo che fosse sua e ho scoperto solo più tardi che l’aveva scritta Bruce. Alla fine ognuno viene attirato da qualcosa di diverso, c’è un bagliore che caratterizza Las Vegas, alcuni non ci prestano attenzione, io invece ne sono sempre stato attratto. La frase in When You Were Young parla di voci che stavo ascoltando, che mi dicevano che potevo contravvenire ogni tanto agli insegnamenti della Parola di Saggezza.

Spieghiamo un attimo a chi ci segue e non sa di cosa si tratti.

È una specie di legge, una linea guida per quanto riguarda la salute fisica, che vieta droghe, alcol e tabacco. Io sono cresciuto senza avere niente di ciò attorno. Mio padre si è convertito quando avevo cinque o sei anni, quindi le lattine di birra sono sparite da quel momento in poi. Ero però attorniato da persone nella mia famiglia che mi dicevano di non fare certe cose, ma nel contempo mi raccontavano storie di quanto fossero divertenti, quindi sapevo già che avrei provato anch’io quanto lo fossero una volta cresciuto. Mia nonna fumava e beveva quella che definiva ‘acqua di fuoco’, e mi ricordo che ogni tanto di nascosto le rubavo qualche goccia e annusavo le sue sigarette e non vedevo l’ora di provarle davvero. In When You Were Young confronto tutto questo e cerco di trovare una soluzione, perché in quel momento ne ero ancora in mezzo.

Uno dei temi che sento costantemente nella tua musica è la speranza della redenzione, c’è un modo per uscirne e non rimanere bloccati, per prendere una decisione. Ognuno ha la libertà di seguire un percorso, ma ce n’è anche un altro. La redenzione è ovviamente uno dei temi principali della cristianità e anche di altre religioni. C’è un verso di una canzone del tuo primo album solista, Only the Young, che ho scelto per questo.

Mother it’s cold here
Father thy will be done
Thunder and lightning
Are crashing down
They got me on the run
Direct me to the sun

Redemption keep my covers clean
Tonight
Baby we can start again

È un verso molto potente. Cosa stava succedendo nei tuoi pensieri quando l’hai scritto?

Devo menzionare di nuovo gli U2 e ringraziarli per la loro influenza e la loro volontà a mostrarsi vulnerabili e di parlare di certe cose, di descrivere le proprie canzoni come preghiere. Leggere queste cose, conoscere la loro storia mi ha permesso di essere me stesso, per cui descriverei sicuramente Only the Young come una preghiera. Parlo del diventare ancora bambino per chiedere aiuto ai miei genitori, riconoscendo che ho bisogno di una guida.

Quando parli dei genitori pensi a quelli terrestri o parli di Dio?

Sì, parlo dei genitori nel cielo.

Questo è uno dei tratti distintivi del mormonismo, questo tipo particolare di cristianità, e mi fa pensare alla copertina del vostro nuovo album, di Imploding the Mirage. È un album bellissimo, è il vostro sesto album al numero 1 in Regno Unito, e ho letto da qualche parte, non so se sia corretto, che nessun’altra band ci è mai riuscita prima, è vero?

Forse non band americane.

È comunque impressionante. Ma torniamo alla copertina, che ha un bellissimo sfondo tipico del West ma si è immediatamente attirati da questa coppia che fluttua nel cielo. Puoi parlarcene un po’, del design e del concetto che c’è dietro?

L’artista è Thomas Blackshear, si intitola Dance of the Wind and the Storm. Mi ci sono imbattuto mentre stavamo scrivendo l’album e ho visto che alcune delle canzoni che avevamo si sposavano bene al contesto dell’immagine, così l’abbiamo stampato come riferimento prima ancora di avere il permesso da Thomas, e attaccato ai muri dello studio, facendolo diventare una sorta di membro della band. Mi ha aiutato con i testi, ci ha aiutato con i suoni. È un’immagine davvero bella.

Allora adesso ti dico quello che vedo e poi puoi dire ciò che vedi tu. Qui c’è il mormone in me che esce perché nel mormonismo non c’è solo Dio, il Padre, dei cristiani ed ebrei, ma c’è anche una Madre, e formano una coppia divina, maschile e femminile. Per quanto sia un’idea bellissima, non ci sono molte opere d’arte della divinità femminile. I mormoni in realtà non ne parlano molto, ma quando ho visto l’immagine ho pensato subito che fosse proprio una loro rappresentazione, ed è sulla copertina di un album dei Killers. Anche per te evoca questo?

Sì anche per me. A volte la guardo e vedo il Padre e la Madre, altre volte ci vedo me e mia moglie, ed è da questa visione che è nato il materiale per l’album.

Quando ascolto questo album sento in tante delle canzoni questo tema della riconnessione, della riunione di persone separate, o sconosciute, o perdute, che si ritrovano assieme. C’è sicuramente un elemento romantico, si parla di due amanti o sposi, ma spesso nelle poesie o anche nelle sacre scritture l’amore tra due sposi o persone viene usato come metafora della relazione tra Dio e l’uomo. Quando scrivi le canzoni fai anche tu riferimento a marito e moglie ma anche umano e divino?

Sì. L’abbiamo scritto nel 2019 come una specie di accompagnamento all’album precedente, intitolato Wonderful Wonderful. In quell’album ho descritto nei dettagli alcune esperienze personali più di quanto avessi mai fatto prima, ho affrontato la parte buia del trauma che mia moglie ha subìto da piccola. Nel 2019 stavamo studiando il Nuovo Testamento in chiesa ma anche in famiglia, e uno dei temi principali è quello di riconciliarsi con Dio. Ed è stato solo dopo la diagnosi di PTSD di mia moglie che siamo riusciti a ripartire e colmare la distanza che si era creata tra di noi, a riconciliarci. Ho visto la correlazione tra questo e le due persone in copertina, dovevamo diventare come loro. Alla fine si dice che sei quello che mangi, e parlando del Nuovo Testamento ogni giorno, alcune di quelle storie hanno iniziato ad intrufolarsi nelle canzoni.

È un’idea molto mormona quella della salvezza, non solo in relazione con Dio, ma anche con gli altri umani, con tua moglie, la tua famiglia, non si tratta di due cose separate.
È interessante che tu abbia menzionato il Nuovo Testamento perché lo sento perfettamente in molti dei testi.
Sali sul palco e canti per milioni di persone attorno al mondo, la maggior parte delle quali non è mormona o cristiana o religiosa in generale, ma riesci a trovare un modo per comunicare queste idee che sono importanti per te indipendentemente dalle loro esperienze. Vorrei menzionare gli ultimi due versi di una delle canzoni dell’ultimo album, intitolata Fire in Bone, in cui sento molti riferimenti al Nuovo Testamento. Magari ce ne puoi parlare un po’.

They say no one’s gonna save you
You’ve gotta make it on your own
But I called from the dark
And you picked up the phone
On my back in the raging blue
I looked up, and you cut right through

And when I came back empty-handed
You met me in the road
And you fell on my neck
And you took me back home
After all that I took from you
After all that I put you through
Here I am

Non so se sia una cosa specifica del rapporto padre-figlio, spero che anche le donne possano sentirsi incluse nella parabola del figliol prodigo, perché è bellissima. Abbiamo fatto questo album con due produttori, Shawn Everett e Jonathan Rado, e Shawn mi ha chiesto proprio di cosa parlassi in questo verso. Non è una persona particolarmente religiosa ma è molto sensibile ed è una bellissima persona, e gli ho parlato della parabola del figliol prodigo.

Non l’aveva mai sentita prima?

Mai sentita prima. Non ho tirato fuori la Bibbia e letta, gliel’ho solo spiegata, e quando sono arrivato al punto in cui il figlio è tornato e il padre lo vede e corre ad incontrarlo, e gli si butta al collo, ha iniziato a piangere. È una storia che ti arriva al cuore, e noi tutti ci rivediamo nel figliol prodigo, siamo tutti dei mendicanti ad un certo punto della nostra vita. Anche adesso, risentendo la canzone, mi emoziona.

Come dicevo prima, non importa che tu sia cristiano, mormone o religioso in generale, tutti sentiamo questo allontanamento, questa alienazione, tutti ci siamo comportati male nei confronti di altre persone, o ci siamo allontanati dalle persone che amiamo. Questa storia è la personificazione della grazia. La reazione del padre è bellissima e tu sei riuscito a rappresentala al meglio in questa fantastica canzone.
Quando hai scritto i testi, e stavi leggendo il Nuovo Testamento, quanto di quello che hai deciso di mettere in parole e farlo al meglio è stata una decisione consapevole, e quanto è stata parte del tuo processo creativo?

In questo caso è stata un scelta deliberata perché dietro all’album c’è questo concetto generale di due entità che diventano una, di me e mia moglie che diventiamo le due divinità in copertina. E affinché io potessi diventare la parte maschile dovevo trovare una riconciliazione con Dio. È per questo che Fire in Bone è stata scelta per l’album, mentre nella maggior parte dei casi nelle altre canzoni i protagonisti siamo io e mia moglie assieme o solo lei. Lo so che si tratta di un album dei Killers e dovrei cercare di rappresentare anche gli altri nella band, ma si può essere vaghi solo fino ad un certo punto. Questo argomento era molto importante per me e agli altri è andato bene così e comunque hanno ancora la possibilità di lasciare il loro segno nella parte musicale, e ci sono dei momenti che lo dimostrano.

Ti chiedo qualcosa su un’ultima canzone. La mia canzone preferita dell’album è forse la prima, My Own Soul’s Warning, è davvero un’ottima canzone.

If you could see
Through the banner of the sun
Into eternity’s eyes
Like a vision reaching down to you
Would you turn away?
What if it knew you by your name?
What kind of words would cut
Through the clutter of the whirlwind of these days?

A cosa pensavi quando hai scritto questi versi?

È la chiusura del cerchio aperto da When You Were Young, in cui riconoscevo che stavo facendo cose che forse non avrei dovuto. Qui mi confronto e capisco che ho voltato pagina, il sole è uscito di nuovo, c’è stata redenzione. Ho fatto riferimento a questa citazione: “The gospel’s at its best when people have sinned, that’s when the torment and forgiveness really count” (Il Vangelo assume il suo pieno significato quando le persone hanno peccato, è in quel momento che tormento e perdono contano davvero, ndt.). C’è una problema nella nostra religione che riguarda la perfezione della cultura mormona, perché credo che riuscire a riconoscere quando abbiamo commesso errori e sappiamo di dover chiedere perdono è la cosa migliore da fare, lo è stato sicuramente per me nella mia vita. “What if it knew you by your name?”, ci viene insegnato che il paradiso è aperto a tutti, che Dio ci conosce e ci ama. La prima parola che ha pronunciato dopo la Restaurazione è stata ‘Joseph’, e ciò implica che ci conosce, conosce me, i miei figli e mia moglie, tutta la mia famiglia.

Alla fine si tratta di togliere l’ostacolo che divide il cielo e la terra. E mi piace tantissimo la frase “I just wanted to get back to where you are” perché tutti vogliamo stare con la nostra famiglia, o i nostro amici, o Dio.

Ultima domanda. Qualche settimana fa siamo andati a cena, e qualcuno ha chiesto il tuo autografo, ma sono rimasto colpito, perché ho sentito quello che ti hanno detto, ti hanno ringraziato perché la tua musica li aveva aiutati, significa molto per loro. Quello che crei, la tua musica, aiuta le persone, c’è positività nonostante tu sappia benissimo come vanno le cose nel mondo, la sofferenze e il dolore, di cui hai parlato nello scorso album riguardo a tua moglie. Ma alla fine c’è questa speranza di redenzione. Da dove viene questo ottimismo, questa speranza, questo amore?

Credo di averlo ereditato da mia madre, era molto ottimista anche quando le cose non andavano bene. È una cosa molto mormona, secondo me, fa parte dello spirito del nostro pioniere, il continuare ad andare avanti. So di esserlo, mi piace l’idea che si possano cambiare le cose, e non credo di aver mai scritto una canzone in cui l’unica cosa che faccio è lamentarmi o che non abbia un lato positivo alla fine di tutto.

Quanto i tuoi compagni di band accettano i tuoi testi a volte pregni di significati cristiani, visto che, come hai detto prima, parli per tutta la band?

Non è stato un problema significativo. Mark è cresciuto a Las Vegas attorniato da molti mormoni, Ronnie ad un certo punto era sposato con una mormona, quindi sanno come stanno le cose e nessuno mi ha mai chiesto di limitarmi.

Hai mai pensato di far venire fuori l’Elvis che c’è in te e pubblicare un album spirituale?

Mi piacerebbe avere la sua voce, ma è una via ardua da intraprendere visto quanti bellissimi album gospel ci sono, ma non si sa mai.

Tornando ai genitori divini, molti di coloro che ci seguono hanno pensato a Lightning Fields. Come hai deciso per k.d. Lang come rappresentante della voce di tua madre?

Cerco di spiegare la storia che sta dietro alla canzone molto velocemente. Era il giorno del Ringraziamento, io non c’ero ma mi sarebbe piaciuto esserci, e la mia famiglia stava facendo un gioco in cui si rispondeva a domande scritte su delle carte. A mio padre è capitata la domanda ‘Che momento vorresti rivivere?’ e lui ha risposto ‘Innamorarmi di vostra madre’. È una persona di poche parole quindi quando dice una cosa del genere ha un significato profondo. Mia mamma è morta, per cui ho subito avuto questa visione di lui che la rivede e pur avendo un nuovo ginocchio vuole correre più veloce che può da lei. Ho usato i campi luminosi come analogia di questo momento. È una di quelle canzoni che mi è proprio venuta di getto.

C’è qualche band che negli scorsi anni si è rivelata avere dei legami con il mormonismo, come gli Imagine Dragons e i Neon Trees. Quanta interazione c’è tra voi e che consiglio daresti a un membro della chiesa che vorrebbe avere una carriera nella musica rock?

Il bassista degli Imagine Dragons è di Las Vegas ed è cresciuto suonando con il nostro batterista, e abbiamo suonato qualche concerto con i Neon Trees agli inizi, e poi il fratello del nostro manager, Dan Reynolds, è il cantante degli Imagine Dragons. Siamo nello stesso circolo ma manteniamo la distanza l’uno dall’altro, forse per non essere associati troppo con il mormonismo.
Pe quanto riguarda la carriera nel rock, si può fare. Non so bene quali siano i dubbi che ci possono essere, ma una volta che hai deciso quello che vuoi fare è molto facile mantenere la rotta, o almeno lo è stato per me. Rispetto a uno come Joe Strummer mi ritengo irreprensibile, ma ciò non significa che non posso scrivere qualcosa di profondo.

Parliamo di Human. Cosa significa “Are we human or are we dancer”?

Alcuni dei versi di cui vado più orgoglioso sono in quella canzone. Viene da un’intervista con Hunter S. Thompson, in cui stava parlando della sua preoccupazione che l’America stesse crescendo una generazione di ballerini, e io ci ho preso spunto. Credo che non gli piacessero le discoteche.

Hai un inno preferito della chiesa?

Me ne piacciono molti. I Need Thee Every Hour è uno dei miei preferiti, There is a Green Hill Far Away, e Ere you Left your Room This Morning.

Hai mai avuto pressione dall’industria discografica di abbandonare o nascondere la tua religione per mantenere la tua carriera? Come ti comporti davanti ad un conflitto simile?

Ci sono stati un paio di dirigenti, uno in particolare, che non l’ha detto apertamente ma ha suggerito che diventassi una rock star vera e propria, non solo sul palco ma anche fuori, e ha portato come esempio persone di cui si parlava per comportamenti volgari. Sapevo che non lo avrei mai fatto, e mi sento fortunato di poter essere stato me stesso ed essere riusciti a ritagliarci il nostro posto, perché ci sono talmente tante band che competono tra loro, ma noi siamo riusciti a trovare lo nostra voce.

Cosa significa per il te il Libro di Mormon?

Ci sono persone che si convertono e riconvertono in continuazione nella loro vita, sei convintissimo in un periodo e poi non lo sei più di tanto e poi lo sei di nuovo e così via. In quest’ultimo anno, a causa del COVID, il tempo passato con la mia famiglia mi ha permesso di rinforzare la ‘credenza’ nel Libro, leggevamo dei passaggi ogni sera a cena.

Puoi darci aggiornamenti sul nuovo album, se avrà dei temi religiosi?

Ogni album ha la sua identità, ma dato che sono il portavoce ci saranno riferimenti religiosi.

Quale canzone ha cambiato di più significato per te negli anni, che significava una cosa quindici anni fa, ma più l’ascolti e la canti più capisci che ha assunto un nuovo significato?

Mi scoccia doverla nominare di nuovo ma, abbiamo appena fatto Song Exploder per When You Were Young, e quella canzone si è quasi realizzata, ciò che speravo e a cui pensavo scrivendola, ero giovane ma sapevo di aver bisogno di qualcosa. Quando la canto adesso è come se quello che speravo si sia realizzato.

In Song Exploder hai menzionato la potente immagine di Gesù, e hai detto che a volte Gesù si manifesta in modi che non ci aspetteremmo.

Giusto, non è sempre questo tipo barbuto in tunica, si può manifestare in tantissimi modi e bisogna essere aperti ad accogliere le cose buone. Così facendo si cambiano le proprie prospettive e puoi accorgertene al meglio quando capita nella tua vita.

In molti stanno chiedendo informazioni su My God, ovviamente un riferimento religioso, cosa significa per te?

È la celebrazione di mia moglie che ha superato le difficoltà. Parlo di un peso che viene tolto ed è quella la sensazione che dà, di leggerezza, e non vedo l’ora di suonarla dal vivo un giorno.

Speriamo che possiate tornare in tour il prima possibile.
Hai delle canzoni in particolare, di cui abbiamo già parlato o meno, che significano molto per te dal punto di vista religioso o spirituale?

Alcune le abbiamo menzionate oggi. My Own Soul’s Warning parla di senso di colpa. Tanti menzionano il senso di colpa di essere di fede mormona, o ebrea, o cattolica, e la vedono in modo negativo, come se fosse un dramma averla ereditata dai proprio genitori. Il momento in cui ho iniziato a considerarla più un avvertimento contro un peccato più serio è quando ho iniziato ad apprezzarla, e pensare che potesse essere anche un regalo invece che una croce da portare. Sono molto orgoglioso di aver affrontato questo argomento in My Own Soul’s Warning, di aver messo in parole e musica quella sensazione di apprezzamento che ho.

Molte persone lottano con varie forme di problemi mentali ed emotivi. Hai parlato del PTSD di tua moglie. Alcune persone hanno chiesto del ruolo della spiritualità, della religione e del rapporto con Dio nell’affrontare queste problematiche.

Ci sono stati periodi bui e siamo stati fortunati ad aver trovato un aiuto professionale. Anche solo sapere esattamente cosa stava affrontando è stato di grande aiuto. Parte di quello in cui crediamo, affrontare la situazione assieme, mi ha permesso di essere più d’aiuto. Abbiamo iniziato a mettere dei paletti per il futuro e questo ottimismo è derivato da ciò in cui credo, mi ha aiutato ad essere un marito migliore. Lei è molto credente, si è convertita non perché voleva sposare un mormone, lo ha fatto quando io non stavo andando in chiesa, per cui la sua conversione ha aiutato me a riconvertirmi.

Uno dei messaggi che ho sempre sentito all’interno della chiesa è che non importa che si fallisca o meno nella vita lavorativa. Comportarsi da buon marito e padre ha molta più importanza rispetto a quello che si ottiene al di fuori della famiglia. Il modo in cui parli dei tuoi figli e di tua moglie dimostra amore vero e sono sicuro che viene da dentro di te.

Sono stato fortunato ad avere genitori che sono rimasti assieme e si sono amati, e questo è stata una base importante. Ci sono responsabilità derivanti dal far parte della chiesa, ma hanno portato unità nella mia famiglia. Per quanto successo abbiamo avuto e per quanto io ami stare sul palco, i momenti che vivo quando sono a casa con la mia famiglia eclissano tutto ciò.

Brandon, ti sono davvero grato per averci dedicato il tuo tempo e aver colto l’opportunità di partecipare al podcast.

Grazie a te.